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Cassazione

Fondi Lega, prescritti Bossi e Belsito ma la confisca dei 49 milioni resta

Secondo la sentenza del tribunale quei soldi devono tornare nelle casse dello Stato

È finita in prescrizione la posizione di Umberto Bossi e di Francesco Belsito nel processo contro la Lega per i 49 milioni di euro truffati allo Stato. Belsito resta responsabile del reato di appropriazione indebita: per lui ci sarà in questo caso la rideterminazione della pena in Appello.

È stata questa la decisione della Cassazione che si è pronunciata – dopo 5 ore di Camera di Consiglio – in merito al processo sulla truffa ai danni dello Stato per i rimborsi elettorali. I giudici hanno anche confermato la confisca dei 49 milioni alla Lega, mentre cadono le confische personali.

Si chiude così la vicenda giudiziaria iniziata il 23 gennaio 2012 con l’esposto di un militante della Lega che chiedeva conto delle indiscrezioni di stampa su investimenti del Carroccio anomali in diamanti in Tanzania e di conti offshore a Cipro.

Fu così che saltarono fuori le spese raccolte nella cartelletta “family” a beneficio del Senatur e dei suoi figli. Con i rimborsi che i partiti prendono, sulla base dei voti raccolti, per svolgere attività politica, si scoprì, nei vari tronconi in cui venne divisa l’indagine, che papà Bossi aveva pagato altro. Secondo l’accusa: al figlio Renzo, da lui soprannominato il “Trota”, una laurea in Albania, un’Audi e le multe prese al volante. E al primogenito Riccardo, debiti, affitto, mantenimento dell’ex moglie, veterinario per il cane.

Da una intercettazione tra il tesoriere Belsito e la ex segretaria di via Bellerio i giudici seppero che dopo l’ictus di Umberto Bossi “non solo costui, ma la moglie e i figli erano interamente mantenuti dalla Lega e che i “costi dei ragazzi” erano addirittura di gran lunga superiori a quelli che lo stesso segretario della Lega immaginava”.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, tra l’altro, nel 2014 la Lega, da alcuni mesi guidata da Matteo Salvini come segretario, incassò parte dei 49 milioni di rimborsi elettorali ai quali ora la procura di Genova sta dando la caccia perché oggetto di una truffa. Secondo la sentenza del tribunale – che in primo grado aveva condannato Umberto Bossi e il tesoriere Francesco Belsito. anche se per loro è arrivata la prescrizione – sono soldi che devono tornare nelle casse dello Stato.

Salvini, nel frattempo diventato ministro dell’Interno e vicepremier, ha sempre preso le distanze da quella somma sostenendo che lui non ne sa nulla se non che “è stata spesa in dieci anni”. Una presa di distanza condivisa con il suo predecessore alla guida del Carroccio, Roberto Maroni.

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