“Sono 120 i medici abilitati bergamaschi che hanno fatto domanda di iscrizione all’ordine dei medici e che possono portare un contributo fondamentale nei nostri territori. L’ottenimento dell’abilitazione per decreto, che anticipa la laurea abilitante, è stata un’azione che abbiamo fortemente sostenuto e che è stata accolta dal ministro Manfredi, che ringrazio – dichiara Elena Carnevali, capogruppo PD in commissione Affari Sociali alla Camera – Dopo aver concesso a molti infermieri, sempre tramite decreto, di anticipare la laurea o di conseguirla da remoto, oggi questi sono già operativi nei reparti”.
I medici abilitati, cioè quelli che hanno ottenuto la laurea, ma non sono ancora specializzati, “potevano sostituire medici di base o guardie mediche già prima dei decreti di urgenza. Adesso, in questa situazione di emergenza, potrebbero essere reclutati anche negli ospedali o per il futuro ospedale da campo. Il loro inserimento nella rete dei servizi sarà compito della ATS e delle Aziende Ospedaliere”, prosegue la deputata di Bergamo.
Gli studi e le analisi di epidemiologici, tra cui quelle del professore Andrea Crisanti dell’Università di Padova, ci dicono che, “come ripetiamo da tempo, i numeri dei contagi sono maggiori rispetto a quelli censiti e comunicati, sia da Regione Lombardia che dalla Protezione Civile. Se come affermano gli stessi abbiamo la necessità di rafforzare la sorveglianza domiciliare e la tracciabilità e di verificare l’isolamento intradomicilare, questo consistente numero di medici abilitati per la nostra provincia può essere utile per la realizzazione di unità di crisi domiciliari mobili, coadiuvate da medici di base e specialisti che possono intervenire rafforzando il monitoraggio clinico dei pazienti domiciliati”.
Oltre alla necessità di interrompere la catena del contagio, “è fondamentale intervenire ancor di più a fondo, nei territori – conclude Carnevali -. Questo permetterà di sollevare il carico di lavoro dei medici di base e proteggere maggiormente la salute dei pazienti, facilitando l’orientamento alla rete dei servizi, sfruttando al meglio le possibilità di cura e di assistenza sul territorio, sia quelle già presenti che quelle in fase di realizzazione, e riducendo così la possibilità che i pazienti a domicilio arrivino in condizioni troppo compromesse nei nostri ospedali, già saturi e sfiancati dal carico di assistenza”.
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