“Quando mi hanno detto che avevo il Coronavirus sono scoppiata a piangere. Non solo per me, ma per tutte le persone che mi erano state vicine negli ultimi giorni. Ero terrorizzata”. Sara (useremo questo nome di fantasia) parla con la voce bassa. Ogni tanto un colpo di tosse la interrompe, ma ha voglia di raccontare quello che le sta succedendo.
Ora è tranquilla. Le sue condizioni di salute sono buone e, vista la sua giovane età, il virus non le sta creando complicazioni di nessun tipo.
Ma quando si è presentata al pronto soccorso di Romano di Lombardia – paese in cui risiede – sabato sera stava tutt’altro che bene: “Avevo la febbre alta e respiravo a fatica, come se avessi un forte attacco d’asma – ci racconta, ancora scossa nel ricordare quei momenti -. ‘Polmonite’ è stata la prima diagnosi che mi hanno fatto poche ore dopo la visita. Poi il ricovero. Ma avevo capito subito che c’era qualcosa di strano perché la febbre non scendeva e continuavo a non respirare bene”.
Domenica notte le è stato fatto il tampone: “Lì ho iniziato a pensare al Coronavirus, ma lunedì non mi hanno comunicato niente e stavo un po’ meglio. Quindi mi sono messa il cuore in pace credendo che non si trattava di quello – spiega Sara -. Martedì mattina, invece, mi hanno dato la notizia: il test al tuo tampone è risultato positivo, hai il Coronavirus. Quando ho sentito quelle parole sono scoppiata a piangere. Ero terrorizzata non solo per me, ma per tutte quelle persone che mi erano state vicine negli ultimi giorni, i miei genitori in primis”.
“Gli infermieri e i dottori mi hanno comunque tranquillizzata subito – continua -, spiegandomi che non rischiavo niente. Mi hanno chiesto l’elenco dei luoghi che ho frequentato nell’ultima settimana e le persone che ho incontrato”.
Martedì in tarda mattinata il trasferimento al Papa Giovanni di Bergamo, dove è iniziato l’isolamento: “Sono stata accompagnata dai medici coperti dalla testa ai piedi, poi chiusa in una camera dell’ospedale nella torre sei, senza avere contatti con nessuno. Era una situazione letteralmente surreale – ci racconta -, sembrava di essere in un film”.
Ora Sara continuerà la quarantena nella propria abitazione, come da prassi: le sue condizioni di salute sono buone e non richiedono l’ospedalizzazione. Insieme a lei, anche i genitori sono in isolamento.
“Sto meglio, anche se mi sento tutt’altro che in forma – ci conferma -. Ora spero che questa brutta avventura finisca presto, perché voglio tornare alla vita di tutti i giorni”.
Il caso di Sara (che lo ricordiamo, è un nome di fantasia) è stato confermato dall’amministrazione comunale di Romano di Lombardia nella mattinata di mercoledì. È il primo nella città della Bassa.
commenta