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Medio oriente

Chi ricorda più la Siria e i suoi inermi e disperati abitanti? Papa Francesco scrive ad Assad

Profonda preoccupazione per le condizioni drammatiche della popolazione di Idlib, più di 3 milioni di persone, di cui 1.3 milioni di sfollati.

Chi ricorda più la Siria e i suoi inermi abitanti? Papa Francesco ha scritto al presidente-dittatore Bashar Hafez al-Assad. Protezione della vita dei civili; fine della catastrofe umanitaria nella regione di Idlib; iniziative per il rientro degli sfollati; condizioni di umanità e rilascio dei detenuti politici; accesso delle famiglie alle informazioni sui loro cari; ripresa del negoziato con il coinvolgimento della comunità internazionale. Sono le preoccupazioni e le richieste di Francesco nella missiva in inglese, datata 28 giugno 2019 e recapitata a Damasco il 22 luglio dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano, accompagnato dal cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria.

UNA SITUAZIONE UMANITARIA DRAMMATICA
Profonda preoccupazione per le condizioni drammatiche della popolazione di Idlib, più di 3 milioni di persone, di cui 1.3 milioni di sfollati. Gli scontri peggiorano le miserrime condizioni nei campi profughi e costringono molti alla fuga. I bombardamenti distruggono le infrastrutture: scuole, ospedali, strutture sanitarie. Francesco richiama le grandi sofferenze del popolo, rinnova l’appello perché venga protetta la vita dei civili, ricorda ai responsabili che «il conflitto in Siria è tutt’altro che terminato. Dopo otto anni di guerra la situazione è drammatica. E se in molte zone tacciono le armi, il grido disperato della miseria non si arresta. Se dalle bombe si può cercare riparo, nessuno sfugge alla gravissima povertà che trova una colpevole aggravante nelle sanzioni economiche imposte alla Siria».

MANCANO LE MEDICINE E I BAMBINI MUOIONO
Osserva «Aiuto alla Chiesa» (Acs): «Tra le tante guide mondiali, come al solito, Francesco mostra la maggiore preoccupazione per il dramma del popolo siriano e del Medio Oriente». Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, in un’intervista «Vatican News», spiega: «All’origine della nuova iniziativa c’è la preoccupazione del Papa e della Santa Sede per l’emergenza umanitaria, in particolare nella provincia di Idlib. Davvero quello che sta accadendo è disumano e non si può accettare. Il Papa chiede al presidente di fare tutto il possibile per fermare la catastrofe umanitaria e salvaguardare la popolazione inerme nel rispetto del Diritto umanitario internazionale. Usa per ben tre volte la parola “riconciliazione”: questo è il suo obiettivo. Incoraggia il presidente a compiere gesti significativi nell’urgente processo di riconciliazione, per esempio il rientro in sicurezza degli esuli e degli sfollati e per coloro che vogliono tornare».

IL DRAMMA DEI PRIGIONIERI POLITICI
Soggiunge Parolin: «Al Papa sta a cuore anche la sorte dei prigionieri politici, ai quali non si possono negare condizioni di umanità». La loro situazione, come in tutte le dittature, è orribile. L’«Independent International Commission of Inquiry on the Syrian Arab Republic» (marzo 2018) parla di decine di migliaia di persone detenute arbitrariamente e sottoposte a forme di tortura senza assistenza legale né contatto con le famiglie. Molti muoiono in carcere, altri sono giustiziati. «La guerra chiama guerra e la violenza chiama violenza» dice Francesco e il suo principale collaboratore incalza: «Siamo preoccupati per lo stallo del processo dei negoziati. Il Papa incoraggia Assad a mostrare buona volontà e ad adoperarsi per cercare di porre fine al conflitto».

AI PROFUGHI: «NON SIETE SOLI»
Già il 12 dicembre 2016 Francesco scrisse ad Assad chiedendo «una soluzione pacifica delle ostilità», la protezione dei civili, l’accesso agli aiuti umanitari. Il sangue innocente versato, i bambini intrappolati sotto i bombardamenti, i tanti testimoni della fede rapiti: sono molte le immagini in questi sei anni di atroce guerra. Al presidente russo Vladimir Putin, principale protettore di Assad, il 15 settembre 2013 chiede «una soluzione pacifica attraverso il dialogo e il negoziato tra le parti con il sostegno concorde della comunità internazionale». Con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e l’arcivescovo cattolico di Atene Ieronymos, nell’isola greca di Lesbo, il 16 aprile 2016 sottoscrive una «Dichiarazione congiunta» per la fine della guerra: «Esortiamo tutti i Paesi, finché perdura la situazione di precarietà, a estendere l’asilo temporaneo, a concedere lo status di rifugiato a quanti ne sono idonei, ad ampliare gli sforzi per portare soccorso e ad adoperarsi per una fine sollecita dei conflitti». Assicura ai profughi: «Non siete soli» e sull’aereo che lo riporta a Roma carica 16 profughi di tre famiglie siriane. Poco tempo fa invia il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio, a Lesbo per portare la sua vicinanza e 100 mila euro ai rifugiati.

LE SOFFERENZE DEI CRISTIANI E LO STATO ISLAMICO
Nella «Lettera ai cristiani del Medio Oriente» il 21 dicembre 2014 il Pontefice augura: «Possiate sempre dare testimonianza di Gesù attraverso le difficoltà ed essere lievito nella massa». Condanna le afflizioni e tribolazioni inflitte dal sedicente Stato islamico «aggravate per l’operato di una più recente e preoccupante organizzazione terrorista, di dimensioni inimmaginabili, che commette ogni sorta di abusi e pratiche indegne dell’uomo, colpendo in modo particolare alcuni di voi che sono stati cacciati via in maniera brutale dalle proprie terre, dove i cristiani sono presenti dall’epoca apostolica. Questa sofferenza grida verso Dio e fa appello all’impegno di tutti. Il fondamentalismo religioso, prima ancora di scartare gli esseri umani perpetrando orrendi massacri, rifiuta Dio, relegandolo a un mero pretesto ideologico». Depreca il ricorso alle armi e i loschi affari dei trafficanti di armi che «continuano a fare i loro interessi: armi bagnate nel sangue innocente. C’è un giudizio di Dio e della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire! Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace». Il 7 settembre 2013 promuove una giornata di digiuno e preghiera per la pace in Siria e in Medio Oriente: «L’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace e di sentire parole di speranza». Oltre un secolo fa, il 10 settembre 1915, Papa Benedetto XV scrisse Mehmet V, sultano (capo religioso e politico) del potentissimo Impero Ottomano, la «Sublime Porta» di Costantinopoli per far cessare l’eccidio dei cristiani armeni «che avviene contro il volere di Vostra Maestà». Il sultano rispose sostenendo l’impossibilità di distinguere «fra inno­centi e sediziosi» e giustificando la pulizia etnica. Cosa risponderà ora Assad a questa seconda lettera di Francesco?

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