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Lo sfogo

Tutti promossi: un inno al fancazzismo che mortifica chi si è impegnato

Siccome esistono insegnanti che non hanno combinato un tubo e studenti che non hanno seguito mezza lezione, il lavoro di tutti quelli che hanno fatto il loro dovere passa in cavalleria.

Speravo che le indiscrezioni trapelate il Primo Aprile dal MIUR circa la chiusura dell’anno scolastico e l’esame di maturità proposte dalla ministra Azzolina e dalla sua masnada di mastri pensatori, fossero appunto un pesce d’aprile. Uno scherzo, insomma. Ma so che, purtroppo, è la realtà.

Non mi riferisco tanto agli esami di maturità e di terza media, che erano una farsa prima e non credo risulteranno meno farseschi, se ridotti ad un unico orale anabolizzato o se avverranno online: mi riferisco a tutto il resto.

A quei poveretti che si sono dati da fare per organizzare una parvenza di normalità scolastica, nonostante i mezzi obsoleti, la preparazione assente, l’indegna renitenza al lavoro di tante scuole.

A quei fessi che, quando la medesima ministra ha fatto uscire dalle sue labbra color carminio parole riguardanti la didattica a distanza, se la sono bevuta. Molti insegnanti ci hanno creduto, ahiloro: e la didattica a distanza l’hanno messa in atto. E io con essi, benché, dopo più di trent’anni di questa professione, dentro di me fossi certo di come sarebbe finita la pantomima.

Ecco che, quanto da me paventato, è puntualmente avvenuto: siccome esistono insegnanti che non hanno combinato un tubo e studenti che non hanno seguito mezza lezione, il lavoro di tutti quelli che hanno fatto il loro dovere passa in cavalleria. Tanto valeva dormire fino a tardi la mattina!

Me lo immaginavo, come vi ho detto, perché lo spirito della scuola italiana è precisamente questo, come ho lamentato tante volte, anche da queste pagine: umiliare i migliori, occuparsi solo e sempre degli asini, appiattire verso il basso qualunque merito.

Così, piuttosto che additare ad esempio insegnanti e studenti che, caparbiamente, hanno proseguito la programmazione, si sono preparati per le interrogazioni, hanno fatto, il proprio dovere, e che sono tantissimi, per fortuna, si preferisce allineare la scuola a chi non ha fatto, non ci si è messo, non ci è arrivato.

Di che stupirsi? Sono decenni che va avanti così.

Poi, si giustificherà la scelta con i soliti argomenti da Italia piagnucolosa: i poveri ragazzi fanno fatica, non tutti hanno il computer, non tutti hanno internet, tanti insegnanti non sono in grado, tanti non interrogano.

I miei ragazzi, che non sono tutti figli di Rockfeller, si sono arrangiati e ce l’hanno fatta: ogni giorno, tutte le mattine, si sono collegati e hanno fatto regolare lezione, chi con il tablet, chi con il pc e chi addirittura con lo smartphone. E, come loro, migliaia di altri bravi ragazzi e bravi docenti, in tutta Italia. Studenti che, tutti i giorni, c’erano e hanno lavorato senza troppe storie.

Adesso cosa devo dire a quei sessanta Bergamaschi in erba, per cui “mola mia!” non è soltanto uno slogan da quattro soldi? Che non è servito a nulla? Che, comunque, promuoveranno tutti, compreso chi, nel primo quadrimestre, aveva una pagella che sembrava una schedina del totocalcio? Che l’anno prossimo ci saranno recuperi, infallibili, implacabili: i soliti recuperi che non recuperano mai niente?

È questa la solita, imbarazzante lezione, del MIUR: un inno al fancazzismo, un monumento alla chiacchiera senza costrutto, un apoteosi del somaro.

E voi, genitori, non vi fidate di questa scuola mammona, amniotica: è solo la fatica che forgia gli uomini. Sono la serietà e l’impegno, anche nei momenti avversi che formano i cittadini.

Questa scuola che accarezza gli asini e mortifica chi lavora non ci farà uscire dalla crisi. Anzi, la prolungherà all’infinito. Tra sei mesi, gli stessi che oggi cancellano, di fatto, tenacia e impegno di tanti, si riempiranno di nuovo la bocca con le loro bugie ben tornite, mentre noi affonderemo di prua.

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