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"innuendo"

I primi ospiti della rubrica “giovani band”: SERP, Sana e Robusta Prostituzione

Cinque ragazzi cento per cento bergamaschi con album pubblicato: sono stati ospiti della nostra redazione

Cinzio MC, Renato Belandi, Amedeo Mango, Toni Ma Nero, El Lazo, Lou Taz: ecco i SERP, acronimo di Sana e Robusta Prostituzione, il primo gruppo della nostra rubrica dedicata ai giovani musicisti. (LEGGI QUI)

Tutti pseudonimi di cinque ragazzi in carne ed ossa, cento per cento bergamaschi. Amano vestirsi poco, o meglio, svestirsi e ogni tanto si mostrano al pubblico in accappatoio e ciabatte. Non sai mai quando sono seri o quando ti stanno prendendo per i fondelli, ma sono belli per questo.

Il loro primo album, “Shampoo, Taglio e Filosofia”, è un mix di generi: dal rock allo ska. Un concept album in cui i personaggi vivono tra una piega e un taglio di capelli in un salone di bellezza.

Abbiamo intervistato Cinzio MC, alias Luca Parimbelli – vi sveliamo almeno questo nome – frontman della band.

Quando sono nati i SERP?

Nel lontano ’72 eravamo una trentina di giovani ragazzi, belli e virtuosi. Dopo la sanguinosa battaglia del ’74 siamo rimasti in cinque, perdendo l’originario candore. Nel ’68 abbiamo registrato il primo album, pubblicato con cinquant’anni di ritardo, se lo avessimo fatto prima, avremmo sconvolto il mercato discografico.

Ok. Adesso ci racconti la vera storia?

A dicembre 2015 abbiamo iniziato le prime prove, così per tutto il 2016. Fino a tutto il 2017 ci siamo cimentati in cover di brani a noi graditi. Un periodo delirante in cui la prima scemata che ci veniva in mente era messa in scaletta: “Pop Porno”, “Non ho l’età”, “Johnny B. Goode”, “Somebody to love”, “Hit me baby one more time” e “Svegliarsi la mattina”. Poi è arrivata la svolta, è nato “Shampoo, Taglio e Filosofia”, il nostro primo bambino.

Siete cinque baldi giovani. Oltre a suonare fate altro nella vita?

Siamo tutti studenti e lavoratori, chi ha contratti fissi, chi lavora saltuariamente e chi “fa finta di studiare”. Tra noi è Renato Belandi quello che vive di più la musica perché è parte del progetto The Andrè.

Ovviamente quello che sognate è una carriera piena nel mondo della musica…

Certamente!

La tua, come quella di tanti altri ragazzi dell’ambiente culturale bergamasco (e non) è la realtà di musicisti bravi, con potenziale, ma che per necessità devono fare altro nella vita…

Penso che sia il problema dell’arte nella storia, per dieci che ce la fanno, nove non ci riescono. Per questo io benedico il momento in cui i Pinguini Tattici Nucleari hanno raggiunto certi obiettivi, spero che la scena musicale italiana inizi ad avere qualche occhio di riguardo su Bergamo. Ci sono delle realtà, non altrettanto famose, che meritano di suonare e di essere ascoltati. Mi riferisco agli Apocrypha o agli Sputi sui Muri, ad esempio. C’è un altro problema: nella nostra città abbiamo molti spazi per esibirci che però sembrano pochi per la grande quantità di band. Questo è bello, vuol dire che in parecchi pensano di aver qualcosa da dire agli altri.

Come percepisci il fatto che nella nostra società il mestiere dell’artista è quasi visto come un hobby?

È la classica considerazione della nonna che ti dice: “stai tralasciando gli studi per la band: non va bene!”. Frase che sottende la riflessione della serie “pensa al futuro, a trovarti un lavoro e non al giochino della musica”. Secondo me bisognerebbe rendere chiara la figura professionale, anche a livello legislativo. Il problema è che la figura dell’artista viene riconosciuta solo quando il soggetto può permettersi di mantenersi con la musica.

È anche vero che per fare questo mestiere è fondamentale vivere il periodo in cui non si è nessuno, la gavetta, per essere più chiari…

Assolutamente! Sono d’accordo.

Entriamo nel vivo della nostra chiacchierata: parliamo di voi SERP. Come è nato “Shampoo, Taglio e Filosofia?”

Il titolo nasce perché questa cornice ci piaceva: abbiamo pensato il nostro primo lavoro come un concept album ambientato nel salone di un parrucchiere. In questo luogo i personaggi si muovono e raccontano delle storie. “Shampoo, Taglio e filosofia” è anche il titolo della prima canzone: una persona che racconta la vita con proverbi errati e sciocchi luoghi comuni, proprio come un mio vecchio parrucchiere che sbagliava costantemente i modi di dire. Tutti i personaggi dell’album si stanno preparando per andare alla grande festa finale di “Hardcore”, l’ultima canzone.

C’è qualcosa di te in queste canzoni?

Diciamo che c’è un po’ di autobiografico, ma mi piace velare questo aspetto il più possibile. Questo perché voglio che chi ascolta immagini il più possibile, senza il vincolo della mia intenzione comunicativa. Mi piace poi vedere che quello che scrivo è condiviso dai miei compagini di viaggio. È una cosa importantissima: come io devono sentirmi parte dei testi, loro devono sentirsi parte di ciò che poi andranno a suonare.

Chi arrangia i pezzi?

Solitamente il processo è buffo. Io porto il testo, Renatto stabilisce il genere e proviamo a suonarlo per trovare una linea in cui gira il brano. Poi si lavora di team.

Tra le canzoni del disco, quale è quella a cui ti senti più legato?

Quale dei miei dieci figli preferisco? Impossibile decidere. Anche se devo ammettere che amo “La ballata del Vecchio David Mason”, è il genere che mi piace di più. Amo cantarla. È una storia vera di un nostro amico, che ha apprezzato moltissimo.

Parlami di “Hardcore” (da leggersi “Arcore”), ma non dirmi che si tratta di una ridente cittadina della Brianza…

Come tutti i primi dischi, anche il nostro ha dei lati acerbi. Nel nostro caso non parlo dei musicisti, che sono preparatissimi. Parlo della ricerca testuale. Siamo passati da “Aloè” e “El casellante” a “Hardcore”, una sorta di satira ma non troppo forte. È una rilettura storica “sgarbiana” secondo la quale alle cene eleganti non vanno prostitute ma ragazze che hanno voglia di divertirsi e saltuariamente ricevono doni di filantropia.

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