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Confindustria bergamo

Scaglia: “Nelle situazioni più difficili gli imprenditori sono fattore di stabilità”

Il testo integrale della relazione del presidente di Confindustria Bergamo, Stefano Scaglia, all'assemblea degli industriali al Creberg Teatro martedì 12 novembre.

Stefano Scaglia, presidente di Confindustria Bergamo, nel corso dell’assemblea annuale dell’associazione degli industriali non ha mancato di analizzare il mondo nel quale oggi opera l’impresa. Pubblichiamo il testo integrale del suo discorso.

“Nella nostra Assemblea di due anni fa abbiamo iniziato un percorso parlando della centralità della persona nei processi di innovazione. L’anno scorso abbiamo spostato l’attenzione sull’importanza delle connessioni e dello scambio di esperienze tra individui.

Quest’anno, con il titolo «Protagonisti responsabili del futuro», vogliamo riflettere sulla responsabilità che ciascuno di noi porta per lo sviluppo ed il benessere della nostra comunità e vogliamo combinare questa prima riflessione con una seconda, complementare, che vede l’impresa nella sua qualità di aggregato di individui, di volontà e di energie, come indispensabile protagonista di progresso e crescita.

Impresa che sta vivendo oggi una difficile fase congiunturale.

discorso assemblea scaglia

La produzione industriale a Bergamo, dopo il rallentamento avviatosi nel 2018 e proseguito per alcuni mesi, ha registrato negli ultimi dati disponibili una diminuzione dei volumi. A partire dal secondo trimestre del 2019, infatti, la variazione tendenziale è entrata in territorio negativo interrompendo una serie di 14 trimestri positivi, e si è fermata a -2,4%. Nel terzo trimestre il dato si è purtroppo consolidato con il -0,8% comunicato stamane.

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Si conferma anche una relativa debolezza di Bergamo (la linea rossa nel grafico), insieme con le altre province più manifatturiere (in particolare Brescia e Monza), rispetto alla media lombarda rappresentata dalla linea scura.
Dopo il periodo di forte crescita, durante il quale la nostra provincia appariva sempre nelle prime posizioni e comunque sopra la media regionale, a partire dalla seconda metà del 2018 accade esattamente il contrario, e Bergamo fa registrare le performance più deboli.

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La ragione di questa dinamica, inutile sottolinearlo, è la nostra importante vocazione all’export. Anche le esportazioni bergamasche, infatti, hanno fatto registrare una variazione negativa dopo ben 23 trimestri tutti col segno più. Pesa sulla nostra manifattura l’esposizione verso il mercato europeo (il 68% del nostro export), e soprattutto quello tedesco, che vale da solo il 17% del totale. Il commercio mondiale è in brusca frenata da tre trimestri consecutivi e le economie più coinvolte dal rallentamento sono quelle più integrate nelle catene globali del valore, e caratterizzate da un’ampia base manifatturiera. La decelerazione dell’attività industriale, coerente con la frenata degli investimenti, si è propagata, attraverso gli scambi commerciali, ai diversi Paesi.

I comparti che soffrono maggiormente di questa situazione sono i macchinari (-8,4% nel I semestre), l’elettronica (-5,2%), la gomma-plastica (-3,7%), comparti che rappresentano tradizionalmente un sottoinsieme assai rilevante del nostro tessuto economico.

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La considerazione dei trend dei mercati globali ed europeo non lascia intravvedere a breve dei punti di svolta significativi. L’inerzia di questa fase ciclica ci accompagnerà ancora per qualche tempo. La stagnazione si inserisce, infatti, in un contesto globale di rallentamento, condiviso, come si può vedere dal grafico, da tutte le maggiori aree dell’economia mondiale.

Questo rallentamento globale, a differenza dei cicli negativi del passato, non si spiega con un fattore prevalente. Sono tante le concause indipendenti, dalle guerre tariffarie, alla Brexit, ai diversi Paesi in crisi (Argentina, Venezuela, Libia, Turchia, Iran, tra i principali), alla importante ristrutturazione delle filiere del manifatturiero, in primis l’automotive.

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Un’altra novità rispetto al passato riguarda la diffusa incertezza, intesa come rischio percepito che si concretizzino scelte di politica economica “estreme”, che per anni abbiamo considerato improbabili, e che queste scelte si dimostrino poco governabili nelle conseguenze da parte degli stessi che le hanno proposte.

L’indice proposto dal Global Economic Policy Uncertainty (un indice rilevato in 20 Paesi che generano l’80% del PIL mondiale), è ai suoi massimi storici.

Si tratta di un fattore, in questo caso, non ciclico, o episodico, ma destinato a perdurare e a influenzare a lungo le aspettative economiche degli operatori internazionali, già in ribasso da molti mesi nell’area dell’Euro, e ora anche in Cina e negli Stati Uniti.

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Lo scenario di previsione che ci consegna il Fondo Monetario Internazionale nel suo ultimo Outlook lascia intendere una ripresa lenta e graduale, e soprattutto “tirata” dalle economie emergenti, mentre le economie avanzate faticano a ritrovare il loro ritmo. Spicca, tra queste il caso Italia, calamitato verso la crescita zero.

In questa difficile situazione prospettica le imprese, e noi imprenditori, svolgiamo ancor più il ruolo dei protagonisti.

Anche a fronte di scenari complessi, pur con la dovuta prudenza, non possiamo cessare di operare, di evolvere, di innovare, di lottare e di guardare avanti, accettando le sfide e superando le situazioni difficili.

È nelle situazioni più complicate che noi imprenditori diventiamo ancor più fattore di stabilità per il nostro territorio e per il nostro Paese; per sua caratteristica, l’impresa investe e agisce per il lungo termine, cercando di guardare oltre i momenti difficili.

L’impresa è lavoro e il lavoro produce ricchezza e realizzazione sociale; l’impresa è il luogo dove si impara, ci si confronta, ci si relaziona, dove si sviluppa coesione sociale; è il luogo dove si possono realizzare aspirazioni e anche, perché no, concretizzare sogni. E’ proprio in virtù di questo ruolo che le imprese chiedono appoggio e considerazione.

Per noi, veri imprenditori, a differenza di quanto pensi qualcuno che mai ha visto un’impresa, i nostri collaboratori, la comunità in cui siamo inseriti sono da sempre ben presenti nei nostri pensieri e nelle nostre azioni. Sono elementi centrali e costitutivi della nostra attività.

Gli imprenditori bergamaschi, ben coscienti del loro ruolo sociale e della profonda relazione tra l’impresa e il territorio, sono da sempre attenti alla crescita non solo della loro impresa, ma del benessere dei loro collaboratori, delle loro famiglie e della comunità.

Da sempre esercitano azioni concrete per quello che oggi chiamiamo ‘sostenibilità sociale’, ben da prima che si coniasse questo termine. Da sempre, in maniera silenziosa e senza clamori, applicano le politiche di sviluppo sostenibile che soltanto oggi le grandi multinazionali hanno scoperto e sulle quali, nei mesi scorsi, hanno sentito il bisogno di sottoscrivere un manifesto.

Noi, non abbiamo bisogno di proclamare intenzioni, siamo protagonisti nei fatti, ma, superando la nostra proverbiale ritrosia, vogliamo oggi fare sapere quanto importante è il nostro contributo al benessere collettivo.

discorso assemblea scaglia

A questo fine, Confindustria Bergamo, la prima associazione del Sistema Confederale a redigere il suo bilancio di sostenibilità secondo gli standard internazionali e in aderenza agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU, ha voluto dare una misura del valore generato dalle nostre imprese e distribuito sul territorio

Gli associati a Confindustria Bergamo attraverso le loro attività hanno generato e distribuito 5,3 miliardi di euro e generato un impatto occupazionale di quasi 85.000 posti di lavoro. Questa prima stima è un numero approssimato per difetto, ma rende bene l’idea del ruolo determinante dell’industria per il benessere del nostro territorio.

Spiace di fronte a tutto questo constatare crescenti sentimenti di avversione in alcune parti della nostra società verso l’imprenditoria e l’impresa, in nome di un futuro bucolico, velleitario e completamente slegato dalla realtà.

Per potere essere protagonisti, occorre una visione, un obiettivo a lungo termine che sappia aggregare e coinvolgere, una visione che sappia entusiasmare ed essere così convincente che possa superare i sacrifici necessari per realizzarla. Tutti noi lo sappiamo bene: è il progetto affascinante, ambizioso e sfidante quello che riesce a mobilitare le energie e le intelligenze.

La visione di lungo termine e la condivisione di obiettivi è importante non solo per l’impresa, ma anche per la comunità.

Nell’Assemblea dell’anno scorso avevamo parlato del “Modello Bergamo”, e di come, secondo noi, il fattore chiave di successo sia stata la inconscia condivisione da parte di tutta la comunità di un valore fondamentale: il lavoro, il lavoro riconosciuto come strumento di realizzazione sociale e personale dell’individuo, e come mezzo di creazione di benessere collettivo. E la condivisione della creazione di lavoro come l’obiettivo cui tutta la comunità dovesse applicarsi.

Avevamo poi affermato che oggi questo obiettivo viene ancora percepito, ma, con il benessere raggiunto e il crescere dell’illusione, sbagliata e pericolosissima, che quanto ottenuto sia per sempre, il valore del lavoro sta perdendo la sua primazia.

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Nel ribadire il primato dell’impresa e del lavoro, abbiamo allora messo a punto una visione di territorio attorno a cui aggregare gli sforzi della comunità. Su questa visione, quella di un territorio vocato al manifatturiero avanzato, abbiamo trovato il consenso delle Associazioni di territorio, convenendo che il manifatturiero, con le sue variegate e trasversali filiere, costituisce il fulcro del modello economico bergamasco, e la sua valorizzazione e riqualificazione non può non rappresentare un fattore di sviluppo anche per gli altri settori economici.

Vogliamo lavorare e lavoreremo insieme affinché Bergamo sia riconosciuta come l’eccellenza del manifatturiero avanzato del Paese, e possa diventare territorio attrattivo per iniziative e persone che vogliono misurarsi con l’eccellenza italiana, europea e mondiale della manifattura e delle tecnologie correlate.

Intorno a questo obiettivo, le Associazioni tutte hanno siglato, prima volta per la nostra Provincia, un accordo di sistema, per la governance della Camera di Commercio. Ringrazio qui i Presidenti delle Associazioni e i loro Direttori per il contributo che tutti hanno dato per siglare questo accordo nell’interesse collettivo. Abbiamo dimostrato che sappiamo, con sforzo e volontà, superare l’incapacità di fare sistema, che da più parti ci hanno attribuito. Iniziamo a dirci e a convincerci che possiamo anche fare diversamente!

Ma questo è solo il punto di partenza; da ora tutti insieme dobbiamo sviluppare idee e lavorare a progetti e iniziative per raggiungere l’obiettivo di eccellenza e di attrattività che ci siamo posti. E questo obiettivo, vorrei ribadirlo, non è il fine ultimo, ma il mezzo per garantire ai bergamaschi benessere e sviluppo.

Guidati da questa visione, abbiamo redatto e illustrato insieme a tutte le Associazioni di territorio un position paper sulle infrastrutture prioritarie. Aeroporto, collegamenti Nord-Sud, e collegamento ferroviario con Orio e potenziamento di quello con Milano le priorità individuate e su cui con le istituzioni responsabili ci opereremo.

Per contribuire ad un indirizzo di sviluppo della logistica territoriale, abbiamo redatto uno studio sui flussi logistici e sulla locazione del nuovo scalo merci che condivideremo a breve con gli altri attori.

Per migliorare la disponibilità di professionalità e di competenze, abbiamo inaugurato il laboratorio per l’occupabilità SMILE, dove si formeranno ai temi della meccatronica i giovani degli istituti tecnici e aggiorneranno le competenze i dipendenti delle nostre imprese.

E perseguendo l’obiettivo di attrarre a Bergamo le eccellenze della fabbrica del futuro, insieme al consorzio Intellimech, è ormai in dirittura d’arrivo l’accordo con l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, leader mondiale della ricerca robotica, per la costituzione al Kilometro Rosso di un laboratorio congiunto per la ricerca ed il trasferimento tecnologico.

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La nostra nuova sede, con la sua collocazione in un luogo di innovazione e di collaborazione, e la nuova struttura organizzativa, con l’enfasi sulla proattività e sulle skills di project management, sono la manifestazione non solo simbolica, ma anche sostanziale di una rinnovata progettualità e metodologia di lavoro.

Oltre alla vision di territorio, per aiutarci nello sviluppo di progetti e attività, troviamo nella matrice di materialità del nostro Bilancio Sociale un essenziale riferimento.

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In questo diagramma, abbiamo raccolto le priorità dei nostri stakeholder e dei nostri associati. In particolare, vedete rappresentate sull’asse delle ordinate del diagramma le priorità espresse da 39 stakeholder scelti tra rappresentanti delle istituzioni e della pubblica amministrazione, della università e della scuola, del sindacato e del credito, e sulle ascisse le priorità dei nostri associati.

Sono dati che stiamo valutando, ma emergono chiaramente in alto a destra i temi importanti. Credo sia la prima volta che si raccolga in unica rappresentazione le priorità dei protagonisti del nostro territorio. Questa comprensione ci aiuterà a sviluppare il piano strategico e operativo di Confindustria Bergamo e a coinvolgere la comunità in una necessaria azione di sistema per realizzare i progetti più ambiziosi.

Quanto importante a livello locale, ancor più è fondamentale a livello nazionale la condivisione di una visione di Paese e di un obiettivo comune.

Nello sforzo continuo di una proposta, si è speso, in particolare nelle Assise di Verona, il nostro Presidente Vincenzo Boccia, che saluto e ringrazio. È l’ultimo anno che è qui come Presidente di Confindustria, poi spero vorrà tornare come imprenditore e amico. Grazie Vincenzo per il lavoro svolto e l’impegno profuso.

Nonostante gli sforzi di proposta e di confronto, non si capisce quale sia la visione di Paese e quale la visione del suo ruolo nel mondo che hanno in mente i nostri leader di governo e di opposizione. Purtroppo, temo di non intravederne alcuna, se non quella dettata dalle opportunità elettorali del momento.

Assistiamo da tempo a mancanza di pensiero e di idee, di ideali e valori stabili nel tempo, di una visione e di una proposta di modello per il Paese, in nome della quale affrontare le sfide difficili.

Vediamo ovunque solo molto opportunismo e una disperata, continua ricerca del consenso, indipendentemente dall’idea su cui è costruito.

La mancanza di visione e la povertà delle idee lungimiranti, spinge ad assecondare le attese del momento. E, con buona pace della coerenza, in funzione degli umori percepiti, spesso ci si contraddice senza neppure più provare imbarazzo. In una sorta di circolo vizioso fatto di post e di “like”, si autoalimentano le disinformate percezioni del momento, invece di osare sfidarle con la ragionevolezza, la competenza e soprattutto in nome di un esercizio di responsabilità individuale e collettivo a cui tutti siamo chiamati.

La politica non può consistere solo nel chiedere al “popolo” che cosa vuole; un “popolo” ormai tirato compulsivamente per la giacca da destra e da manca a testimonianza di qualsiasi tesi.

Noi imprenditori, protagonisti responsabili, non vogliamo sottrarci alla responsabilità di formulare una proposta e non ci stancheremo di indicare e di testimoniare i valori attorno ai quali ci piacerebbe vedere convergere una visione di Paese.

Noi abbiamo in mente un Paese in cui venga premiata l’iniziativa e la creazione di valore, un Paese in cui conoscenza e competenze, sacrificio e applicazione costante siano riconosciuti e rispettati.

Un Paese in cui tutti insieme siamo responsabilmente impegnati a fare comprendere che occorre impegnarsi non solo per migliorare, ma anche per mantenere quanto ci è stato consegnato.

Un Paese dove vige la giustizia distributiva ma dove non si pensi che basti passare sotto a un balcone per ricevere quanto si crede dovuto.

Dobbiamo applicarci per mantenere il benessere raggiunto, per trasmettere ai giovani il valore della libertà di autodeterminarsi, il valore dello studio e del merito, dell’impegno sociale, della democrazia, nel rispetto delle istituzioni e dell’autorità, il valore della pace e della concordia tra i popoli europei, e respingere risolutamente quanti dall’esterno, e mi riferisco esplicitamente al Presidente Trump, soffiano sul nazionalismo al fine di dividere le nazioni europee, in un irresponsabile esercizio di ritorno al passato per effimeri vantaggi di parte nel breve termine.

Noi abbiamo in mente un Paese di opportunità. Un Paese in cui ognuno, secondo le proprie capacità, ma a prezzo di sforzo e di impegno, possa raggiungere la propria realizzazione personale e sociale. Vogliamo e dobbiamo tutti insieme, costruire le condizioni perché tutte le persone di buona volontà possano esprimere al massimo il loro potenziale, per il bene di sé stessi e della comunità.

E se tanti giovani e meno giovani dicono di trovare altrove la loro opportunità, lontano dal nostro territorio e dal nostro Paese, dobbiamo tutti responsabilmente interrogarci.

Anche noi imprenditori, sulle condizioni e sulle prospettive che nelle nostre imprese offriamo.

Il principale strumento per garantire le opportunità, e soprattutto pari opportunità, è l’istruzione. Compito principale dell’istruzione è combattere l’ingiustizia sociale.

Occorre offrire a tutti i bambini e ai giovani gli strumenti per valorizzare il loro talento, indipendentemente dalla famiglia di origine. Il nostro sistema scolastico che era tra i migliori, sta ora pericolosamente mostrando segni di crescente e ormai non più sostenibile difficoltà.

Nonostante questo ruolo importantissimo, dobbiamo constatare che la scuola e la formazione non hanno la priorità dovuta nelle scelte dei passati governi e di questo, né ricevono una frazione delle ingenti risorse destinate a inefficaci provvedimenti come Quota 100 e Reddito di Cittadinanza.

Anziché limitarsi a pensare a facili ma inutili provvedimenti come riformare per l’ennesima volta l’esame di maturità, sarebbe necessario studiare una profonda e coraggiosa riforma, che rivalutando il valore della didattica come scienza, porti a scegliere le migliori metodologie e le trasferisca con un grande piano di formazione ai nostri docenti.

E se vogliamo veramente dare impulso alla natalità, consentendo alle madri di lavorare e realizzare le loro giuste aspirazioni professionali, la vera risposta è una scuola a tempo pieno, dove tutti con pari opportunità possano svolgere le attività extra-curriculari.

Tutto ciò sembra impossibile? Tante esperienze dimostrano che così non è. Occorre ‘solo’, solo tra virgolette, un grande esercizio di lungimiranza e di responsabilità degli adulti, nel quale si anteponga l’interesse dei giovani studenti, non votanti, rispetto a quello degli addetti, elettori, della scuola.

Le opportunità si garantiscono con la scuola ma anche con le occasioni di lavoro.

E la creazione di lavoro non si favorisce certo con i costosi provvedimenti di Quota 100 e Reddito di Cittadinanza; il primo, provvedimento non solo dal carattere recessivo, come chiunque con un minimo di formazione economica può comprendere, ma anche fallito nell’adesione e soprattutto nel tasso di sostituzione dei pensionati con giovani, come peraltro previsto ampiamente dalla letteratura scientifica. Il secondo, provvedimento pasticciato, che vuole combattere la povertà e essere contemporaneamente politica attiva del lavoro, perdendo efficacia sia per l’uno che per l’altro fine. Di fatto, ad oggi, si è attivata la sola parte assistenziale, ma non quella di avviamento al lavoro.

L’unico vero strumento per creare lavoro è sostenere le imprese e la loro crescita.

E tra i tanti possibili provvedimenti a questo scopo, tre sono le priorità che voglio indicare:
Semplificazione burocratica ed istituzionale. Da tempo se ne parla, ma poco o nulla si sta facendo. Un esempio su tutti sono i cantieri bloccati per intoppi burocratici, che ANCE stima a 62 mdi euro, per non parlare delle opere di consolidamento idrogeologico. Dei 9 mdi stanziati nel fondo Italia Sicura, 6,2 miliardi sono fermi al MEF per incapacità di progetto e di spesa. Altro esempio è la mancata riforma delle Province, una incompiuta che certamente non aiuta la chiarezza di ruoli e soprattutto di responsabilità. E ciascuno di noi potrebbe aggiungere un esempio proveniente dalla sua frustrante esperienza quotidiana.

Altra priorità è la certezza del quadro normativo e della giustizia civile. Emblematico su tutti il caso ILVA. È inaccettabile che i nostri rappresentanti prendano un impegno sulla base del quale si fanno importanti scelte di investimento e poi, irresponsabilmente, si cambino le carte in tavola. Tutto ciò oltre che essere imbarazzante e danno di immagine per tutti noi Italiani, è esattamente il contrario di ciò che occorre fare per trattenere e attrarre investitori

Infine, semplificazione fiscale: anche questo governo non si è risparmiato nella fantasia di architettare nuove tasse e microtasse. La tassa sulla plastica non solo è un provvedimento scritto da persone tecnicamente incompetenti: ma davvero qualcuno al Ministero dell’Ambiente pensa di conservare il sangue per trasfusioni in tetrapack o sacche di plastica biodegradabile? Ma è anche un provvedimento sbagliato che non va all’origine del problema, che non è quello di utilizzare la plastica, ma di disincentivare la sua dispersione nell’ambiente. Perché non pensare a una cauzione sugli imballi? Credo sia solo perché troppo complicato da gestire, perché facciamo difetto, come in molte altre situazioni analoghe, di capacità di organizzazione e di esecuzione. Come sempre, si grida vittoria alla approvazione del provvedimento simbolico e poi ci si dimentica della sua attuazione. E cosa dire della tassa sulle auto aziendali? Non può che essere stata proposta da chi non ha cognizione di come funziona una azienda. Oltre che deprimere il mercato dell’auto, continua a tartassare i soliti noti del lavoro dipendente e porterà a inutili discussioni tra imprese e lavoratori.

Il segnale più evidente che qualcosa di importante non funziona nel sistema dell’istruzione e del lavoro del nostro Paese è la contraddizione tra l’elevato numero di giovani e meno giovani senza occupazione, o che emigrano per cercare opportunità, e gli innumerevoli posti vacanti nelle imprese.

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Nel Nord ci sono 80 posti vacanti ogni 100 disoccupati.

Se non riusciamo a dare risposte, questo fenomeno si aggraverà ulteriormente, aumenterà il disagio sociale e le imprese, non riuscendo a crescere, perderanno competitività.

Non possiamo fare a meno di interrogarci su questo e proporre delle soluzioni. Questo è un tema che mi preme molto e a cui oggi, non ancora, possiamo dare una risposta articolata, ma Confindustria Bergamo si impegna da subito in un ampio progetto per comprendere il fenomeno e dare risposte mirate, coinvolgendo gli attori del territorio più attenti e responsabili.

Trovare una soluzione è cruciale e possiamo senz’altro cominciare, tutti insieme, ad affrontarlo a livello locale.

Siamo tutti consapevoli che il nostro territorio e il nostro Paese hanno un grande potenziale. Riusciremo a svilupparlo superando problemi e difficoltà solo se sapremo lavorare insieme, guidati da una comune visione e se sapremo agire ognuno secondo le proprie responsabilità, superando i particolarismi.

Ciascuno di noi, imprenditore o lavoratore, rappresentante delle istituzioni o addetto della pubblica amministrazione, insegnante o allievo, e guardo voi giovani, con il vostro meraviglioso entusiasmo, ciascuno di noi, dicevo, è protagonista ORA nel suo ambito, è responsabile ADESSO del suo futuro e del futuro della collettività.

Non dobbiamo attribuire ad altri la responsabilità che ci compete. La fuga dalle responsabilità ha raggiunto il paradosso di assistere a ministri che fanno appello all’intervento del governo, come se fosse ente terzo, dimenticandosi che il governo sono loro. Né sono certamente responsabili quei leader che con grande cinismo usano parole e atteggiamenti che portano alla legittimazione di intolleranza e di violenza.

Non dobbiamo per comodità e pigrizia, seguendo il naturale istinto di ricerca di protezione, cedere alla tentazione di attribuire ad un capo con pieni poteri la soluzione di problemi di cui fatichiamo a trovare la soluzione. Non possiamo sottrarci allo sforzo, all’angoscia della libertà, ma anche alla soddisfazione di trovare noi una soluzione ai nostri problemi.

La libertà e la democrazia, il progresso e il benessere, vanno di pari passo con il fatto che ciascuno si assuma le proprie responsabilità, e responsabilmente non si sottragga al pensiero, all’azione e alle scelte, per quanto difficili possano essere.

Assumere la responsabilità significa avere il coraggio di affrontare la situazione, di essere protagonisti trovando soluzioni. Noi imprenditori conosciamo bene questo principio dell’agire.

E dico, rivolgendomi ai tanti ragazzi oggi presenti: non pensate che ci si sia un tempo a partire dal quale esercitare la propria responsabilità.

Ogni età ha le sue responsabilità, e la vostra, la più importante, è quella di studiare a fondo, di essere curiosi, di non accontentarvi e prepararvi; con la consapevolezza che si può essere preparati ma mai si è abbastanza pronti ad accogliere una sfida; bisogna con coraggio affrontarla quando si presenta.

E allora mobilitiamoci tutti, da subito! Smettiamo di dolerci, di criticare e di attendere l’intervento dall’alto, usciamo allo scoperto, mettiamoci in gioco tutti insieme, facciamo sistema. Ritroviamo l’orgoglio della responsabilità, la soddisfazione per il lavoro ben fatto individualmente e collettivamente.

Soltanto così potremo insieme lavorare per un domani migliore, da veri protagonisti responsabili del nostro futuro.

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