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L'inchiesta

Trent’anni, una laurea e uno stipendio sotto i 1.000 euro: i veri poveri a Bergamo sono i giovani?

Bergamonews ha deciso di aprire un'inchiesta sulle condizioni di lavoro dei giovani. Perché i giovani? Perché sono la quota più alta dei disoccupati, perché “L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, perché i giovane sarebbero il futuro della nostra società e perché oggi subiscono la più grande ingiustizia: essere sottopagati

Si avvicina il 1° maggio, festa dei lavoratori, e Bergamonews ha deciso di aprire un’inchiesta sulle condizioni di lavoro dei giovani. Perché i giovani? Perché sono la quota più alta dei disoccupati, Perché “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, perché i giovane sarebbero il futuro della nostra società e perché oggi subiscono la più grande ingiustizia: essere sottopagati.

Nel 2008, esattamente 11 anni fa, nelle sale italiane usciva il film “Generazione 1000 euro” di Massimo Venier. Una commedia ambientata a Milano nella quale un gruppo di giovani neolaureati galleggiava nella precarietà dovuta anche allo stipendio che aveva come limite massimo i mille euro.

Sono passati undici anni e una crisi economica globale. Oggi i giovani laureati si adattato a qualsiasi lavoro pur di racimolare qualcosa che spesso non arriva mai ai mille euro. Segno questo, e non è una commedia, che a pagare sono le giovani generazioni. Quelle da cui poi ci si aspetterebbe l’acquisto di una casa o la costituzione di una famiglia.

Ma torniamo ai giovani e al lavoro e in particolare a quanto viene retribuito, pagato, saldato il loro lavoro.

Da noi non c’è un salario minimo. Doveva essere una battaglia del Movimento 5 Stelle che però è rimasta sulla carta. Oggi basta fermare qualche giovane sotto i 30 anni, laureato e chiedere che lavoro svolge e soprattutto quanto percepisce.

Fatelo. Non è un esercizio giornalistico, è comprendere che nella nostra società sta perdendo una generazione mandandola a sbattere da qualche parte.

L’esercizio che vi chiediamo di compiere eviti di definirli “bamboccioni”, “figli di papà” o titoli inutili. Osservate, prendete nota. Spesso svolgono mansioni che non corrispondono a quanto hanno studiato e vengono pagati al di sotto dei 1000 euro. Eppure sono volenterosi e si adattano a tutto. Anzi, ti chiedi come non si ribellino a tanta ingiustizia.

Hanno contratti precari, di collaborazione, chiamati a ora, con retribuzioni che corrispondono a pochi euro. C’è Silvia, 24 anni, ormai prossima alla laurea che fa la commessa a chiamata in uno dei tanti negozi di un grande centro commerciale alle porte di Bergamo per cinque euro all’ora. C’è Liliana, 25 anni, laureata con 110 e lode che con un part time in uno studio di commercialisti percepisce a fine mese 300 euro. Marco, 28 anni, non supera le 750 euro mensili.

La voglia di lavorare non manca, è la retribuzione che non corrisponde al loro impegno.

L’istantanea che immortala la loro realtà avrebbe per titolo: giovani precari sull’orlo della povertà.

Che gli stipendi e i salari dei lavoratori italiano siano sotto la media europea non è una novità: il nostro Paese è al quinto posto nell’Unione Europea di persone che hanno un lavoro ma vivono sotto la soglia della povertà. A supporto di questa fotografia ci sono anche i dati Eurostat che mostrano che in Italia un lavoratore guadagna in media 12,49 euro all’ora, mentre nell’Ue la media è di 13,14 euro, in Germania è di 15,6 e in Francia di 14,9. Le cifre peraltro sono sovrastimate, perché sono calcolate tenendo conto solo delle aziende con più di dieci dipendenti, ed escludendo dunque quelle dove i lavoratori sono di meno e guadagnano di meno.

Eppure la provincia di Bergamo è un piccolo paradiso in fatto di occupazione.

Dopo un quinquennio di variazioni negative le persone in cerca di occupazione tornano a crescere e raggiungono le 24 mila unità: il tasso di disoccupazione, cioè la loro incidenza sulle forze lavoro, sale al 4,9%, rimanendo comunque sotto i livelli che hanno caratterizzato il periodo 2012-2016.

È quanto emerge dal servizio studi della Camera di Commercio di Bergamo su dati Istat. Parallelamente, nel 2018 è anche aumentata la disoccupazione giovanile: al 16,2% dei giovani attivi tra 15 e 24 anni e al 12% dei giovani attivi da 18 a 29 anni.

Dopo tre anni di stabilità, il tasso di attività femminile di Bergamo è cresciuto al 58,2%, restando comunque quasi sei punti al di sotto di quello medio lombardo; cresce anche il tasso di attività maschile che si porta al 79,6%: rimane di conseguenza ampio il divario di genere.

Da oggi inizieremo a raccontare le storie dei giovani laureati pagati meno di mille euro al mese.

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