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Cinema

La recensione

“Maleficent 2”: torna la più cattiva delle fiabe ed è un trionfo di femminilità

I maschi della vicenda (in particolare quelli umani), sull’onda del primo film, restano anche qui utili quanto un ombrello in una giornata di sole pieno

Titolo: Maleficent – Signora del Male

Regia: Joachim Rønning

Attori: Angelina Jolie, Michelle Pfeiffer, Elle Fanning, Sam Riley, Imelda Staunton, Juno Temple

Durata: 118 minuti

Giudizio: ****

Cinque anni dopo l’uscita del primo capitolo, Maleficent torna a farci scoprire nuovi orizzonti al femminile attraverso un viaggio avventuroso nel mondo fiabesco.

Tuttavia, se nel primo film Malefica era la protagonista femminile assoluta e indiscussa, stavolta è costretta a dividersi il palcoscenico con Aurora, che seppur con molta calma riesce finalmente a svegliarsi dal suo torpore di Bella Addormentata, e la Regina Ingrith, interpretata da Michelle Pfeiffer, che, a parer mio, getta le fondamenta per la realizzazione di un nuovo modello di femminilità al negativo. Esattamente come aveva fatto ai tempi anche il primo capitolo di Maleficent, con il personaggio di Malefica.

Aurora è la regina della Brughiera, il regno incantato in cui vivono fate e creature magiche, mentre Filippo è l’erede al trono dell’Ulstead, regno degli umani. Una loro potenziale unione porterebbe alla commistione di due mondi, spesso in conflitto, con la speranza che convivere sia possibile e che tra loro si instauri un clima di pace e armonia. Ed è proprio con questa prospettiva che Filippo, perdutamente innamorato di Aurora, le chiede la mano.

Come possiamo immaginare, Malefica non la prende bene. E all’invito a cena da parte dei futuri consuoceri, decide di presentarsi vestita rigorosamente di nero con cuciti addosso gli scheletri di centinaia di uccellini. Ma, per amore della sua “bestiolina”, è disposta a mettere da parte la sua diffidenza nei confronti dell’amore e degli umani.

Tuttavia, la richiesta da parte di Aurora di coprirsi le corna, e celare così la sua identità, risuona comprensibilmente in Malefica come un tradimento. Così, ferita dall’insensibilità della figlia e continuamente stuzzicata dalle (neanche troppo) velate accuse della consuocera, Malefica scoppia in un’esplosione di rabbia e scappa via, ignara di aver appena compiuto il primo passo verso la realizzazione del piano malvagio architettato dalla Regia Ingrith.

I maschi della vicenda (in particolare quelli umani), sull’onda del primo film, restano anche qui utili quanto un ombrello in una giornata di sole pieno. Ma non mi stupisce: in fondo, questa storia è nata proprio con lo scopo di riscrivere i ruoli tradizionalmente associati al sesso forte e a quello debole (che poi, quale è quale?).

Mentre, invece, ho trovato estremamente interessante la scelta di voler fare un ulteriore passo avanti nell’evoluzione del personaggio della cattiva. Se Malefica era stata costretta a giustificare la sua cattiveria, il suo desiderio di avere potere e portare a termine la sua vendetta, sulla scorta di esperienze traumatiche passate, la nuova cattiva, la Regina Ingrith, non deve al pubblico nessuna spiegazione. È cattiva, vendicativa e desiderosa di potere. Punto.

Seppur a livello logico ci siano incongruenze notevoli tra un film e l’altro, il secondo capitolo di Malefica risulta altrettanto affascinante e ugualmente efficace nel portare a galla nuovi modelli di femminilità. Dopotutto, il mondo fiabesco non funziona secondo le regole della logica. Altrimenti, che magia sarebbe?

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