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A bordo campo

Anna Oliverio Ferraris: ora bisogna prepararsi a nuovi modelli di vita

Analisi e consigli della docente universitaria, psicoterapeuta e scrittrice

Poco più che un’influenzina. Proprio così fu trattato da molti il “coronarivus”. Lo pensavano in molti, anche ai piani alti della politica, della sanità e della ricerca e si faceva dell’ironia anche sulle mascherine. Poi abbiamo visto purtroppo com’è andata. Siamo alla pandemia che sta mettendo in ginocchio il mondo. Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma, psicoterapeuta e saggista, usa parole equilibrate nell’analisi, non risparmiando critiche dov’è il caso e soprattutto consigliando con solida esperienza e con misura.

Che giudizio s’è fatta di questa pandemia?

Rispetto al passato, oggi siamo avvantaggiati dai progressi della medicina, disponiamo di terapie e macchinari moderni e sofisticati. Che non bastano però, come abbiamo visto in questi due mesi di emergenza. Ci sono stati ritardi, inefficienze, carenze (respiratori, tamponi, mascherine, guanti…) e non ci sono state sempre le necessarie convergenze. Lo si vede anche in questa fine d’aprile, con chi tira da una parte sulla ripartenza e chi frena dall’altra.

Spostando il radar sui comportamenti della gente, come li valuta?

A parte una minoranza di irresponsabili, refrattari a rendersi conto della grave situazione di pericolo per la propria incolumità, abbiamo visto una notevole prova di maturità dalla stragrande maggioranza della popolazione nel rispetto delle regole. La gente sta reagendo con razionalità e questa è la prima terapia contro un virus oscuro, ignoto e mutevole che ha purtroppo capacità di contagio molto espansiva e veloce.

Non solo obbedienza ma anche grande dimostrazione di generosità, solidarietà, compartecipazione…

Se da una parte pesa l’obbligo di restare chiusi in casa, si vede però anche un esteso atteggiamento di vicinanza, di condivisione.

Una squadra di nome Italia, da cima a fondo della Penisola.

Pensiamo alla mole di lavoro svolto dal personale sanitario negli ospedali e fuori. Aggiungiamo la mobilitazione straordinaria di volontari, associazioni umanitarie, gruppi… E poi consideriamo il fiume di aiuti in denaro versati da personalità e personaggi di ogni campo, dal mondo dello sport e dello spettacolo, dell’imprenditoria, della moda e in particolare i cittadini che hanno dato secondo le loro possibilità.

A Bergamo gli Alpini, coagulando apporti da ogni area (dagli artigiani ai tecnici per la messa a punto delle più avanzate apparecchiature), hanno realizzato alla Fiera, in un fazzoletto di giorni, il più grande ospedale da campo d’Europa. Ora bisogna prepararsi al “dopo” a quando si uscirà dal tunnel.

La generazione cresciuta tra Grandi Fratelli e Veline ha davanti a sé un capovolgimento della scena. I protagonisti veri sono diventati medici, infermieri, anestesisti, virologi, ricercatori, tutto un mondo che si prodiga per soccorrere e salvare vite umane, mettere a punto il vaccino per sconfiggere l’invasore invisibile. Cambiano i modelli di riferimento e non sarà per tutti facile ribaltare gusti e schemi consolidati. Bisognerà fare un certo reset delle abitudini, ritessere la tela delle relazioni e della convivenza dopo questa lunga clausura forzata, a partire dalla famiglia stessa, costretta a confrontarsi dal suo interno, quando prima era difficile o impossibile perché ciascuno aveva i suoi impegni esterni. La modernità ci ha sbalzato fuori, ora dobbiamo ritrovare il dentro.

E dovendo fare un esame all’informazione?

Vediamo tutti canali TV straripanti di informazioni e dibattiti no-stop. Da mattino a notte fonda è un’alluvione che finisce anche per creare eccesso di apprensione. Spesso sono gli stessi ospiti che ripetono le stesse cose, in un uragano di notizie che si sovrappongono, si contraddicono. Bisognerebbe disciplinare un po’ il “come”, puntando su precisione e essenzialità, escludendo quelle componenti che suscitano ulteriori apprensioni, dubbi, affanni. Va a finire che uno si identifica in quello che ha percepito ascoltando un intervento e si deprime.

Le emozioni possono essere contagiose e troppa emotività diventa coinvolgente.

In una trasmissione di Franco Di Mare, andata in onda per fortuna dopo la mezzanotte, è stata passata una scena da un film di guerra con Brad Pitt, in cui gli ufficiali si trovano di fronte a scelte estreme. Dovevano scegliere quali soldati feriti uccidere e quali lasciare in vita. Evidente la connessione all’emergenza in corso. Il conduttore spiegava che i medici potrebbero trovarsi a decidere chi ammettere al respiratore artificiale e chi escludere, con riferimento addirittura alla Rupe Tarpea. Un medico poi si è sforzato di tranquillizzare, dicendo che siamo ancora lontani da questo scenario cainesco: ma la visione di scene violente con uccisioni arbitrarie agitano moltissimo lo spettatore”.

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