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Il caso

Nomina di prestigio per il commercialista della Lega di via Maj

Alberto Di Rubba è stato designato presidente del consiglio di amministrazione di Sin Spa, società privata che fa capo al ministero dell'Agricoltura. È uno dei fondatori dell'associazione Più Voci

Nuovo prestigioso incarico per il commercialista bergamasco Alberto Di Rubba, in orbita Lega, fresco di nomina a presidente di Sin S.p.a., società che gestisce il sistema informativo con cui l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), distribuisce a coltivatori e allevatori italiani circa 6,5 miliardi l’anno di fondi comunitari. La società privata fa capo al ministero dell’Agricoltura, dicastero guidato dal senatore leghista Gian Marco Centinaio. Viene riportato in una delibera datata 24 gennaio (guarda qui).

Di Rubba subentrerà al dimissionario Ilario Sorrentino, mentre il Consiglio di Amministrazione che presiederà resterà in carica fino al 2021. Trentamila euro l’anno il compenso riservato agli amministratori.

Di Rubba, classe 1979, si è laureato in economia e commercio all’Università degli Studi di Bergamo. Il suo nome è legato all’associazione ‘Più Voci’ di via Angelo Maj 24, fondata dal commercialista di Gazzaniga insieme al collega Andrea Manzoni e al tesoriere del Carroccio Giulio Centemero. La stessa società dalla quale – secondo l’inchiesta giornalistica de L’Espresso – si dipanerebbe un fitto reticolo di società che portano in Lussemburgo, sul quale ha messo gli occhi anche la Procura di Bergamo (leggi qui).

Il filone principale dell’inchiesta è in mano ai magistrati genovesi, che indagano per riciclaggio: a Genova è stata infatti condannata la vecchia guardia del partito, tra cui l’ex leader Umberto Bossi e l’ex tesoriere Francesco Belsito, ed è stata disposta la confisca dei famosi 49 milioni ‘rateizzabili’. La procura orobica ha invece aperto un fascicolo con l’ipotesi di illecito finanziamento ai partiti (Di Rubba – va sottolineato – non risulta indagato). L’attenzione è rivolta a un finanziamento di 250 mila euro finito nelle casse dell’associazione, usata – è il dubbio degli inquirenti – come schermo per incamerare donazioni senza farle passare dai conti del partito finiti nel radar dei giudici.

L’inchiesta, tuttavia, non sembra affatto preoccupare il leader del partito Matteo Salvini. “Non c’è nulla da trovare né da cercare” ha detto ministro dell’Interno. “Un’inchiesta tutto fumo e niente arrosto”, l’ha definita il bergamasco Daniele Belotti.

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