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Limiti e responsabilità

Verso la fase 2: imparando dagli errori e dalle positività emersi nella fase 1

Ridisegniamo la nostra scala di valori e ripartiamo.

Stanotte non riesco a chiudere occhio. Penso a Riccardo che se n’è andato così. Scivolato nel nulla. Inghiottito dalla morte da Coronavirus. Non sapevo nemmeno che era stato ricoverato. L’annuncio e poi basta. Non c’è una bara sulla quale piangere. Non ci saranno cerimonie, abbracci, lacrime e condoglianze.

Si avvicina  l’alba di questo tiepido aprile, coi ciliegi in fiore che sono uno spettacolo. Siamo chiusi, blindati in casa, agli arresti domiciliari da settimane e ora scopriamo che questo tempo è la fase 1.

Dati e grafici dimostrano quante persone sono morte. Moltissimi, perlopiù, sono anziani. Non hanno avuto nemmeno una carezza prima di morire e una cristiana sepoltura. Anzi. Come pacchi li abbiamo caricati sui camion dell’esercito e li abbiamo spediti altrove, lontano. Non fanno più nemmeno notizia. E se rientrano a Bergamo le urne c’è chi pensa a quale testata dare l’esclusiva: eppure questi sono i morti di tutti.

Non abbiamo imparato nulla della fase 1.

Eppure stiamo già pensando alla fase 2.

Dobbiamo ripartire. Come se questa pandemia fosse davvero un po’ più di un’influenza come era stata descritta all’inizio. Intanto il mondo che si sorprendeva di Bergamo colpita così duramente dal Coronavirus, oggi si preoccupa e piange. Il biondo premier inglese che avvertiva il suo popolo che avrebbe perso una generazione di anziani ora respira affannosamente in segreto in un ospedale di Londra. Mentre la sua corte dirama una nota: “È pieno di vita”. Glielo auguriamo. E aggiungiamo: che abbia anche un pizzico di saggezza in più dopo questa esperienza.

L’altro biondo cow boy alla Casa Bianca, che derideva l’Italia ferita da Covid 19 come fosse un Paese da Terzo Mondo, ora accusa l’Organizzazione Mondiale della Sanità: “Sono tutti cinesi e hanno nascosto la gravità del problema”. Mentre lì da lui la conta quotidiana dei morti fa paura.

Li si osserva e si capisce che non hanno preso sul serio le loro responsabilità, non hanno compreso i loro limiti.

Ai ragazzi si insegna che per diventare adulti serve percorrere un binario tracciato dalle parole “limiti” e “responsabilità”. La fase 1 ha dimostrato molti limiti, ma ha rivelato una responsabilità civile, una rete umana straordinaria.

C’è chi accusa Roma di averci abbandonato. Sono gli stessi che ora ci dicono di ripartire come se nulla fosse. Quelli delle ricette e soluzioni facili. Come se questa tragedia fosse  solamente una parentesi, un incidente di percorso.

E invece no. Ho amici che hanno perso il papà, eppure la rete delle conoscenze si è dimostrata ferma nella solidarietà: l’amico infermiere, la moglie dell’amico che gioca a calcetto lavora in una farmacia e forse ha trovato ancora una bombola di ossigeno, la corsa a notte fonda alla ricerca di tachipirina perché l’ambulanza non arriva: eppure qualcuno apre la porta e offre. Il medico della terapia intensiva che stacca dall’ospedale e passa a visitare il nonno di un’amica.

Fatti di una straordinaria umanità. Quella che ha costituito la responsabilità della Fase 1. Che ha permesso a noi bergamaschi di fare fronte comune a un uragano che si è abbattuto impietoso su di noi. Nonostante gli errori.

La fase 2 non sia la replica degli errori della fase 1.

Guardi con coscienza e buon senso a ciò che ha permesso a noi bergamaschi di sopravvivere nella emergenza. Controlli i furbetti che bussano alla porta dell’Inps per ottenere gli “scandalosi” 600 euro che fanno comodo a tutti. Anche a quelle istituzioni con i guanti bianchi. Passi in rassegna tutte le domande per la cassa integrazione, non ci sia spazio per i furbi, i menefreghisti, gli stessi che escono ancora oggi senza mascherina perché pensano di essere immuni fino al prossimo condono.

Si investa nella fibra ottica perché è stato dimostrato che lo smart working funziona: a casa si lavora, eccome. Quindi si investa su questo campo.

La fase 2 tenga conto della ricerca e della scienza, e ci veda finalmente impegnati su questo fronte. Perché terminato il Coronavirus non si presenti un’altra occasione di pandemia senza preziosi vaccini.  Abbiamo imparato che di tutti i soldi del calcio possiamo anche farne a meno, o ridurli, di un vaccino no.

La fase 2 mantenga vive queste reti sociali della protezione civile, degli alpini, dei giovani volontari che hanno permesso a moltissimi di mettersi in salvo.

Non rincorriamo il facile profitto, come abbiamo fatto prima del 22 febbraio. Ridisegniamo la nostra scala di valori e ripartiamo.

Fermiamoci pure a progettare, gettiamo solide fondamenta perché non ci crolli addosso il prossimo mondo che siamo chiamati a costruire.

Si apra un vero Rinascimento: noi che siamo la culla della cultura occidentale torniamo ad ospitare un cuore e un pensiero che abbia al centro l’uomo, non l’onnipotenza del dio denaro che nulla può davanti a un invisibile virus.

Abbiamo una struttura industriale che è la seconda in Europa, viviamo in una regione che sta alla pari del motore della Germania, a tutto questo oggi possiamo aggiungere molto di più dopo questa tragica esperienza.

Si metta in sicurezza e si pensi ai più fragili, altrimenti alla ripartenza economica dovremo aggiungere un’immensa spesa in vite umane.

Si guardi al bene che è emerso tra le corsie di ospedale e nelle nostre comunità, si prenda esempio da quella generosità di artigiani che ha permesso di realizzare in poco un ospedale: solamente così ci si può avvicinare a quella la fase due che si apre a noi come una pagina bianca che ci chiama in prima persona a un cambiamento personale e comunitario.

Può essere una grande occasione, il primo passo per imboccare un sentiero diverso e costruire un mondo nuovo.

Impariamo il rispetto delle istituzioni e a non denigrare sempre tutto e tutti.

Limiti e responsabilità: così si costruire una società adulta e matura.

Allora anche la morte di Riccardo e di tanti  come lui non sarà stata inutile.

La fase 2 ci aspetta, sì, ma che non sia la brutta copia della fase 1.

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