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“Antigone”, sempre attuale, ci fa domande sulla giustizia

Il regista Gigi Dall’Aglio parla della sua messa in scena della tragedia di Sofocle, al Teatro Sociale di Bergamo

Esistono poche certezze a questo mondo. Una di queste è l’immortalità del teatro. Popoli e grandi civiltà si sono estinte, sono arrivate le guerre, le crisi di ideali, interne nazioni sono scomparse, ma ci sono testi che sopravvivono ancora, sopravvivono all’inesorabile passare del tempo.

Nato più di duemila anni fa, il teatro continua ancora ad arricchire le nostre vite. È per questo motivo che nella vita, come nella messa in scena, sentiamo il bisogno di tornare alle origini.

Da giovedì 17 a sabato 19 gennaio il Teatro Sociale di Bergamo vestirà i panni dell’antica e gloriosa Atene. La compagnia ATIR Teatro Ringhiera, guidati dalla mano del regista Gigi Dall’Aglio, metterà in scena “Antigone”, la celebre tragedia di Sofocle, rappresentata per la prima volta alle Grandi Dionisie del 442 a.C. Una prima nazionale molto attesa da spettatore e addetti ai lavori: Maria Grazia Panigada, direttore artistico della stagione di prosa e altri percorsi, ha creduto fin dall’inizio in questo spettacolo.

La tragedia di Sofocle narra la vicenda che conduce alla morte Antigone, nata dall’incesto tra Edipo e sua madre Giocasta e discendente del fondatore di Tebe, Cadmo. Antigone, frutto di un’unione contro natura, è destinata a soccombere al medesimo destino avverso che ha toccato i suoi genitori. Antigone non obbedirà ai comandi del fratello Creonte, re di Tebe, e darà degna sepoltura al cadavere del fratello Polinice.

È la continua lotta tra ciò che si deve e ciò che si vuole fare a farci amare “Antigone”. Ci appassiona lo spettacolo, ci coinvolge la protagonista, donna, forte, indipendente. Un’eroina a tutti gli effetti.

“Il senso contemporaneo di Antigone sta nella natura e nella forma dialettica del confronto. Non è un confronto tra posizioni di potere – spiega Gigi Dall’Aglio –  Antigone è un testo del passato, qualcuno lo mette in scena attualizzandolo. Ma questa parola è distorta. Il testo antico non va attualizzato, ma attuato. Deve essere trasformato in azione che vada il più vicino possibile alla nostra sensibilità e alla sensibilità del pubblico di quando il testo è nato”. Dall’Aglio non poteva essere più chiaro: Antigone non ha bisogno di essere modernizzata perché sa essere attuale in ogni epoca.

“Il teatro nasce politico – prosegue Dall’Aglio – nasce come la forza della polis. Esso traduce per la prima volta nella storia dell’uomo tutte le problematiche sociali, filosofiche e religiose e dà una forma rituale a queste componenti”.

In occasione della prima, gli attori non sono stati soli. Con loro i ragazzi di terza F del Liceo Classico Paolo Sarpi. Gli studenti sono stati protagonisti di un’emozionante alternanza scuola lavoro. Da traduttori di testi in greco e latino, si sono trasformati in addetti ai lavori dello spettacolo. Con grande professionalità hanno creato il libretto di sala, fatto interviste, gestito i social, aspetto oramai fondamentale per la promozione degli eventi. Hanno vissuto il teatro a 360 gradi, vivendo le giornate con attori, registi, tour manager e ogni professionista.

“Simpatizzo per Antigone – mi dice Bianca, 16 anni – può sembrare scontato, ma non lo è. Antigone non è una semplice ragazza ribelle, è da considerare un’eroina, la donna emancipata per eccellenza”.

A questo punto sarà il pubblico, la piccola polis del teatro, a dover esprimere il proprio parere. Se voi foste giudici di un ipotetico processo ad Antigone, la condannereste o l’assolvereste? Cosa prevale tra legge scritta e legge non scritta? Si può giustificare un gesto nato da pietas anche se contrario ai dettami del re?

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