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Emergenza coronavirus

Scintille tra Gori e Lega: “Pochi tamponi in Lombardia”. “Polemiche faziose”

Si è acceso un botta e risposta a distanza sulla gestione dell'emergenza Coronavirus: al centro della discussione i quantitativi dei tamponi eseguiti ma anche il drammatico impatto sulle Rsa

Si accende la polemica tra il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e la Lega. È stato un botta e risposta a distanza: da una parte il primo cittadino del capoluogo orobico ha affermato che in Lombardia si stanno effettuando pochi tamponi e dall’altra la senatrice bergamasca Simona Pergreffi (Lega) ha controbattuto parlando di “polemiche inutili e faziose”.

Al centro della discussione, dunque, c’è la gestione dell’emergenza Coronavirus da parte di Regione Lombardia e tra i punti dibattuti c’è la quantità dei tamponi eseguiti ma anche il dramma delle tante infezioni e morti nelle Rsa: ricostruiamo il punto di vista di entrambe le parti.

Intervenendo domenica 12 aprile a “Che tempo che fa” su RaiDue, il sindaco Gori ha illustrato la situazione spiegando: “Le cose vanno un po’ meglio, soprattutto negli ospedali mi sembra che ci sia una minor pressione sulle terapie intensive e sui pronto soccorso, minor richiesta di servizi di pronto intervento. Questo succede ormai da una settimana anche se non vuol dire che abbiamo superato l’emergenza perchè sono ancora moltissime le persone ammalate nelle loro abitazioni, nelle case della provincia e nelle residenze per anziani”.

“Ma a queste persone vengono effettuati i tamponi?” – ha chiesto il conduttore, Fabio Fazio, e Gori ha risposto: “In base a quello che mi risulta il numero di tamponi in Lombardia è aumentato da questa settimana. Negli ultimi giorni sono stati 9mila al giorno ma questo numero include i tamponi di uscita, cioè quelli che vengono svolti alle persone per verificare che siano guarite, e sono due per ciascuna, per cui se consideriamo un totale di 9mila tamponi tendenzialmente un terzo è realizzato per verificare nuovi contagi e due terzi servono per verificare la guarigione dei pazienti a cui sono già stati fatti in precedenza”.

Intervenendo, il virologo Roberto Burioni ha sottolineato: “Sono numeri bassissimi e soprattutto abbiamo una moltitudine di pazienti fantasma che hanno contratto questa malattia, non è stato loro eseguito il tampone perchè non c’era, se ne sono stati a casa, gli è andata bene perchè sono guariti per fatti loro ma adesso dobbiamo essere sicuri che siano guariti davvero. Perchè un’altra cosa che abbiamo appreso è che questa malattia in alcuni casi dura più di un mese, quindi non possiamo rischiare di far uscire persone che sono ancora contagiose: 9mila test sono niente rispetto a ciò che serve”.

Passando al numero dei contagiati e dei decessi, Gori ha proseguito: “Nella mia provincia è stato condotto uno studio abbastanza approfondito su un campione di oltre 100 Comuni e i numeri sono molto diversi rispetto a quelli ufficiali: a marzo i decessi ufficiali era 2.060 e accertati dagli uffici anagrafe 4.800, due volte e mezzo all’incirca in più. Stimando l’indice di mortalità attorno all’1,5% si può dedurre che il numero dei contagi superi i 300mila a fine marzo, se si considera un indice di mortalità superiore salirebbero addirittura 450mila, una cifra moto elevata”.

Parlando del dramma nelle Rsa, Gori ha commentato: “Penso che quello che è accaduto nelle Rsa sia successo prima. Nelle Rsa è stato consentito ai familiari e ai parenti di continuare a visitare i propri cari fino a marzo avanzato: quando i gestori della provincia di Bergamo hanno chiesto di poter chiudere l’accesso ai famigliari è stato detto di no perchè questa era la disposizione della Regione Lombardia. Lì secondo me c’è stata certamente una fonte di contagio così come credo che forse ancora di più siano stati gli stessi medici e infermieri che hanno continuato a occuparsi di questi pazienti così fragili senza aver alcuna protezione. In questo caso non parliamo della protezione che normalmente per esempio i medici di medicina generale giustamente rivendicavano per sè quando vanno a visitare i pazienti e rischiano di ammalarsi, ma della mascherina che serviva per proteggere le persone anziane che a quel punto si sono ammalate ed è stato come mettere un cerino in un pagliaio: un documento dei sindacati dell’altro giorno stima in 1.100 i decessi nelle Rsa della provincia di Bergamo, quasi il 25% dei pazienti che erano ospitati”.

Lunedì 13 aprile è arrivata la replica della Lega al sindaco Gori: “La Rai più che tv di Stato si è trasformata – a tutti gli effetti – in Tele PD e in tempi di emergenza sanitaria e isolamento dei cittadini, la mancanza di pluralità e obiettività è ancora più grave. I cittadini che pagano il canone hanno diritto a un’informazione imparziale non ai teatrini Fazio/Gori (a cui poi si sono aggiunti anche Landini della Cgil e Sassoli, eurodeputato Pd) senza contraddittorio contro regione Lombardia. Quanto accaduto ieri a “Che Tempo che fa”, che segue il comizio contro il centrodestra a reti unificate di Conte (il presidente del consiglio Giuseppe Conte, ndr), deve essere immediatamente discusso in vigilanza per questo abbiamo presentato un’interrogazione urgente affinché la lesione del diritto di informazione perpetrata da conduttori faziosi abbia fine”.

In una nota diffusa dalla Lega si legge: “Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, ha indicato la ritardata chiusura alle visite dei pazienti nelle Rsa lombarde come una delle cause dell’alto numero di decessi. Regione Lombardia aveva ridotto gli accessi nelle Rsa il 23 febbraio, imponendo criteri severi e consentendo poi ai gestori di adottare precauzioni più rigide. È la precisazione che giunge dalla Regione dopo le dichiarazioni fatte da Gori ieri in tv”.

In conclusione del comunicato, la senatrice Simona Pergreffi scrive: “Ci sono strutture come la RSA San Paolo di Azzano San Paolo che con disposizione della direzione sanitaria hanno chiuso il 24 febbraio le visite ai parenti, perciò non è stata impedita alcuna chiusura. È incomprensibile l’ennesima polemica del sindaco Gori contro la Regione Lombardia”.

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