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L'incontro

Hikikomori, anoressia, suicidi giovanili: “Basta tabù, per noi importante parlarne”

Il dottor Pietropolli Charmet ha parlato agli studenti del Liceo Linguistico Giovanni Falcone di Bergamo di “Ragioni e soluzioni delle nuove forme di dispersione scolastica”.

In seguito ad un invito del comitato genitori del Liceo Linguistico Giovanni Falcone, il dottor Pietropolli Charmet è intervenuto in un incontro sul tema: “Ragioni e soluzioni delle nuove forme di dispersione scolastica”.

L’argomento principale sono stati hikikomori e anoressia, soggetti principali dei suoi ultimi studi. Le sue parole a riguardo non sono state affatto negative o di rimprovero nei loro confronti, è anzi emersa una grande comprensione per questi ragazzi mentre argomentava sulle cause delle loro azioni.

Inizia il suo discorso spiegando il grande cambiamento che c’è stato tra i problemi degli adolescenti dei suoi tempi rispetto a quelli del giorno d’oggi. Questo sostanziale ribaltamento è dato dall’avvento dei media e delle nuove tecnologie all’interno della società.

Oggi i giovani sono meno sottomessi all’interno della propria famiglia: hanno infatti più facoltà di decidere e maggiore libertà nelle proprie azioni. Questo comporta senz’altro un forte progresso nella vita quotidiana, ma, come ogni cosa, il lato negativo della medaglia non ha esitato a mostrarsi. Un tempo l’autorità del genitore era molto più radicata, mentre oggi ci si passa sopra spesso e volentieri. È anche per questo motivo che disturbi come l’anoressia si sono maggiormente diffusi nelle masse giovani, mentre altri, come gli hikikomori, si sono generati.

Gli hikikomori sono menti brillanti, con una buona capacità relazionale e narrativa, che però non si sentono a proprio agio all’interno di una società che, a parer loro, li giudica e li denigra.

Abbandonano la scuola per un sentimento di rifiuto da parte dei propri coetanei, che li spinge a rifugiarsi all’interno della rete, creandosi una realtà virtuale e una nuova identità a sé stante con la quale si sentono a proprio agio. Finiscono per non mostrare più il loro corpo nemmeno alla famiglia, perché lo giudicano come un ostacolo alla propria identificazione e idealizzazione. Secondo questi ragazzi esso è infatti fonte di desiderio sessuale e di ambizione al successo, cosa per loro assolutamente negativa.

La loro non è però una malattia mentale, come molti potrebbero superficialmente pensare. Sono invece giovani che si ritirano perché permalosi e sensibili; si sentono infatti estranei, diversi, sprezzanti e inadeguati a realizzare gli obiettivi posti dai genitori e dagli altri adulti che li circondano. La loro vita non è messa a rischio a contrario di altri disturbi sopracitati, perché non ledono in alcun modo al proprio corpo, ma lo nascondono semplicemente al resto del mondo per celarsi agli occhi della società reale.

Rinunciano all’amore, all’idea di coppia, alla sessualità, a far parte di un gruppo, a prendersi cura del proprio corpo e a relazioni reali con qualsiasi individuo. La loro nuova identità sulla rete gli permette invece di creare nuovi legami con persone, mantenendo con esse un contatto puramente virtuale e dunque protetto da tutto ciò che è stato elencato prima.

La rinuncia alla vita reale è data anche dalla necessità di sfuggire alla competizione costante tra individui che la caratterizza. Essi finiranno infatti per ripudiare e rinnegare qualunque cosa per la dipendenza da internet. Bisogna però tenere a mente che quest’ultimo non è la causa della loro reclusione, bensì la soluzione, che gli permette di evadere, scappare da quella realtà nella quale non si sentono accettati e men che meno compresi.

Storia ben diversa è quella che riguarda l’anoressia, il disturbo alimentare per eccellenza, che prende con sé sempre più giovani, di qualsiasi età e genere, ma è presente più frequentemente nel gentil sesso.

È una convinzione comune e ormai radicata che le ragazze diventino anoressiche per sentirsi più belle e desiderabili agli occhi degli altri, ma, come ci spiega il dottor Charmet, è l’esatto contrario.

Secondo lui l’anoressia scaturisce da un abbandono del desiderio di attrarre l’altro sesso e da un senso di repulsione verso la sessualità in generale. Finiscono per escludere dalla loro vita il genere maschile e degli ipotetici figli propri, concentrandosi solo su loro stesse e, in particolare, sulle proprie conoscenze raggiunte tramite uno studio esagerato, che, a lungo andare, le porta a trascurare fame e sonno, cosa che lentamente le porterà ad abbandonare la cura del corpo.

Anche loro, come gli hikikomori, non sono affette da nessuna malattia mentale. Rifiutano semplicemente l’idea di avere un’identità femminile omologa a quella comune, poiché preferiscono dare importanza alla mente piuttosto che al fisico.

Vedono nel destino di madre una condanna umiliante e mortificante, che le porterebbe solo ad una “schiavitù” dettata dalla sottomissione al maschio, cosa che sono determinate ad evitare in ogni modo. Infatti, non avranno mai relazioni con essi che vadano al di fuori dell’amicizia. Sono quindi spinte a curare alcuni aspetti di sé, come il trucco o l’abbigliamento, trascurando invece cose ben più fondamentali per un qualsiasi corpo: il cibo.

Il problema principale negli ultimi tempi non è più la maternità, ma la ricerca di una propria identità e conseguente realizzazione in ambito lavorativo. Esse vedono infatti il diventare madre solo come un ostacolo sul percorso per raggiungere il successo tanto agognato.

Alcune frasi sono state spese dal dottore anche a riguardo del suicidio in età adolescenziale.

Questi avvenimenti sono sempre più diffusi e se ne continua a sentir parlare. Purtroppo, è ancora visto da molti come un argomento tabù, convinti che non nominandolo si possa evitare il problema; mentre discuterne e spiegarne le dinamiche risulta spesso essere d’aiuto, creando una sorta di consapevolezza che porta ad una prevenzione e ad un intervento tempestivo alle prime avvisaglie.

Il controllo e il potere che i giovani di oggi pensano di avere sulle proprie vite e che invece viene ancora in parte limitato dalle figure degli adulti, a volte li porta ad oltrepassare il limite. Il 20% degli adolescenti fantastica il suicidio come un ideale per liberarsi da tutti i problemi della propria quotidianità, anche solo la relazione con la morte li fa sentire meno oppressi, mentre purtroppo li avvicina solamente al gesto finale.

Per questo motivo, ricollegandoci a quanto detto sopra, è importante trattare l’argomento con i ragazzi, in modo che siano completamente a conoscenza di cosa comporta.

Dunque, tramite le idee espresse durante la conferenza, si è potuto tranquillamente comprendere quanto effettivamente il dottor Pietropolli Charmet sia un luminare in questo campo rispetto a molti altri. Le sue parole riguardo questi temi delicati e spesso complessi da affrontare, possono risultare a tratti strane, ma questo solo perché diverse dalle altre e molto franche. Sicuramente è stata illuminante confrontando opinioni differenti da quelle che di solito vengono dette in queste conversazioni.

(foto Bernard on Unsplash)

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