• Abbonati
Al teatro sociale

“Da questa parte del mare” c’è l’umanità di Gianmaria Testa e Giuseppe Cederna video

Quando le luci si riaccendono, ti accorgi che anche gli altri hanno gli occhi lucidi e arrossati: sono gli spettacoli che prendono il cuore, e anche lo stomaco

A volte capita di andare a teatro e di essere completamente coinvolti dallo spettacolo. Sei seduto sulla comoda poltrona, il riscaldamento è acceso, ti senti a casa. Per un attimo, perdi la cognizione della realtà e inizi a provare le stesse emozioni dei protagonisti sul palco. Prima ancora che te ne accorga, stai piangendo. La platea è in religioso silenzio, si sente ogni respiro dell’attore in scena. Quando le luci si riaccendono, ti accorgi che anche gli altri hanno gli occhi lucidi e arrossati.

Questi sono gli spettacoli che prendono il cuore, e anche lo stomaco. Come quello presentato nella serata di giovedì 20 dicembre al Teatro Sociale di Bergamo per la rassegna “Altri percorsi”. Sul palco, Giuseppe Cederna, attore, guidato dalla regia di Giorgio Gallione. “Da questa parte del mare” non è solo una rappresentazione: prima è stato un concept album, poi un libro. Un insieme di storie che Gianmaria Testa, cantautore cuneese, ha sentito il bisogno di raccontare con musica e parole prima di lasciarci per sempre. Stroncato da un tumore a soli 57 anni, Gianmaria sapeva benissimo che non aveva molto tempo. “Purtroppo non ce l’ha fatta a vedere il suo libro – spiega Cederna – lo abbiamo presentato noi, io e la moglie Paola, alla gente. Cosi è nato lo spettacolo. Come me, Gianmaria amava il Mediterraneo. Ne era affascinato. Ha sentito il bisogno di raccontare le storie di chi ha dovuto attraversalo per scampare a morte, fame e miseri. I migranti”.

Per una sera il palco del Sociale si è trasformato nel Mare Mediterraneo, culla delle grandi civiltà, cuore della nostra Europa, quella stessa Europa che è stata – ingiustificatamente – cieca a molti gridi di aiuto. Senza questo prezioso mare, l’Occidente non sarebbe quello che è adesso.

Su questa terra, si sa, siamo solo di passaggio. Sulle lapidi siamo soliti scrivere nome e cognome, data di nascita, un modo per dire ai posteri “anche io ho fatto parte di mondo”. Ma non tutti hanno questo privilegio. Sull’isola di Lampedusa, piccolo gioiello della natura, conosciuta al mondo come la “porta d’Europa”, c’è un piccolo cimitero. Tra una Lapide e l’altra si trovano delle sepolture di fortuna. A segnalarle una pietra con una scritta in carboncino “323”, “127”, “ragazzo di circa vent’anni di probabile origine”, “questa donna portava in grembo un bambino”. Non c’è nessun nome, nessuna data, nessuna frase commemorativa. Sono morti senza identità.

Sul palco del Sociale Cederna è stato intenso e vero: ogni parola pronunciata erano sentite dal profondo. Un senso reale di umanità che lega l’attore a Gianmaria Testa, che è stato sempre presente in scena, grazie alle sue musiche. Insieme hanno raccontato tante storie: chi ce l’ha fatta e chi purtroppo no. Sono storie di morte, di realtà al limite del pensabile, ma anche di speranza e di amore.

Di questi tempi si parla di migrazione in lungo e in largo. E noi occidentali in questo abbiamo dato il peggio di noi stessi. Se ne parla tanto, anzi tantissimo, ma evidentemente non è abbastanza perché ancora non siamo riusciti a sconfiggere il sentimento di paura che ci rende vili e disumani. La paura, una grande carogna che si insinua peggio della zizzania, ci ha in pugno. Ecco perché abbiamo ancora bisogno delle canzoni di Gianmaria Testa. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci racconti storie, in modo crudo, e che ci ricordi che un tempo anche noi italiani siamo stati migranti.

Forse non tutti conoscono la storia di quelle ragazze che scampate per miracolo alla morte, nel nostro paese, si ritrovano a prostituirsi perché è l’unica strada percorribile. Anche altri si sono salvati. Un ragazzo, soccorso sulle coste di Lampedusa, è stato fatto rifocillare dagli agenti. Evidentemente non mangiava da giorni. Dopo pochi secondi, inizia a chiedere insistentemente come fare per arrivare a Parigi. “Che treno devo prendere per arrivare in Francia?”. Ma come spiegargli che dovrà attraversare un altro pezzo di mare?

Poi c’è Tino Chica, un uomo che ce l’ha fatta: non solo si è salvato, ma ha trovato un lavoro, ha partecipato alle riunioni sindacali e alla fine è anche diventato italiano. Ma Tino Chica non si è mai sentito a casa ed è voluto tornare a Lampedusa. In quell’isola vive Costantino, un uomo del Mediterraneo. Lui di persone ne ha salvate tante, trascinandole fuori dall’acqua. Ma le sue mani hanno sollevato corpi privi di vita, anche di bambini. Queste cose che non si dimenticano.

Quanto poco conosciamo e quanto ancora dobbiamo conoscere. Perché nessun uomo dotato di ragione lascerebbe la propria casa, se non fosse la casa stessa a gridargli di farlo. Nessuna madre metterebbe i propri figli su un barcone se non fosse costretta a farlo. È ora di capirlo.

(Foto Marco Caselli Nirman)

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI