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Instagram per raccontare l’Olocausto ai giovani: la storia vera di Eva Heyman

Se ci fosse stato Instagram ai tempi dell’olocausto cosa avrebbero mostrato le Instagram Stories?

La sera del primo maggio in Israele sono iniziate le cerimonie in memoria della Shoah, lo sterminio degli ebrei da parte del regime nazista.
A Tel Aviv il due maggio alle dieci in punto del mattino tutti i cittadini si sono fermati, immobili per due minuti in ricordo dei milioni di ebrei sterminati durante il periodo dei totalitarismi.

In qualsiasi punto della città si sono interrotte le attività, le sirene hanno iniziato a suonare e il popolo si è messo in piedi rigidi e immobile dovunque si trovasse, solo le ciocche di capelli erano accarezzate da un vento leggero.
Che si fosse la scuola o che si fosse in strada tutti erano immobili, davanti ai loro banchi, di fianco ai loro camion o automobili.

“Ricordare è necessario per non scordare gli errori del passato.” Quante volte si è sentita questa frase?

È verissima, ma se ci fosse stato Instagram ai tempi dell’olocausto cosa avrebbero mostrato le Instagram Stories?

Si sono posti proprio questa domanda Mati Kochavi, un miliardario ebreo, e sua figlia quando hanno trovato il diario della giovane Eva Heyman, ragazza ebrea di nazionalità ungherese deportata e uccisa a tredici anni nel campo di concentramento di Auschwitz, Polonia.

Da questa idea è nato il 13 febbraio 2019, giorno in cui Eva ha iniziato a tenere un diario segreto, il profilo Instagram “eva.stories”.

Avvolte da un set degno dei film holliwoodiani ogni giorno vengono pubblicate delle brevi storie in cui si racconta giorno per giorno cosa ha vissuto Eva, basandosi sulle emozioni appuntate leggere e tenere da una ragazza che sognava di fare la reporter, ma che dovette abbandonare questo sogno a causa di un destino crudele e aspro, come solo la vita è in grado di renderlo.

Nei brevi video si vedono le riprese fatte alle amiche che ballano, le foto alla torta di compleanno che ha cucinato la nonna e non mancherà nemmeno una parta dedicata a Pista Vadas, il ragazzo di cui Eva è innamorata.

La giovane ragazza prende per mano lo spettatore e gli mostra cosa accadde quando arrivano i nazisti nel suo “happy place”, come la piccola reporter lo chiama nelle Instagram stories, ovvero la farmacia del nonno, con il quale lei viveva, poiché sua mamma era spesso in viaggio con il patrigno di Eva, al quale la ragazza era molto affezionata.

Sono video struggenti colmi di pathos: Kochavi ha abilmente e delicatamente rubato la personalità giovane e vitale di una ragazza e ha impresso il suo nome nella storia.

Nessun film o diario è in grado, al giorno d’oggi, di arrivare al cuore di un giovane come può farlo vedere un Instagram story che abbia come contenuto un tema così fragile, ma allo stesso tempo così difficile da cancellare.

Si immagini di sfogliare annoiati le foto postate dagli amici, ci saranno le solite ragazze che pubblicano frasi romantiche sugli amori fallimentari sottratte ad un vecchio libro di Bukowski, il ragazzo che pone ogni suo dubbio sotto forma di sondaggio oppure le foto del tramonto perché quella sera il cielo è troppo viola e troppo poetico per non ottenere ventiquattro ore di popolarità su Instagram.

Proprio mentre si scorge una nuvola più scura tra le altre, il cielo sfugge e ci si ritrova a guardare le storie di Eva che salta sul retro di un carro armato con una stella gialla puntata sul cuore.

È un’idea geniale per sensibilizzare il mondo sul tema dell’olocausto, perché non saranno mai sprecate le parole che verranno usate per ricordare la storia, nonostante questa sia terribilmente atroce.

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