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Assemblea confindustria

Scaglia contro il Governo: “No all’anticipo pensionistico, ma soprattutto No al clima di intolleranza”

Toni duri del presidente di Confindustria Bergamo all'assemblea degli imprenditori circa le scelte del governo

Pubblichiamo l’intervento di Stefano Scaglia, presidente di Confindustria Bergamo, all’assemblea di mercoledì 23 ottobre in un hangar dell’aeroporto di Milano-Bergamo.

Autorità, signore e signori, cari colleghi

Porgo il benvenuto a tutti voi e vi ringrazio per la vostra presenza. Ringrazio in particolar modo Sacbo e il suo Presidente Roberto Bruni per l’ospitalità di oggi.

Abbiamo voluto proporre questa sede, sia perché ci piace ritrovarci, da imprenditori, in un luogo dove si lavora e si genera valore; ma anche perché vogliamo riconoscere a questa infrastruttura il ruolo fondamentale che ha svolto nella crescita delle nostre imprese e del nostro territorio. E vogliamo, così facendo, contribuire al riconoscimento del suo valore che riteniamo debba doverosamente essere condiviso da tutta la comunità bergamasca. Siamo qui per ragioni concrete e sostanziali, non simboliche o semplicemente di bandiera e per sottolineare che la collaborazione tra i responsabili delle principali infrastrutture ed il mondo dell’impresa è decisiva per il presente e per il futuro del nostro territorio.

Il tema che abbiamo individuato per la nostra Assemblea è “Connessi verso il futuro. Bergamo modello di attrattività e di competitività”.

L’anno scorso avevamo messo l’enfasi sulla centralità della persona all’interno dei processi di innovazione. A questa impostazione, che confermiamo, vogliamo aggiungere un elemento. Se le persone, le imprese, le stesse comunità, non sono aperte e connesse virtuosamente tra loro, e con il resto del mondo, non possono dispiegare appieno il proprio potenziale di crescita e sviluppo. In un momento storico in cui assistiamo all’emergere di nazionalismi, egoismi ed individualismi, che ci riportano alle vicende di epoche nemmeno tanto remote, noi ribadiamo che una visione rivolta al futuro chiede apertura, scambio e confronti verso l’esterno, a tutti i livelli.

Aperture e connessioni che devono partire però da una forte coscienza dei propri valori e principi fondanti. È per questo che, nel celebrare – all’interno del titolo della nostra assemblea – la competitività e attrattività del nostro territorio, abbiamo usato la parola ‘modello’. Siamo infatti convinti che vi siano tratti distintivi e valori che hanno caratterizzato il percorso di sviluppo a Bergamo e che ci hanno consentito di raggiungere straordinari risultati.  Vogliamo oggi sottolinearli e metterli a fondamento della nostra visione di sviluppo futuro.

Oggi possiamo dire che, rispetto ad un anno fa, i fondamentali della nostra economia sono ulteriormente migliorati.

La produzione industriale continua la serie positiva di crescita che dura dal 2013, con 20 trimestri a segno positivo su 21. Bergamo è cresciuta del 23% rispetto al punto di minimo toccato nel 2009 ed ha realizzato negli ultimi 6 anni una perfomance nettamente superiore alla media del Paese. Le conseguenze di queste prestazioni economiche si avvertono anche sul mercato del lavoro. Nel 2017 Istat ci ha classificati come la seconda provincia in Italia, con la più bassa disoccupazione: siamo al 4,2% complessivo, al 3,6% per la sola componente maschile e al 14,1% per quella dei giovani tra 15 e 24 anni.

Voglio anche per questo indicatore ricordare la differenza con la media del Paese, che vede la disoccupazione in calo, ma ancora al 10,7% e quella giovanile ferma ad un preoccupante 31,6%. Questo divario, che pure è fonte di orgoglio per Bergamo, non può non preoccuparci. È segnale di perdurante difficoltà di molte aree del Paese. Siamo consapevoli che ha e avrà riflessi sul nostro territorio e, responsabilmente, non possiamo trascurarlo. Il problema del Mezzogiorno rimane cronico e la manovra di bilancio di questo Governo non contiene alcuna idea o progetto per il suo sviluppo. Gli ottimi risultati realizzati sono stati trainati da un robusto trend delle nostre esportazioni, con incoraggianti previsioni anche per i prossimi anni.

Il dato dell’export mette in evidenza il posizionamento delle nostre imprese nella aperta competizione internazionale. In particolare, le crescenti quote di mercato guadagnate dal manifatturiero bergamasco nei paesi dell’area euro, cioè nei paesi dove a parità di valuta si misurano i veri valori competitivi, ne certificano la forza. Possiamo dire,  dati alla mano, che le nostre imprese hanno dimostrato grande capacità di miglioramento dell’efficienza dei propri processi e della qualità dei propri prodotti. Non sono certo l’uscita dall’euro e le svalutazioni competitive delle epoche passate la ricetta per la competitività, effimera scorciatoia sostenuta da qualche nostalgico economista, ora anche membro autorevole del nostro Governo e delle nostre istituzioni. Altra caratteristica della nostra economia è che il valore aggiunto della nostra provincia è trainato dal settore industriale.

Se guardiamo ai territori europei secondo la classificazione Eurostat, e ci concentriamo su quelli industriali, nei quali cioè sia l’occupazione che il valore aggiunto dell’industria superano il 25% del totale, Bergamo, occupa la quarta posizione, e può a pieno titolo essere definita una «manifattura d’Europa».

L’importanza di questa caratteristica si ripercuote sugli altri settori, stante l’effetto moltiplicatore. Il Centro Studi Confindustria ha stimato che ogni aumento di 1 euro nella produzione manifatturiera trascini un aumento di 1,83 euro nella produzione complessiva dell’intera economia, un valore di moltiplica ben superiore a quello di tutti gli altri comparti.
Guardando al futuro, non mancano però a livello macroeconomico nazionale e internazionale i segnali di decelerazione del ciclo congiunturale. Le aspettative di calo della crescita espresse dagli istituti nazionali ed internazionali, nonché dal nostro Centro Studi, trovano qualche prima conferma in alcune delle nostre imprese e in qualche categoria merceologica specificamente.
L’incertezza politica interna, le guerre commerciali e anche il venir meno della campagna di investimenti favorita dal programma industria 4,0 avranno indubbiamente influenza. Nei prossimi trimestri è ragionevole aspettarsi anche a Bergamo un cambio di velocità, pur sempre rimanendo in un percorso di crescita positiva.

Perché abbiamo questi risultati? Da dove viene il valore del nostro modello?

Industria, labore et frugalitate”: secondo i rapporti che venivano trasmessi nei secoli scorsi alla Serenissima, queste erano le chiavi del benessere di Bergamo. Una società povera di risorse ma assai ricca di intraprendente capitale umano. Nel DNA del modello bergamasco la cultura del lavoro occupa una posizione centrale; e, simmetrica all’operosità delle persone, è la propensione all’imprenditorialità. Altro ingrediente è l’apertura. So che per antonomasia i Bergamaschi non sono percepiti così, eppure possiamo leggere alcuni segnali di questo carattere.

Uno è certamente l’apertura a nuove idee e tecnologie con la capacità di leggere le evoluzioni e di adattarsi ai nuovi scenari, cogliendone le opportunità. L’innovazione è anche nei modelli. Intellimech, il consorzio di ricerca meccatronica che vanta ormai oltre 30 imprese partecipanti, ha stabilito un cambio di paradigma nei modelli della ricerca e del trasferimento tecnologico; è un luogo in cui si è sperimentato e messo a punto un proficuo modello di collaborazione tra imprese e università.

Nel modello Bergamo c’è senz’altro la capacità di costruire partnership stabili, facendo della collaborazione di filiera il driver dello sviluppo. Non solo le imprese hanno intessuto tra loro intensi rapporti di scambio e fornitura, ma, sempre più diffusamente, presidiano le catene globali del valore, aprendo unità commerciali e produttive all’estero. Oltre il 4% delle imprese bergamasche possiedono sedi estere, solo Milano ne conta un numero superiore. Simmetricamente alla conquista dei mercati internazionali, siamo stati capaci di attrarre investimenti e offrire condizione favorevoli di insediamento. Il 10% degli investimenti esteri in Lombardia sono a Bergamo.

Se queste sono le caratteristiche, la ragione di fondo del successo del nostro modello è avere avuto un obiettivo condiviso, magari non esplicitato, ma che guidava in maniera coordinata le scelte d’imprese e istituzioni: creare e tutelare il lavoro.

assemblea confindustria 2018

«Chèl lé a’l laùra» è sempre stato l’universale giudizio di merito verso una persona, indipendentemente da genere, razza o religione. A concorrere al raggiungimento del successo del nostro modello ha contribuito spesso, in maniera determinante, l’intuizione e lo spirito di servizio verso la comunità di eccellenti individualità o gruppi di persone, promotori di importanti iniziative, come la nascita dell’Università, della Fiera e lo sviluppo dell’aeroporto, o la promozione dei parchi tecnologici. Oggi, conquistati importanti risultati sul fronte dell’obiettivo ‘lavoro’, con il
crescere della complessità della società, si sono affacciate ulteriori esigenze che lo affiancano o lo superano.

Gli obiettivi ora sono più variegati, complessi e, purtroppo, anche in contraddizione con lo sviluppo industriale; in un numero crescente di casi la capacità di accogliere investimenti sta venendo meno, le nuove iniziative sono percepite non come fonte di lavoro e opportunità di sviluppo, ma come fonte di disagio per il quale chiedere ampia preventiva compensazione. O a motivo del
quale impedirne la realizzazione. Questa attitudine rischia di minare il nostro modello di sviluppo.

Il sorgere di nuovi, molteplici obiettivi e aspirazioni ha indebolito quel coordinamento spontaneo che hanno sempre avuto le azioni dei vari attori del territorio. In più, nella complessità attuale, le intuizioni individuali restano importanti ma non sono più sufficienti. Occorre pertanto una riflessione che inserisca un pensiero strategico, una visione sistemica a partire dalla quale possiamo derivare nuovi obiettivi condivisi che guidino le scelte e determinino le priorità dei prossimi anni.

In sostanza, dobbiamo concordare come ci immaginiamo il nostro territorio tra 15 anni e da dove verrà il nostro benessere e la nostra crescita. Parlo di crescita perché a questa non vi è alternativa, rifiutiamo qualsiasi proposta di decrescita, la quale non può esser altro che infelice. Passi avanti nell’esercizio di condivisione sono stati fatti con il “patto per lo sviluppo” siglato in Camera di Commercio. Il presidente Malvestiti ha lodevolmente intensificato i lavori nei mesi scorsi trovando la collaborazione di tutti i partecipanti con il risultato di individuare una lista di azioni.

Questa ha un grande valore, ma per procedere alla scelta delle priorità da assegnare, occorre ora alzare lo sguardo e confrontarci su ciò che vogliamo essere nel futuro.

Lavoro, imprenditoria, industria, apertura, innovazione, esportazioni, investimenti: è su queste caratteristiche del nostro modello di sviluppo che abbiamo esplicitato una nostra visione per Bergamo. Un territorio a vocazione industriale che tende al manifatturiero avanzato con forte integrazione con i servizi tecnologici e predisposto alla internazionalizzazione. Avere questa visione ci ha chiarito le priorità, ci ha orientato nelle scelte e ci ha guidato nel dialogo con i soggetti del territorio.

Sulla base di essa, abbiamo chiuso accordi con le organizzazioni sindacali, elaborato una nostra posizione sul tema delle infrastrutture, svolto le nostre osservazioni sul Piano Territoriale di Coordinamento promosso dalla Provincia. In questo Piano, presentato a Luglio, avevamo ravvisato una non corretta percezione dei fondamentali del nostro sistema industriale, descritto come, e vi cito testualmente: “una industria specializzata in produzioni dal basso valore aggiunto pro-capite, ovvero con produzioni poco innovative, poco specializzate e dunque poco competitive e poco resistenti alle sfide della crisi”. In questo Piano, abbiamo anche rilevato la presenza di prescrizioni che potrebbero, a nostro parere, limitare le possibilità di sviluppo. Su questo, continueremo il dialogo anche con la futura amministrazione che verrà eletta il 31 ottobre.

A partire dalla nostra vision, desideriamo ora un confronto con gli altri protagonisti. Con tutti abbiamo un dialogo aperto, franco ma sempre collaborativo e leale. Esprimo soddisfazione per i contatti che si stanno intensificando con le altre associazioni, e di questo ringrazio il presidente di Imprese e Territorio Alberto Brivio e tutti gli altri colleghi. Molto resta da fare e su questo ci impegneremo perché riteniamo essenziale ritrovare condivisione su un nuovo insieme di obiettivi per continuare il cammino di successo.

La visione condivisa ci rafforzerà e ci aiuterà ad affrontare la sfida del futuro, per vincere la quale essere aperti e connessi con il resto del mondo è una necessità. Non possiamo essere autoriferiti e chiusi su noi stessi: né come impresa, né come comunità, né come Paese.

Siamo un nodo di un sistema ampio e complesso e dobbiamo lavorare perché da questo nodo, da Bergamo, si originino, giungano e transitino un numero crescente di persone, idee, merci, dati e informazioni. E se la sfida per creare futuro è essere connessi, le infrastrutture sono il mezzo indispensabile.

A partire dall’importanza crescente di quelle immateriali, strumento essenziale per lo scambio di dati e informazioni, ma sulle quali scontiamo un cronico ritardo. In Italia il 52% della popolazione ha accesso alla banda 30Mbit contro una media europea dell’80%. Sappiamo bene quanto sia importante per le nostre imprese la sfida della digitalizzazione. Il Digital Innovation Hub di Bergamo, in coordinamento con quello lombardo, sta lavorando intensamente a fianco delle imprese bergamasche e delle filiere per essere da guida in questo percorso.

A livello nazionale, preoccupa la sorte del programma straordinario Agenda Digitale. Il peso della burocrazia sui cittadini e sulle imprese è da tutti riconosciuto come una zavorra alla competitività. Il team, guidato da Diego Piacentini, ha contribuito in maniera significativa all’ammodernamento e alla digitalizzazione dei processi della Pubblica Amministrazione. A breve terminerà il suo incarico, e non sembrano esservi le premesse – politiche, operative e di budget – perché l’Agenzia Italiana per il Digitale possa continuare ad operare efficacemente, rallentando nuovamente il cammino verso una Pubblica Amministrazione più efficiente.

Attendiamo anche di capire le intenzioni del governo sul fronte della semplificazione, tema che sembra accantonato e più nemmeno citato. Forse perché è lavoro faticoso, silenzioso e che non ha l’effetto mediatico e di raccolta di facile consenso rispetto ad altri provvedimenti di maggiore fascino comunicativo cui invece molte risorse sono state dedicate.

Il 40% del PIL globale e il 25% della crescita, dipendono dalla circolazione internazionale di beni, servizi, capitali. Le infrastrutture materiali sono un fattore cruciale di sviluppo.

Vediamo con estrema preoccupazione la contraddizione tra gli annunci roboanti del Governo di un ‘piano Marshall per le infrastrutture’, e il blocco dei cantieri aperti e degli investimenti in nuove infrastrutture, che sono uno dei driver fondamentali di crescita di ogni Paese. Parlo non solo di investimenti strategici sul nuovo, ma anche di manutenzione programmata dell’esistente.

Emblematico il caso dei trasporti eccezionali, che non ha ancora trovato una sistemazione politica e amministrativa dopo il crollo del ponte di Annone nell’autunno del 2016. Sono passati due anni e nulla è cambiato, anzi, se possibile è peggiorato. Un nostro associato, pochi giorni fa, ci ha scritto queste parole che cito testualmente: “Se già è difficile spiegare al cliente i crolli di ponti, onestamente non saprei che parole usare per dire che abbiamo un ponte che non appartiene a nessuno per cui nessuno può rilasciare i permessi di transito”. Ringrazio Regione Lombardia che si è attivata per un coordinamento tra gli enti al fine di giungere ad una soluzione del caso specifico.

Ci interroghiamo spesso su come sia possibile che i tanti sforzi che facciamo nelle nostre imprese per aumentarne la produttività, non trovino riflesso nelle statistiche. La risposta sta nella situazione in cui ci troviamo ad operare, nelle condizioni che incontriamo fuori dai cancelli delle nostre fabbriche. Confindustria Bergamo, sul tema dei trasporti eccezionali. ha consegnato alle istituzioni e parlamentari bergamaschi uno studio che individua possibili corridoi dedicati per questo genere di spedizioni, così da incanalare le produzioni dell’intero Nord Ovest che devono raggiungere Porto Marghera.

Confidiamo in una rapida soluzione e, in coordinamento con Confindustria Lombardia, continueremo ad operarci per questo. La situazione della provincia si è aggravata con la chiusura per motivi precauzionali del ponte viario e ferroviario di Calusco, tra Bergamo e Lecco. Purtroppo, si aprono nuovi fronti, senza che nessuno se ne chiuda.

A supporto della realizzazione della nostra vision, abbiamo elaborato e consegnato alle istituzioni come contributo di idee, lo studio di un piano di sviluppo delle infrastrutture del territorio. I principi fondanti sono quelli di garantire la connessione di parti del territorio che rischiano la marginalizzazione e consentire l’apertura della provincia verso le grandi infrastrutture di collegamento con il mondo esterno, indicando le priorità in base al minor costo, rapidità di realizzazione e alto impatto.

Abbiamo individuato come porte di comunicazione verso e dal mondo esterno:
 Aeroporto
 Collegamento ferroviario Orio-BG-MI
 A4 e Autostrada pedemontana lombarda
 Brebemi e Alta velocità ferroviaria

All’interno del territorio, riteniamo fondamentale la costruzione o il potenziamento delle connessioni nord-sud, tra le valli e il capoluogo, e tra il capoluogo e la pianura. Occorre evitare una stratificazione est-ovest, con le valli isolate e marginalizzate, un capoluogo che rischia l’esclusione dallo sviluppo innescato da Brebemi e TAV, e la pianura sempre più connessa a Milano da una parte e Brescia dall’altra.

Sarebbe un grave rischio di perdita di coesione territoriale, che metterebbe in pericolo in particolare le valli e le zone montane già fortemente penalizzate. Su questo disegno, discuteremo all’interno dei tavoli camerali con l’obiettivo di raggiungere la definizione di un piano condiviso di sviluppo. Ruolo importante in questa visione lo riveste il nostro aeroporto. Abbiamo
sentito dal prof. Paleari importanza che ha avuto e che potrà avere per la nostra crescita. Da componenti responsabili di questa comunità dobbiamo avere ben presente il valore di questo asset, anche in eventuali discussioni di alleanze. Crediamo che la strategia di rafforzamento del nostro aeroporto debba senz’altro puntare sul migliore collegamento dell’infrastruttura con la città di Bergamo e con Milano, tramite ferrovia certamente, ma migliorando anche l’accessibilità stradale, in particolare per le provenienze da est.

L’altra sfida è quella della crescita qualitativa dei collegamenti. Il volo su Roma senz’altro va in questa direzione, consentendo l’accesso tramite l’hub di Fiumicino alle destinazioni intercontinentali.

Obiettivo del rafforzamento delle connessioni è senz’altro la circolazione delle merci, ma anche e soprattutto delle persone, portatori di competenze e di idee e vero motore dello sviluppo. Oggi, per le imprese bergamasche, uno dei problemi di fondo è la difficoltà di reperire profili professionali che accompagnino la loro crescita.

Il 25% delle imprese denuncia difficoltà di reclutamento sia in quantità che in qualità. Situazione destinata ad acuirsi poiché le previsioni dicono che nei prossimi anni i posti di lavoro cresceranno a ritmo doppio della popolazione attiva. Confindustria Bergamo su questo tema non è ferma. Ricordo in particolare l’attivazione, insieme con Experis e Kilometro Rosso, della Smart Academy per la formazione e riconversione professionale, a partire dai fabbisogni delle imprese.

Ci confrontiamo continuamente con i sindacati sulla formazione continua e sulle misure di welfare per favorire la crescita delle competenze e la qualità dei posti di lavoro. Sappiamo bene che una delle sfide cruciali oggi per la nostra società è vincere le diseguaglianze, che determinano crescente divario tra cittadini e tra imprese, tra coloro che sono inclusi nel processo di sviluppo e coloro che ne stanno a margine. Con senso di responsabilità sociale, lontano dai riflettori, gli imprenditori e le imprese da sempre si adoperano intensamente in attività a vantaggio del proprio territorio e della propria comunità.

Confindustria Bergamo, il Comune e la Diocesi di Bergamo, hanno annunciato settimana scorsa il progetto ‘Accademia dell’integrazione’, un percorso innovativo e rigoroso della durata di 12 mesi per l’integrazione linguistica, civica e professionale dei richiedenti asilo. Confindustria Bergamo indicherà profili professionali, contribuirà alla definizione del percorso formativo e dei tirocini in impresa e, terminato il percorso e ottenuto regolare permesso, si adopererà per la collocazione dei ragazzi nelle imprese.

La difficoltà di reclutamento non potrà che aumentare, a fronte della dinamica demografica, in base alla quale nel 2035 la popolazione residente in Regione Lombardia nella fascia 18-65 anni diminuirà di 150,000 unità e di ben 550,000 nel 2045, anno in cui gli over 65 aumenteranno di 1,180,000. La recente riforma del Governo, che prevede un anticipo pensionistico, non va certo a porre rimedio a questa tendenza, al contrario: non contribuisce alla creazione di nuovi posti di lavoro e, tramite la fiscalità generale, scarica in maniera irresponsabile i costi dei prepensionamenti sulla comunità e sui giovani in particolare.

L’anticipo pensionistico è una delle riforme cardine della recente manovra di bilancio; una somma di provvedimenti che rispondono a logiche e ideologie espresse dai due partiti di Governo, mancanti di coerenza e in taluni casi in contrasto tra loro. Ma, al di là del giudizio di merito sui provvedimenti, fortemente criticabili per la loro mancanza di prospettive di crescita e sviluppo e per un marcato orientamento all’assistenzialismo e alla crescita della spesa corrente, ciò che è più rimarchevole e preoccupante è il clima di aggressività e di intolleranza, le espressioni ed il linguaggio e il superamento del senso del limite, in una progressiva rincorsa alla esasperazione di toni e situazioni. In questa permanente campagna elettorale tra le due forze di governo, preoccupa ancor più la negazione delle competenze e della oggettività dei numeri, sulla base di ideologie e di una supposta conferita autorità popolare che tutto rende lecito. In nome di questa, si negano evidenze scientifiche, come per esempio nell’ondivago appoggio alla campagna NoVax, e si screditano, su qualsiasi tema, istituzioni, tecnici ed autorità indipendenti.

La ricerca del nemico, e esaurito questo, delle manine invisibili, e la sua indicazione alle masse, è il gioco ormai troppo evidente per la giustificazione di incapacità ed errori. In nome della ideologia del cambiamento, chiunque abbia avuto finora un ruolo nella costruzione di questo Paese, inclusa la nostra associazione ed i suoi imprenditori, è guardato con sospetto, portatore di chissà quali nascosti e magari non sempre leciti interessi e ostacolo da rimuovere di fronte al nuovo che avanza.

Esprimiamo la nostra stima e il nostro pieno appoggio al Presidente Mattarella, garante delle regole della nostra convivenza civile, più volte intervenuto per richiamare al rispetto delle prerogative di ogni organo del nostro ordinamento. Anche la costruzione europea viene attaccata con veemenza, senza una chiara proposta alternativa. In attesa di capire meglio cosa possa essere l’”Europa dei popoli e delle nazioni”, vorrei che ci ricordassimo del passato recente e citare ciò che disse nel 1995 il presidente Mitterrand al Parlamento europeo: “il nazionalismo è la guerra… e la guerra non è solo il nostro passato, può essere anche il nostro futuro”.

Io aggiungo: non diamo per scontato che ciò che abbiamo acquisito con il sacrificio delle generazioni precedenti, e un po’ anche nostro, sia per sempre; stiamo attenti a distruggere o, come oggi si dice con un certo senso di disprezzo, a ‘spazzare via’ senza avere una idea alternativa.

L’Europa è il nostro futuro. Oggi l’Italia ha una occasione storica. Con l’uscita della Gran Bretagna – passaggio peraltro che oggi la maggior parte dei suoi cittadini vorrebbe rivedere – il nostro Paese potrebbe giocare un ruolo decisivo, tra Francia e Germania, determinando le scelte future dell’Unione. Ma per fare questo occorrono capacità di proposta, autorevolezza e responsabilità, che non possono essere acquisite con atteggiamenti smodati e caratterizzati da facile populismo, che inducono i nostri partner a dubitare della nostra partecipazione e della nostra credibilità.

La politica, sia di governo e che di opposizione, non ci sta offrendo un modello di società, di economia, di Paese. Da parte della maggioranza, unica parola d’ordine è il cambiamento, ma non si capisce verso dove, quale la visione che ci viene proposta. Il cambiamento per il cambiamento non può essere il fine.

Dall’opposizione, al momento, non giunge proposta. Noi, uomini d’impresa e del fare, vogliamo proporre il nostro modello. Un modello che, riconoscendo le difficoltà, per affrontarle valorizza le competenze, la credibilità e la responsabilità, l’impegno personale ed il merito. Lavoro, imprenditoria, industria, apertura, innovazione, esportazioni, investimenti: sono i valori di noi imprenditori, che stanno alla base del modello Bergamo e sono ciò che noi proponiamo per la crescita del Paese e che opponiamo a chi vuole fare leva sulle paure proponendo come rimedio isolamento e l’assistenzialismo rinunciatario.

Noi sperimentiamo ogni giorno la sfida, non abbiamo e non vogliamo avere paura di aprirci al futuro. Il futuro per noi è opportunità, crescita, conquista.

Siamo abituati a osare e giocare sempre in attacco e non a chiuderci in difesa. Ci rifiutiamo di consegnare ai giovani, che sono qui presenti, e agli italiani l’immagine di un Paese senza futuro e senza opportunità, in cui prevale la negazione senza proposta alternativa, dove tutto è difficile e l’assistenza dello Stato l’unica possibilità.

Il dovere di una società responsabile, il nostro dovere di classe dirigente, è combattere le diseguaglianze, offrire a tutti un’opportunità, ma dobbiamo anche raccontare che il resto va poi guadagnato con lo studio, la preparazione, l’impegno personale ed il sacrificio, di cui occorre riscoprire il valore e senza il quale non può esistere soddisfazione personale o professionale.

È con questa fiducia nei risultati che derivano dalla competenza, dall’impegno e dalla caparbietà, che alziamo lo sguardo verso il futuro, che ciascuno di noi alza lo sguardo verso il futuro.

Noi continueremo a fare il nostro dovere, a investire e creare lavoro. Sappiamo fare il nostro mestiere e i risultati lo dimostrano. È con l’autorevolezza che da questi deriva e spinti dalla nostra responsabilità che esprimiamo le nostre idee e diamo le nostre proposte. Non temiamo il confronto e non ci sottrarremo. E continueremo sempre a dare il nostro contributo perché il nostro Paese vinca la sfida, procedendo insieme, con sguardo aperto e fiducioso, uniti e connessi verso il futuro.

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