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L'intervista

Il professor Pezzini: “Cari giovani l’Europa ci fa vivere nel salotto buono”

Antonello Pezzini è professore incaricato presso l'Università di Bergamo e da qualche decennio è consigliere–questore, rappresentante di Confindustria nel Comitato economico e sociale europeo. Tanti giovani hanno un'idea dell'Europa che nulla ha da spartire con la sua realtà e con la sua storia ed evoluzione fino ai giorni nostri.

Con l’umiltà che contraddistingue chi sa di aver ancora molte cose da apprendere, nonostante l’età e una buona scolarizzazione, resto a bocca aperta mentre ascolto narrare da Antonello Pezzini il racconto dell’Europa, di quella realtà che crediamo di conoscere ma della quale, spesso, abbiamo solo una visione superficiale. Antonello Pezzini è professore incaricato presso l’Università di Bergamo e da qualche decennio è consigliere–questore, rappresentante di Confindustria nel Comitato economico e sociale europeo.

Tanti giovani hanno un’idea dell’Europa che nulla ha da spartire con la sua realtà e con la sua storia ed evoluzione fino ai giorni nostri. Ho chiesto al professor Pezzini di parlare d’Europa come se si rivolgesse ad una platea di giovani. Con passione e competenza assoluta, inizia la sua narrazione.

Professore, come nasce l’idea di un’Europa unita e confederata e perché dopo la sua istituzione, oggi, tanti Italiani pensano che non serva a nulla?

È opportuno parlare di Europa, in questo momento nel quale stanno prevalendo in molte nazioni europee i sovranisti. Quando parliamo di sovranismo, parliamo di un concetto diverso rispetto al nazionalismo. Ad esempio, il nazionalismo è quello Inglese. L’Inghilterra decide di uscire dall’Unione Europea per un concetto di nazionalismo, mentre molte nazioni, oggi, ritengono utile restare all’interno dell’Unione Europea per prendere dall’Unione Europea le cose che ritengono positive, cercando invece di non adempiere agli obblighi che ci impone l’appartenenza all’Unione. Questo tipo di fenomeno che si è diffuso abbastanza, viene catalogato sotto il nome di sovranismo, cioè, siamo sovrani nella nostra nazione.

Qual è il problema?

Noi abbiamo creato l’Europa a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, dopo il 1945, soprattutto con Marshall, da cui prende il nome il piano di salvataggio dell’Italia. Questo generale americano che venne incaricato di aiutare l’Europa a rinascere, ci pose una condizione e disse: “Voi Europei avete combattuto sempre tra di voi, per secoli, continuamente, soprattutto per il contrasto che c’è sempre stato tra Francia e Germania. L’Inghilterra si è portata nei paesi orientali, ha aperto le grandi vie di navigazione verso India, Cina e altri nazioni, mentre voi Europei, Germania e Francia, già da quando, dopo la morte di Carlo Magno l’impero fu diviso tra i suoi figli, Lotario, Carlo il Calvo e Ludovico il germanico, avete lottato sempre tra di voi. Bene. Noi vi aiutiamo a ricostruire tutto se incominciate a mettervi insieme”. E allora si è iniziato a discutere di stendere un trattato dell’Unione Europea. Se ne discusse molto con il nostro ministro degli esteri
Martino, a Villa Igea, a Palermo, dove c’è una lapide che ricorda l’evento durante il quale, i sei paesi fondatori dell’Europa, Italia, Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Germania, misero sul tavolo un trattato che venne firmato nel 1957 e rappresentava l’inizio di questa Unione Europea.

Oltre che alla spinta di Marshall, quali altri motivi importanti hanno dato il via all’attuazione dell’idea di Europa Unita?

Il trattato partiva con una mentalità economica, quella di togliere i dazi doganali in Europa. Cercava, cioè, di far muovere i cittadini in Europa, tra i vari paesi, senza dazi. Era notevole questo discorso. Quando io avevo vent’anni, avrei voluto comprare una Volkswagen, perché mi piaceva ma, se avessi comprato quella macchina, avrei pagato il 50% in più di quello che costava in Germania, grazie al dazio doganale che l’Italia imponeva per evitare di far acquistare questa macchina tedesca agli Italiani. Questo dazio spingeva gli Italiani ad acquistare la Fiat, la Lancia o l’Alfa Romeo solo perché erano di produzione nazionale. Questo è il “protezionismo”. L’Europa ha superato tutto questo. I cittadini Europei si muovono in tutte le nazioni d’Europa, acquistano le automobili che vogliono in tutta Europa, senza avere dazi doganali. Ma L’Europa non è nata per germinazione spontanea. È il risultato di tutto un lavoro che si è fatto e che si è completato con l’apertura del mercato interno (e stiamo bene attenti perché noi non abbiamo ancora un mercato unico, abbiamo un mercato interno, all’interno quindi dei confini dell’Europa,) che si è aperto definitivamente il 1° gennaio del 1993. Quindi dal trattato di Roma del 1957, siamo arrivati a dare a tutti i cittadini europei la possibilità di portare ciò che vogliono all’interno dell’Europa, senza dazi doganali. Questo è il primo grande risultato che abbiamo dato ai cittadini Europei e questo traguardo va difeso.

Che cos’è il sovranismo e a cosa mira?

Il “sovranismo” è quello che dice: “Prendo dall’Europa quello che mi piace e non do in cambio quello che non voglio dare”. In Europa noi abbiamo diritti che sono sanciti dal trattato e dalla carta dei diritti fondamentali che è diventata parte del trattato di Lisbona, ed è la corte dei diritti di Strasburgo che vede se qualcuno deroga da questa carta dei diritti fondamentali e che non ha nulla a che vedere con a carta dei diritti di giustizia del Lussemburgo. Quest’ultima è utilizzata per dirimere le controversie tra gli stati o con l’unione Europea. Oggi i diritti sono uguali per tutti ma i doveri sono diversi. Noi vediamo il senso del dovere nel Pil (Prodotto Interno Lordo), nella distribuzione della ricchezza e nel modo di produrre la ricchezza in Europa. Bene. L’Italia, come noi sappiamo, è la nazione più indebitata in Europa. Il che vuol dire che l’Italia, per poter pagare i professori, i medici e le pensioni, cioè, quella che è l’attività pubblica, ha bisogno di dover prendere soldi ed emettere BOT e CCT, prendere soldi da investitori stranieri per il 35% e da investitori Italiani per pagare le spese correnti. Ci sono nazioni che non hanno un debito consistente come l’Italia. Quindi cosa succede; dal momento che noi viviamo in Europa, noi dobbiamo far sì che la credibilità dell’Europa che è una confederazione di stati, sia alta in tutti i paesi del mondo. Ma anche la finanza globale dell’Europa deve godere della stessa stima. Mi spiego con un esempio. In una famiglia in cui lavorano papà, mamma e due figli si mettono insieme i guadagni all’interno della famiglia stessa. Se uno di questi figli, ad un certo punto, dice che invece di lavorare a tempo pieno lavorerà a tempo parziale perché vuol riservare del tempo al divertimento, costui inizierà a portare a casa meno soldi. A questo figlio, poi, piace andare a ballare tutte le sere, cambiare la macchina di frequente e per fare questo utilizza i soldi della famiglia. È evidente che indebolisce il bilancio della famiglia e che viene meno ai suoi doveri. Questo è quello che succede in Europa.

Quindi l’Italia deve mettersi nell’ottica di ridurre il suo debito e di attuare politiche compatibili con questa tendenza?

Le nazioni grandi come l’Italia, (le grandi nazioni Europee sono 4: Inghilterra, Francia, Germania e Italia), con un numero di abitanti di sessanta milioni o più, hanno una ricchezza più consistente, mentre altre ne hanno meno. Ben 18 nazioni su 28, in Europa, hanno meno abitanti della Lombardia. Se piccole nazioni come Malta o come la Finlandia o come il Belgio avessero del debito pubblico, cosa che in realtà non hanno, questo debito poco inciderebbe sulla situazione generale europea. Il debito dell’Italia, al contrario, che produce 1.750.000,00 miliardi di PIL ed ammonta 2.220.000,00 miliardi, ha un peso rilevante all’interno della ricchezza europea. Questo debito, quindi, incide anche sulla ricchezza delle altre nazioni che compongono l’Europa. Le altre nazioni, allora, dicono all’Italia che si sta comportando come quel figlio che dissipa la propria ricchezza ed indebolisce la ricchezza della famiglia e che ha, quindi, l’obbligo di mettersi in riga o di andarsene fuori dall’Unione. Non può l’Italia indebolire l’Europa perché non sa o non vuole rispettare i suoi doveri. Nel momento in cui si è creata l’Europa, ci si è messi insieme per evitare le guerre e per crescere; dobbiamo conseguentemente rispettare anche i principi degli altri. Questo è l’obbligo che noi abbiamo.

Le forze politiche che attualmente governano l’Italia insistono per non allinearsi al principio che lei citava. Sostengono, inoltre, che l’Europa è più un pesante vincolo che un vantaggio. Che casa può dire in merito?

Noi otteniamo molto dall’Europa. L’Europa è un salotto buono, nel senso che in Europa ci sono Nazioni che sono molto più avanti di noi in diversi campi. Prendiamo, ad esempio, le energie rinnovabili. Se devo fare una direttiva e prendo ad esempio la 2009/28 sulle energie rinnovabili e vado a vedere qual è la situazione dell’Italia e quella della Svezia, vedo che l’Italia aveva il 5,7% di energie rinnovabili e solo l’uso di 320 tera-watt/ora in un anno. La Svezia, che produceva 160 tera-watt ora in un anno, produceva questo bene utilizzando il 42% di energie rinnovabili. Quando viene emessa una direttiva Europea , e deve essere approvata dagli stati membri, la Svezia, ad esempio, non approverebbe mai una direttiva che la riportasse indietro rispetto al traguardo che ha raggiunto ma vorrebbe una direttiva che la facesse migliorare. Allora succede che quella direttiva, la 2009/28, da un vantaggio alla Svezia e grossi problemi all’Italia che ha solo il 5,7% di energie rinnovabili. Noi, per poter essere alla pari, dobbiamo lavorare di più e migliorare la nostra situazione. Questa è la virtù che ci da l’Europa. Ci mette insieme a molte nazioni che in molti campi sono più avanti di noi e ci costringe a migliorare. Dal nostro canto, noi costringiamo gli altri a migliorare nell’agroalimentare, ad esempio. Siccome in questo settore siamo bravi e considerati tra i
migliori, le direttive che noi vogliamo far applicare sono più performanti e aiutano gli altri stati a migliorare la loro posizione. Le direttive che vengono emanate dall’Europa sono sempre decise dai ministri degli stati e non sono mai riduttive per coloro che stanno meglio, anzi, sollecitano tutti gli altri a migliorare. Questo è il grande valore dell’Europa, oltre la pace. C’è, poi, il problema della cultura d’Europa. Quando noi parliamo di America e di Europa, noi diciamo che l’America si contraddistingue per un’economia di mercato. L’Europa, art. 2 del trattato di Lisbona, è un’economia sociale di mercato. Questo termine “sociale” che sta nella definizione dell’economia di mercato fa sì che l’Europa abbia la coesione sociale. L’Europa non può pensare che uno possa diventare ricco fin che vuole ed uno restare povero ed in miseria. Deve far sì che la politica consenta a chi è più ricco di distribuire la ricchezza attraverso sistemi fiscali e attraverso sistemi finanziari che vengano
in soccorso dei meno abbienti.

Professor Pezzini, per concludere,  è vantaggioso e utile per l’Italia restare in Europa per i giovani del nostro Paese?

Non dimentichiamoci che quando noi siamo entrati in Europa, eravamo gli unici che avevano ancora il delitto d’onore. Ancora negli anni ’70, se un uomo avesse trovato la moglie a letto con l’amante e avesse sparato per ucciderla, avrebbe potuto essere assolto perché il nostro codice di procedura penale ammetteva il delitto d’onore. Ovviamente questo non esisteva nelle altre nazioni. Ci siamo resi conto che questo delitto d’onore valeva solo per l’uomo che uccideva la donna e non poteva essere reclamato dalla donna nel caso avesse ucciso il marito per gli stessi motivi. Quando io avevo 20 anni e Fausto Coppi divenne l’amante della Dama Bianca, la signora fu messa in prigione perché era sposata. Ma Coppi non venne mai messo in carcere, anche se regolarmente sposato con un’altra donna, perché questo era quanto la legge prevedeva. Abbiamo superato questi fatti con l’Europa, vedendo quello che accadeva negli altri stati. Oggi, tutto questo ci fa ridere ma è grazie alla vicinanza di altri paesi che ci siamo emancipati anche da questa ridicola condizione. Il valore dell’Europa, quindi, è questo senso di appartenenza, la possibilità di discutere le nostre leggi con gli altri. Questa comunione con altri stati fa in modo che il 90% delle leggi che applichiamo in Italia siano condivise in Europa, proprio perché discendono da direttive comunitarie. Questo cammino porta una certa omogeneità dei cittadini d’Europa verso il meglio, perché è questo traguardo che vogliono le nazioni nei diversi settori nei quali alcune sono più avanzate di noi. Se noi usciamo dall’Europa, forse, diventiamo i primi dell’Africa. Restare in Europa significa vivere nel salotto buono.

Grazie di cuore professor Antonello Pezzini per averci dato la visione reale dell’Europa.

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