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L’intervista

Ritirò la squadra dopo gli insulti razzisti, Igor Trocchia: “Grazie Mattarella, ma non sono un eroe” video

L’allenatore delle giovanili del Pontisola racconta in questa intervista la vicenda che lo ha visto protagonista lo scorso 1 maggio e che nelle prossime settimane lo porterà al Quirinale per esser decorato con l’Ordine al merito della Repubblica Italiana dal presidente Sergio Mattarella

Non si sente un eroe Igor Trocchia, l’allenatore delle giovanili del Pontisola che lo scorso Primo Maggio ha ritirato la propria squadra da un torneo in corso a Rozzano a seguito di alcune offese razziste rivolte ad un suo giocatore. Non si sente un eroe perché per Igor quella era la decisione logica e corretta da assumere in quel momento.

Una decisione invece non così ovvia e scontata, che non è passata inosservata agli occhi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il qualeha deciso di inserire Igor Trocchia fra i trentacinque italiani decorati con l’Ordine al merito della Repubblica Italiana, una decisione che l’allenatore bergamasco ripercorre in questa intervista.

Igor Trocchia, cosa è successo quel giorno ?

“Alla conclusione della terza delle quattro partite da disputare quella mattina, uno dei miei ragazzi, Yassine, non ha accettato di batter la mano ad un avversario che si era avvicinato per salutarlo e chiedergli scusa. Questa cosa mi ha incuriosito per cui sono andato a richiamarlo e così, pensando si trattasse di un fallo o di qualcosa inerente al campo, gli ho spiegato come, concluso il match, una vicenda di quel genere si dovesse chiudere lì. Yassine si è fatto sgridare e non mi ha raccontato nulla: a illustrarmi quanto davvero accaduto è stato invece un compagno di squadra che mi ha rivelato che un avversario l’aveva chiamato ‘negro di merda’. A quel punto sono andato dal ragazzino interessato, gli ho fatto una ramanzina da padre e l’ho portato dal suo allenatore, ma quest’ultimo, invece di intervenire, ha iniziato a minimizzare l’accaduto. Nel frattempo Yassine, capito che lo stavo difendendo, ha iniziato a piangere. Vista la situazione ho deciso di riunire la squadra negli spogliatoi e di chiedere loro di andarcene dal torneo, una proposta che ha visto l’approvazione dei ragazzi e che è stata ribadita dai giovani giocatori anche di fronte al presidente e al direttore della squadra avversaria i quali, dopo aver appreso del nostro ritiro, hanno cercato di convincerci a rimanere. In conclusione ho avvertito i genitori dei miei ragazzi della decisione e ce ne siamo andati”.

Quando ha comunicato il ritiro ai ragazzi, qual è stata la reazione di Yassine ?

“Ho visto nei suoi occhi la gioia di esser parte di un gruppo anche perché, al di là di tutto, il messaggio che volevo trasmettere era quello che noi siamo una squadra e che se lui non si stava divertendo a causa di un’offesa, non ci saremmo divertiti nemmeno noi. Mentre prendevo questa decisione avevo il timore che alcuni ragazzini, che quella mattina avevano disputato soltanto una partita, mi chiedessero di poter giocare almeno l’ultimo match prima di lasciare il torneo, tuttavia nei loro occhi ho letto semplicemente la voglia di andarsene”.

Nessuno le ha mai chiesto il perché di questa decisione ?

“Qualcuno sì, soprattutto perché, non al corrente della dinamica, credeva che si trattasse di una questione fra ragazzini, ma in realtà non è così, anche perché un episodio di questo genere era già capitato con il Pavia. In quel caso allenatore e responsabili della squadra si erano scusati e avevano avvertito prontamente i genitori del ragazzo interessato, motivo per cui avevo riconosciuto in loro persone che avevano compreso la situazione e dotate di una certa sensibilità rispetto all’argomento. Questa volta mi è apparso il contrario e per questo motivo ho deciso di ritirare la squadra dal torneo. Qualcuno mi ha chiesto perché me ne fossi andato e a loro ho risposto che, se al posto di Yassine, avessi avuto io dodici anni e mi fossero state rivolte offese di quel genere, di certo non sarei rimasto lì a giocare”.

Se dovesse tornare indietro, prenderebbe un’altra volta la stessa decisione ?

“Sicuramente, anche perché gli attestati di stima a livello nazionale che ho ricevuto in questi mesi hanno rafforzato in me la convinzione di quanto ho fatto. Non ho mai avuto dubbi al riguardo, però se prima ero sicuro, ora ne sono sicurissimo”.

Valutando l’offesa rivolta al suo giocatore, ritiene che questa possa esser frutto dell’influenza proveniente dal mondo degli adulti ?

“Ne sono certo perché a quell’età i ragazzi non hanno la capacità di rielaborare un pensiero così cattivo”.

Diversi organi di stampa l’hanno definita un eroe. Lei si sente un eroe ?

“Assolutamente no, perché eroe è quel carabiniere che si è gettato in mezzo al fuoco a Bologna e ha messo a repentaglio la propria vita per salvare gli altri”.

Negli ultimi anni il calcio italiano è stato oggetto di svariati casi di razzismo, ultimo in ordine di tempo quello che ha colpito Kalidou Koulibaly durante il match Inter – Napoli. Come è possibile contrastare questo fenomeno?

“È necessario che gli attori principali, come allenatori e giocatori, si adoperino per aver un po’ più di coraggio per combatterlo. Comprendo che vi siano degli interessi, però ritengo che una persona come Koulibaly abbia raggiunto una forza economica tale da permettergli di fermarsi e, al di là delle squalifiche Fifa o del possibile decurtazione di stipendi, possa far valere quello che è intimamente il suo stato d’animo. Penso che se non ci riescono le istituzioni, sia compito dei protagonisti intervenire e per questo motivo ritengo che Ancelotti sia stato l’unico ad aver parlato prima da uomo che da allenatore”.

Facendo un passo indietro nella sua storia personale, dopo aver trascorso la sua infanzia a Napoli, si è trasferito a Bergamo a dodici anni. Com’è stato affrontare la propria adolescenza in una nuova città ?

“Anche se sono di colore bianco, all’epoca ero additato come il diverso perché avevo un accento strano, perché avevo un modo di parlare originale e perché venivo da una realtà completamente differente da questa. Per questi motivi ho ricevuto offese come quella di esser chiamato ‘terrone’, offese che prima ho vissuto male, ma che grazie allo sport e al calcio sono riuscito a superare”.

Passando al presidente della Repubblica Mattarella, si sarebbe aspettato di ricevere un’onorificenza così importante ?

“Assolutamente no, anzi, benchè sia stato premiato da un’istituzione come le Fiamme Gialle, per un certo periodo ho vissuto il timore di esser preso in giro da chi la pensava diversamente da me e che in quel momento mi considerava un protagonista, senza comprendere come quello non fosse il momento dei protagonismi, ma di dare un segnale importante. Ho la fortuna di avere delle competenze pedagogiche oltre a quelle sportive, per cui quella era l’occasione giusta per far capire ai ragazzi come, sia in campo che fuori, debbano esser perseguiti i principi sia etico – morali che sportivi”.

Cosa ha pensato quando ha ricevuto la telefonata dal Quirinale ?

“Pensavo che si trattasse di uno scherzo di alcuni miei ex compagni di squadra, tant’è che ho chiesto due o tre volte alla segretaria del Quirinale se tutto ciò fosse vero. La stessa ad un certo punto mi ha ripetuto per l’ennesima volta che non si trattava di uno scherzo e ha aggiunto di non divulgare la notizia poiché di lì a poco questa sarebbe stata comunicata tramite un’agenzia Ansa. A quel punto non ho potuto far altro che crederle”.

Se avesse l’occasione di parlare con il presidente della Repubblica, cosa gli vorrebbe dire ?

“Ci sto pensando in questi giorni, anche se ne ho ancora la più pallida idea. Credo che mi farò guidare dall’istinto come ho fatto in quel giorno e ascolterò ciò che lui avrà da dirmi”.

Durante la sua carriera calcistica, nonostante abbia siglato più di trecento gol, ha sempre militato in squadre dilettantistiche. Perché non ha scelto di seguire la via del professionismo ?

“Probabilmente non ero pronto a livello emotivo per fare il calciatore, perché quando sono salito di categoria mi sono accordo che per esser un atleta a tutto tondo era necessario dare di più in alcuni aspetti, ma questa cosa l’ho capita dopo”.

In conclusione qual è il messaggio che Igor Trocchia vuole lanciare ai lettori di Bergamonews ?

“Ciò che ho capito in questi giorni è che qualsiasi ragazzo a cui è affidato un ruolo così importante e delicato come quello di far l’allenatore di ragazzini, nel suo piccolo può cambiare qualcosa. Per questo motivo consiglio di non usare i ragazzini per la propria ambizione, ma di pensare alla loro crescita”.

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