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Musica

Il discomane

I dischi più belli del 2019 secondo Brother Giober: “Niente purismi, mescolo i generi”

Al primo posto, per il nostro discomane, Michael Kiwanuka, mentre la delusione è tutta per la musica italiana

Le piattaforme digitali

Spotify, Apple Music, Tidal (la migliore per il mio gusto musicale) hanno reso ancor più veloce e schizzato il modo di ascoltare musica. La circostanza che tutto sia gratis (o quasi) e la presenza di un’offerta sempre più variegata, da cui la pubblicazione di ristampe, live etc, impedisce alla fine di potersi fermare anche solo per poco all’ascolto di un singolo lavoro.

Quest’anno ho ascoltato mediamente, più del doppio degli album del 2018, ma è anche vero che a ogni album ho dedicato meno tempo di quanto abbia fatto in precedenza. È che per uno come me entrare in una delle piattaforme digitali è come andare per un bimbo a Disneyland, tanto le possibilità di usufruire di qualcosa di nuovo è ampia. Così l’ascolto diventa più frettoloso, e più distratto.

Nonostante ciò mi capita di entrare ancora nei negozi di dischi, non per comprare un cd ma quasi sempre per vedere se un grande disco del passato è stato pubblicato nuovamente in vinile. Perché il vinile mantiene un fascino tutto suo: aprire la copertina, dedicare un po’ di tempo a leggere le note interne, estrarre il supporto e poggiarlo sul giradischi restano fasi di un rituale pieno di fascino.

La classifica

La classifica va presa né più ne meno che come un gioco. Non esiste musica buona o meno buona, esiste musica che piace o non piace. Mi arrabbio quando i cosiddetti puristi inneggiano a questo o quel genere credendo che sia l’unico meritevole di rispetto. Di solito questo avviene per i sostenitori dei generi che hanno meno riscontro popolare, commerciale. Ma è un errore, anzi è un modo per svilire la musica, la sua forza terapeutica.

Mia madre ascoltava Massimo Ranieri, mio padre Duke Ellington e io il Boss e tutti ne traevamo motivo di gioia e serenità, allo stesso modo. Siamo così sicuri che Massimo Ranieri meriti meno riconoscimenti degli altri due? Non so, ma non credo.

In quella che vi propongo, di classifica, c’è un po’ di tutto, perché oggi non esiste un genere che va per la maggiore, né uno che è di moda. Forse l’hip hop che però raramente apprezzo e capisco. Quindi se non troverete l’album che vi ha rapito nel 2019, amen, non significa che non rappresenti un’eccellenza; chiedo solo uno sforzo per superare i settarismi e aprirsi alle influenze più disparate senza preconcetti.

L’anno delle donne?

Numerose sono le donne in classifica, non solo nella mia. Al di là delle icone che non hanno lasciato il segno (Rihanna , Madonna, Lady Gaga) vi è stata una serie di pubblicazioni di artiste femminili che senz’altro hanno lasciato un segno deciso. A parte l’exploit di Billie Eilish vero fenomeno dell’anno, meritevoli sono state Lana del Rey che ha pubblicato un album maturo e intenso, Solange che vive di luce propria e non di quella riflessa che potrebbe derivarle dall’essere sorella di Beyoncé, senza contare alcune veterane che piazzano colpi a sorpresa come Rickie Lee Jones e Carrie Newcomer.

E il rock?

Forse è morto sul serio. Chi fa dischi rock, nella quasi totalità dei casi, ha superato i 50 anni ed è difficile trovare in questa classifica qualcosa che sia veramente rock. Oddio può anche darsi qualcosa mi sfugga ed è probabile che, con il passare degli anni, il mio orecchio sia sempre meno incline ad esplorare nuovi lidi. Sta di fatto che rock è il disco dei Black Keys e forse quello di Nick Waterhouse, ma per il resto ho trovato in giro molto poco. Il rock non è più l’espressione di una cultura giovanile, ha lasciato il passo a favore del (t)rap, di certa musica nera.

Resta una consolazione: se la musica rock di un tempo affondava le proprie radici nel blues, quella di oggi, a vario titolo, paga pegno a Elvis Presley e a tutto quello che ne è seguito. È poco ma è comunque qualcosa, in attesa della, probabile, rinascita.

black keys

La musica dal vivo

Esistono una serie di contraddizioni circa i circuiti live. Da una parte i giovani, gli esordienti fanno fatica a farsi ascoltare. Non esistono locali, o perlomeno non esistono locali che rischiano. La SIAE incide in modo esorbitante e “tirano” molto più, ahimè , le cover band rispetto a coloro che propongono musica propria. E forse si suona meno insieme. Oggi con un mixer e poco più vai su Youtube e hai fatto già molto di quello che dovresti per aver successo.

Quando gli spazi diventano più ampi il numero di artisti che vi si possono esibire si assottiglia, i cachet aumentano a dismisura anche per colpa di Live Nation che pratica una politica estremamente aggressiva per sottrarre gli artisti alle agenzie nazionali, o a quello che è rimasto. Così oggi per andare a vedere un concerto mediamente si spendono, nei posti meno agiati, dai 50 ai 100 euro, e di questo passo la musica tornerà a breve ad essere per pochi.

Questo circolo vizioso prima o poi provocherà il rifiuto da parte del pubblico e se già oggi molti artisti internazionali scansano il territorio nostrano nel futuro questo fenomeno tenderà ad aggravarsi.

Unici generi forse a salvarsi restano il jazz ed il blues, e bisognerebbe tenerseli cari perché qui il saccheggio dell’industria discografica non ha raggiunto dimensioni preoccupanti. Al di là che alcuni mostri sacri come Corea, Hancock, Marsalis e Jarret (ammesso che faccia ancora concerti) gli ingaggi della maggior parte degli artisti restano sostenibili per chi ha ancora voglia di organizzare festival o eventi live.

Il panorama italiano

In una parola? Desolante. Non tanto per la qualità, perché come ho detto ognuno è libero di sentire la musica che lo appaga, ma perché alla notorietà si arriva in un battibaleno e con la stessa velocità si torna nel dimenticatoio. Oggi famoso diventa chi riesce ad arrivare, molto spesso senza meriti, in televisione oppure chi riesce ad attirare l’attenzione su You Tube. ma è frequente che l’artista non sia tale, che sia invece un improvvisato. Ne escono male i diplomati al conservatorio e chi in genere frequenta le scuole di musica che non si capacità del successo di chi manco
conosce lo spartito.

Va il rap o l’hip hop o la trap che io fatico a comprendere, ma non è questo il problema. Mio padre non capiva gli Emerson Lake and Palmer (eppure era un musicista) e suo padre non capiva Duke Ellington: è un problema di generazione e di rumori, quelli con cui cresci. Però mi pare che, salvo eccezioni, tutta la scena hip hop italiana si sia appiattita su modelli oramai omologati e che il messaggio nella maggior parte dei casi, di un genere che dovrebbe avere nei testi il punto forte, sia conforme nella maggior parte dei casi.

Finito il pistolotto ecco la mia classifica.

Migliori album dell’anno

I primi 20

1) Michael KiwanukaKiwanuka  È in particolare un disco profondo, ottimamente suonato. Le canzoni hanno tutte una lunghezza maggiore rispetto a quella che l’industria discografica oggi sopporta, spesso sono dotate di parti solo musicali che fanno da prologo a quelle cantate, e può capitare che in alcuni brani si possano trovare più temi, più canzoni concentrate in un unico titolo. Nei prossimi giorni la recensione completa

2) The DelinesThe Imperial: la premessa è che questo disco non è in nessuna classifica che abbia letto. Non ne conosco il motivo perché lo trovo bellissimo e non credo di sbagliarmi. The Imperial è quanto di più romantico vi sia, è suonato benissimo e ancor meglio cantato e contiene alcune vere e proprie gemme. È possibile si tratti di musica demodé ma dategli almeno un ascolto perché, sono sicuro, ne varrà la pena.

3) Nick Cave and the Bad Seeds Ghosteen: più o meno presente in ogni classifica, salvo qualche critico che l’ha bollato come noioso. In realtà Ghosteen è disco molto più ispirato del precedente, pubblicato forse solo per soddisfare un desiderio intimo che non in base a un progetto più compiuto. Qui le canzoni sono tutte belle e il tasso emozionale elevatissimo. Nick Cave è molto diverso dal cantautore di qualche anno fa, ma non ha perso nulla della sua capacità di coinvolgere l’ascoltatore.

4) Bruce SpringsteenWestern stars: inutile illudersi che il Boss possa tornare ad essere quello dei primi album; i tempi cambiano, le esigenze pure, l’attitudine anche. Quello di oggi è un artista diverso, che canta cose diverse mantenendo una dignità ammirevole, che invece tante altre cariatidi hanno perso. Western stars è anche un bel disco, non un capolavoro, ma certamente un bel disco, pure coraggioso.

bruce springsteen western stars

5) Tyler the CreatorIgor: probabilmente la vera sorpresa del 2019. Non il solito rapper, non il solito cantore del new soul, ma uno con qualcosa da dire. Musicalmente, un genio, che attinge da Prince, dai Funkadelic, da Chaka Khan, da James Brown e per arrivare ai giorni nostri da Kanye West; fatto sta che Igor è un disco pieno zeppo di idee che si fa ascoltare con grande piacere anche da quelli che, come me, vengono da altri suoni

6) Purple MountainsPurple Mountains: Purple Mountains è lo pseudonimo dietro il quale si è nascosto David Berman fino all’estate scorsa, prima di suicidarsi. Al di là delle questioni umane, il disco in questione è molto bello, la scrittura è libera, le canzoni sono sbilenche ma tutte provviste di una buona melodia enfatizzata da arrangiamenti riusciti. Siamo dalle parti di Nick Lowe, Elvis Costello dei primi album, ma mi sembra evidente anche una certa discendenza rispetto a Lou Reed, periodo Coney Island baby. Da ascoltare assolutamente.

7) Van MorrisonThree Chords and The Truth: diciamo pure che negli ultimi anni la produzione discografica di Van Morrison si è intensificata a dismisura e può essere che ciò sia dovuto alla necessità di garantirsi, da parte del “nostro” una pensione dorata. Poco male, soprattutto pensando che la qualità dei lavori non è mai scesa, in questi anni, di livello. Ne è la riprova quest’ultimo lavoro, dove The Man abbandona il jazz della precedente uscita con Joey De Francesco e il blues per tornare alla forma canzone confezionando un lavoro che lo riporta ai livelli più alti del passato.

8) Lana del ReyNorman f*****g Rockwell: per me è un po’ la sorpresa dell’anno, perché è un’artista che ho sempre snobbato nel passato, confuso dal pregiudizio di artista legato ad un pubblico troppo giovane. In realtà mi sono sbagliato clamorosamente perché il disco in oggetto è un gran bel disco, sentito, appassionato, dove i violini si mischiano alle drum machine ed il clima è generalmente crepuscolare. Lei poi canta benissimo e con il giusto trasporto.

9) The Comet is Coming Trust in the Lifeforce of the Deep Mystery: i The Comet is Coming: sono un trio che proviene da Londra e il suo leader “King” Shabaka Hutchins è un sassofonista che tra l’altro vanta collaborazioni importanti fra cui quella con Sun Ra. Fanno una musica che qualcuno ha definito jazz psichedelico e probabilmente definizione più inutile mai fu ideata. In realtà è vero che è difficile catalogare il genere che è libero, infarcito di citazioni che vanno dal rock, al funk, al soul. Non resta altro che accomodarsi e farsi coinvolgere.

10) Joe HenryThe Gospel according to Water: nelle mie classifiche Joe Henry ci sarà sempre. Manco a dirlo anche questa sua ultima prova è di livello superiore. Fatte di pochi strumenti e di una voce che incanta, le composizioni di Joe Henry, si alimentano attingendo dal folk, dal blues e dal jazz e lasciano ancora una volta il segno. Un grande album

11) Kanye WestJesus is King: il disco che non ti aspetti. Kanye West scopre Dio e produce un disco di musiche (quasi) religiose. Il risultato è ottimo anche perché il gospel si mischia con le sonorità più moderne che stavolta non sono il mezzo per nascondere la mancanza di ispirazione. Un disco sorprendente e anche se Kanye è francamente antipatico, con tutta la buona volontà, tutto si può dire, salvo che questo non sia un ottimo disco

12) SolangeWhen I get Home: Solange è la sorella di Beyoncé ma della parentela non ne ha mai approfittato. Anzi, la sua musica è molto distante da quella della più nota consanguinea, appartenendo al filone del “new soul”. Quindi suoni minimali, spesso supportati dall’uso dell’elettronica. A differenza di molti altri artisti che percorrono le medesime strade il risultato è diverso e del tutto convincente. Un disco originale e meritevole dell’ascolto.

13) The Black KeysLet’s rock: il contenuto di Let’s rock è tutto racchiuso nel titolo. Musica semplice, diretta, basata essenzialmente su riffs chitarristici, spesso riusciti, e la capacità di divertire senza richiedere troppo impegno, che è quello che al rock si chiede. Non è poco.

14) Tedeschi Trucks bandSigns: ad essere sinceri da una delle mie band preferite mi aspettavo di più. Resta però il fatto che la TTB sia una delle più solide formazioni in circolazione e che tutte le loro produzioni siano al di sopra della media. E dal vivo restano inarrivabili…..

15) Billie EilishWhen We all fall asleep, Where do we go?: se si pensa che ha appena compiuto 18 anni c’è da rimanere impressionati. Billie Eilish è probabilmente la vera rivelazione dell’anno. Il suo album ha venduto moltissimo e ha fatto guadagnare all’artista innumerevoli riconoscimenti. La musica che produce non è facilmente catalogabile, certamente ha una forte connotazione elettronica, le atmosfere sono spesso dark. Resta comunque il fatto che la stoffa c’è e si sente in ogni nota del disco in modo chiaro

16) Nick Waterhouse Nick Waterhouse: potrebbe essere l’Elvis Costello dei nostri giorni. Il look è quello degli esordi del cantautore inglese, la musica una sorta di riscoperta degli anni 50/60, quando rock ‘n’roll, il soul e il jazz erano le vere musiche da ballo. Un album è molto divertente ed arrivare alla fine del suo ascolto è un attimo, senza che la noia affiori mai.

17) The RoobinoosFrom Home: il discorso fatto per Nick Waterhouse è circa lo stesso che si potrebbe fare per questo gruppo, se non fosse che i suoi componenti hanno più di sessant’anni e all’epoca del beat erano già attivi. From Home è album freschissimo di una musica che ha i suoi anni, fuori moda, ma non per questo da dimenticare. Beatles (della prima ora), Kinks e Rolling Stones (ancora della prima ora) li trovate tutti qui, con le debite proporzioni.

18) Carrie NewcomerThe Point of Arrival: è un peccato che Carrie Newcomer non abbia un briciolo di notorietà perché, invece, è un’artista completa, che a tratti ricorda tutte le migliori cantautrici del passato, da Joni Mitchell, a Carole King, passando per Laura Nyro. Point of Arrival è un disco delicato fatto di ballate gentili.

19) DervishThe great Irish Songbook: i Deervish sono un gruppo irlandese molto noto in patria che pubblica questa sorta di antologia della canzone dei loro luoghi. È musica fortemente ancorata alla tradizione che ha un suo fascino. Da qui sono partiti gli U2, Van Morrison e compagnia bella. Un album da meditazione.

20) Angel OlsonAll mirrors: ancora una cantautrice delicata capace di emozionare con le sue storie quotidiane. Il contesto sonoro è fatto di convergenze tra elettronica e strumenti acustici ed il canto è a volte straripante e altre quieto. Una cantautrice di cui sentiremo ancora parlare, capace di una scrittura limpida e convincente.

Gli altri venti

beth hart

21) Beth HartWar in My mind

22) Rickie Lee JonesKicks

23) Mavis StaplesWe Get By

24) Vampire WeekendFather of the Bride

25) Weyes BloodTitanic Rising

26) Joe JacksonFool

27) Sharon Von EttenRemind Me Tomorrow

28) Gary Clark JuniorThis Land

29) Dave SpecterBlues from the Inside out

30) The HighwomenThe Highwomen

31) LahsAllah Lahs

32) Brittany HowardJaime

33) Jimmie Vaughan Baby, Please Come Home

34) The Flash EatersI Used to Be Pretty

35) Graeme JamesThe Long Way Home

36) Steve GunnThe Unseen in Between

37) Little StevenSummer of sorcery

38) Ranky TankyGood Time

39) Roseanne ReidTrails

40) Foy VanceFrom Music Shoals

Colonna sonora

1) AAVVMotherless Brooklin – Il titolo è quello di un film noir diretto e interpretato da Edward Norton. La colonna sonora è affidata a veri pezzi da novanta come Thom Yorke, Wynton Marsalis. Dai solchi del disco è possibile intuire tutto l’amore e la passione per una colonna sonora che per una volta tanto ha un senso.

Miglior album Live

I primi 5

david byrne

1) Marc Cohn and Blind Boys of Alabama Work to do: dopo aver partecipato in un lavoro memorabile di Ben Harper, i BBoA sui mettono al servizio di Marc Cohn un cantautore non molto conosciuto che negli anni ’90 ebbe un momento di notorietà con il brano Walking in Memphis poi portato al successo definitivo da Cher. Il disco in questione è prevalentemente dal vivo (sette canzoni su dieci) e le composizioni di Cohn rinascono e si impreziosiscono del supporto dei BBoA. Un disco che regala emozioni ad ogni nota.

2) Chris Bergson & Ellis HooksLive in Normandy: il disco è stato registrato come dice il titolo in Francia. Loro sono un duo di cui non avevo mai sentito parlare prima e la loro conoscenza è stata del tutto casuale. Fatto sta che si tratta della registrazione di un concerto di blues (rock) assolutamente di valore perché cantato e suonato benissimo.

3) The Rolling SonesLive in Buenos Aires: è una vecchia registrazione degli anni 90, ristampata nella seconda metà di quest’anno. Il concerto è registrato benissimo, la scaletta memorabile. La “chicca” è costituita da una Like a Rolling Stone cantata (si fa per dire) con Dylan, in lizza nel caso specifico, per la peggior performance vocale dell’anno. Poi qualcuno mi dovrà prima o poi spiegare perché, nonostante quanto affermato, il tasso emozionale del brano rappresenti uno dei culmini dell’intero concerto.

4) Anderson EastAlive in Tennessee: è uno dei miei artisti favoriti. Questo concerto pubblicato in occasione del Record Store Day, racchiude performance di grande livello e quasi tutte le canzoni più famose del “nostro”

5) David ByrneAmerican Utopia on Broadway: l’ultimo tour è stato memorabile, anche da punto di vista scenografico. Questo disco ne è la testimonianza sonora e raccoglie alcuni brani del periodo Talking Heads riproposti in versione scintillante. David Byrne resta per me un genio e le sue “teste parlanti” uno dei miei gruppi da sempre preferiti.

Gli altri 5

6) Joe Bonamassa Live at the Sidney Opera

7) Chick CoreaTrilogy 2

8) The BlastersDark Night: live in Philly

9) Credence Clearwater revivalLive at Woodstock

10) Gov’t Mule Live at the Capitol Theatre

Ristampe e cofanetti

bob dylan rolling thunder

1) Bob Dylan The Rolling Thunder Revue – The 1975 Live recording

2) The BandThe band (remastered)

3) John Coltrane Blue World

4) Lucio DallaDalla

5) Prince1999

6) The BeatlesAbbey Road

7) Gregg AllmanLaid Black (Deluxe Edition)

8) Gene ClarkNo Others

9) Frank ZappaOrchestral Favorites 40th Anniversary

10) David BowieConversation Peace

Italiani (più di cinque faccio fatica)

massimo volume

1) Vinicio CaposselaBallate per uomini e bestie

2) Enrico Rava, Joe LovanoRoma

3) Massimo Volume Il nuotatore

4) I Hate my VillageI hate my village

5) Gianluigi Trovesi e Gianni Coscia La misteriosa musica della regina Loana.

La delusione

Mina, Ivano FossatiMina Fossati

 

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