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L'intervista

Pesenti: “Genova insegna: per la sicurezza servono investimenti e meno vincoli negli appalti” video

Vanessa Pesenti, presidente dell'Ance, apre con questa intervista un viaggio nel mondo dell'edilizia bergamasca a dieci anni dall'avvio della crisi.

Era il 15 settembre del 2008 quando fallì Lehman Brothers. Era la quarta banca d’affari degli Stati Uniti d’America. Un fallimento che faceva clamore, ma che sembrava lontano, al di là dell’Atlantico. Non fu così. Fino ad allora in molti avevano avvertito che i prezzi delle case non potevano continuare a crescere a lungo. E che il sistema del rifinanziamento dei mutui subprime, basato appunto sulla crescita dei prezzi delle case, a un certo punto avrebbe raggiunto un limite invalicabile. E Lehman Brothers dei mutui subprime era sommersa.

Si aprì una crisi economica mondiale, forse la più dura dopo quella del 1929. Una crisi che ha avuto ripercussioni anche in Italia, colpendo di netto uno dei settori trainanti dell’economia italiana: l’edilizia.
A dieci anni da quella data e molti fallimenti dopo, cantieri chiusi, immobili invendute, lavoratori disperati, abbiamo deciso di iniziare un viaggio nel mondo dell’edilizia bergamasca. La nostra prima tappa è con Ance Bergamo, l’associazione dei costruttori. Il nostro schema di viaggio prevede fermate con le imprese che operano sul mercato, capire con loro come è cambiata la richiesta nel mondo dell’edilizia, come hanno saputo cambiare pelle ed adattarsi. Incontreremo i sindacati, architetti, ingegneri e geometri fino ad arrivare alle scuole edili. Un’inchiesta che vuole raccontare innanzitutto un mondo che è cambiato e trarre un insegnamento da questa crisi, perché ogni fatto che accade insegna sempre all’uomo qualcosa che lo aiuta a crescere.

Presidente Vanessa Pesenti iniziamo proprio da Ance, l’associazione bergamasca che riunisce le imprese costruttrici, per tracciare una panoramica post crisi. Quante sono le aziende associate? E come sta il settore?
“Dopo una lunghissima crisi l’atteso cambio di segno, da parte del Governo, nei confronti del mondo dell’edilizia è purtroppo ancora sulla carta. Il periodo per il settore rimane difficile, anche se Bergamo, rispetto al livello nazionale, va decisamente meglio. Secondo i dati della nostra Cassa edile, aggiornata a luglio 2018, la massa salari è aumentata dell’1,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Stesso trend per le ore lavorate, che crescono del 2%, e per i lavoratori, che registrano un + 4,8%. È invece stabile l’andamento delle imprese industriali attive che superano quota 800. Sono percentuali che evidenziano come le nostre aziende stiano lavorando di più e creando di conseguenza più occupazione. Abbiamo tradizione ed esperienza, capacità di innovazione e un vero e proprio patrimonio rappresentato dalla professionalità dei nostri addetti”.

Un patrimonio che va salvaguardato e riscoperto.
“Nell’ambito del 70° anno di fondazione Ance Bergamo ha avviato una serie di iniziative sia per potenziare/migliorare i servizi dell’associazione a favore delle imprese per valorizzare la loro storia e i loro progetti sul territorio. La collaborazione con Bergamonews si muove in quest’ottica. In particolare il 9 novembre si terrà l’evento clou della celebrazione dei 70 anni con la presentazione studio, realizzato in collaborazione con la Camera di Commercio di Bergamo, che evidenzia agli investitori l’attrattività della nostra provincia. Seguirà una tavola rotonda con il coinvolgimento di esponenti di rilievo del territorio, dell’imprenditoria locale, dei fondi di investimento e sviluppatori. Sarà un momento speciale dedicato alle imprese e ai giovani studenti che hanno partecipato agli stage organizzati dall’associazione”.

Associarsi ad Ance è stata una tutela in questi anni e lo è ancora oggi?
“Sicuramente. E si muove in due direzioni. Il primo è l’attività di lobby, insieme si conta di più. È sicuramente la più impegnativa, anche se rimane per lo più nascosta ed è difficile da percepire. A volte, per esempio, interveniamo proprio per modificare e evitare che vengano approvate leggi dannose per il settore. La seconda riguarda i servizi forniti alle imprese – su cui abbiamo sviluppato competenze di alto livello – che spaziano dalla consulenza sindacale a quella fiscale, da quella legale alla formazione”.

Che cosa è cambiato dalla crisi?
“Il mercato pre crisi per l’edilizia era piuttosto anomalo, anziché mercato della domanda era quello dell’offerta. La crisi l’ha sicuramente adeguato a quello degli altri comparti, la domanda continua a cambiare e questo sta condizionando il settore che fatica a vedere la ripresa. Oggi la “clientela” è cresciuta e risparmio energetico, domotica, rispetto dell’ambiente sono elementi imprescindibili con cui le imprese devono costantemente confrontarsi”.

L’aspetto sociale è cambiato? Si compra casa o si preferisce l’affitto? Le banche chiedono troppe garanzie?
“Questa crisi, per quanto lunga e profonda sia stata, non ha comunque scalfito il principio che caratterizza il nostro Paese ed è la casa di proprietà. È stato solo rallentato e congelato dalla crisi perché la gente non aveva la possibilità economica e perché il sistema finanziario ha reso in quegli anni e, in parte ancora oggi, più complicato il percorso. Ma culturalmente la casa rimane il bene rifugio e un obiettivo importante. Il problema è che il sistema delle banche, ancora troppo rigido, tor ni ad accompagnare in modo equilibrato questa possibile ripresa. È un momento in cui la gente è ancora preoccupata da un punto di vista economica, ma è anche un momento in cui i tassi sono particolarmente favorevoli”.

Paolo Cavallier Vanessa Pesenti

Il patrimonio di conoscenza dei bergamaschi è andato perso con la crisi?
“No, anzi si mantiene vivo grazie alla nostra scuola edile che Ance sostiene. Dal 1985 ad oggi la Scuola edile – una delle poche in Italia con un percorso di qualifica triennale per ragazzi tra i 14 e i 17 anni (Ddif) – ha diplomato circa 2500 operatori edili (attualmente i dipendenti delle imprese industriali iscritte alla Casse edile sono 6100). Il percorso è triennale con un’alternanza scuola-lavoro molto “spinta”: nell’ultimo anno gli studenti passano due giorni su cinque della loro settimana scolastica direttamente nei cantieri delle imprese edili convenzionate. In questo modo non solo manteniamo viva la tradizione, ma potenziamo l’innovazione”.

È un periodo particolare dopo il crollo del ponte Morandi di Genova è evidente che l’Italia deve impegnarsi sulle manutenzioni e le infrastrutture.
“È indispensabile che in questo settore si trovino subito le risorse pubbliche necessarie e in questa richiesta siamo da sempre a fianco dei nostri enti locali. A cominciare dalla questione più attuale che è quella delle manutenzioni edili e stradali e più in generale delle infrastrutture. Il patto di stabilità nel passato ha ingessato gli enti locali, impedendo, di fatto, la possibilità di promuovere interventi sul territorio. La dinamica della spesa pubblica, soprattutto negli ultimi venti anni, ha registrato uno spostamento di risorse dal capitolo degli investimenti al capitolo della spesa corrente. Questo ha comportato drastici tagli alle risorse da destinare alla manutenzione delle infrastrutture. A parte il rischio per la sicurezza – che è l’aspetto grave e che purtroppo sta coinvolgendo anche la nostra provincia, basti pensare al ponte di Calusco, è stato impoverito il tessuto economico della Bergamasca. La messa in sicurezza del suolo e l’adeguamento degli edifici esistenti – nella nostra provincia è presente un patrimonio immobiliare e di infrastrutture in gran parte costruito prima degli Anni Settanta – possono contribuire alla valorizzazione di queste infrastrutture, e anche allo sviluppo del territorio”.

Com’è la situazione per gli investimenti sulle opere pubbliche nella nostra provincia?
“Il piano degli interventi relativo alle opere pubbliche di quest’anno che riguarda la Provincia di Bergamo, il Comune di Bergamo e UniAcque, le principali stazioni appaltanti, è complessivamente di circa 60 milioni di euro. Se si allarga l’orizzonte al piano triennale delle opere pubbliche – e considerando anche la maggior parte dei comuni che nella Bergamasca superano i 10 mila abitanti – gli investimenti previsti superano quota 300 milioni. Ma per quanto riguarda le opere pubbliche continuiamo ad avere procedure che non sono compatibili con un Paese moderno e, nello specifico, un Codice degli appalti in larga misura da rivedere. Ha causato numerose incertezze in capo alle amministrazioni pubbliche, fatto che si è tradotto in un danno per le nostre aziende: abbiamo registrato infatti, un calo del numero di bandi di gara”.

Dopo anni di immobilità, si torna ad investire sull’edilizia residenziale? 
La lieve ripresa dell’economia si sta ripercuotendo positivamente sui consumi, significa che le famiglie hanno più fiducia, che l’occupazione è migliorata e che si tornano a comprare le case. In questo momento siamo aiutati, oltre che dai bassi tassi di interesse, anche da una maggior disponibilità (ma non ancora sufficiente) degli istituti di credito a concedere finanziamenti. È inutile, infatti, nascondere che il sistema bancario è determinante per la compravendita degli immobili: la domanda di abitazioni c’era prima, c’è ora e continua ad esserci, il problema è che serve lo strumento finanziario, perché sono davvero poche le famiglie che si possono permettere di comperare il bene primario senza dover ricorrere ad un mutuo. La nostra provincia rispecchia le tendenze nazionali: l’andamento positivo della compravendita avanza anche se un po’ a macchia di leopardo, ed è molto collegato alla localizzazione dell’immobile e al rapporto qualità prezzo. Nel primo caso c’è un ritorno nei paesi, purché dotati di servizi e infrastrutture viarie che consentano rapidi spostamenti sia in direzione di Bergamo che di Milano. Nel secondo si cercano elevati standard qualitativi, prestando sempre di più attenzione alla sostenibilità economica e alla tutela ambientale”.

C’è anche una ripresa sul mercato dell’usato?
“Una riflessione a parte per il mercato dell’usato: negli anni pre-crisi, la facilità di vendita di un immobile vecchio, con valutazioni qualche volta “largheggianti”, ha sicuramente contribuito ad alimentare il mercato del nuovo. Oggi c’è una qualche difficoltà in più, i valori dell’usato devono perciò essere ridefiniti e il proprietario deve aver ben chiaro il valore reale della propria abitazione. È in questo contesto che va inserita anche tutta la partita degli incentivi per la riqualificazione, dal momento che un immobile ristrutturato è sicuramente più apprezzabile”.

Ci sono già alcune misure per la riqualificazione degli edifici, servirebbero ulteriori incentivi?
“Per noi il futuro è rappresentato dalla rigenerazione urbana che deve essere il principale strumento per favorire un reale contenimento del consumo di suolo. Solo spostando sul già costruito i nuovi fabbisogni edilizi otterremo il risultato di bloccare la crescita esterna. Purché vengano abbattuti i costi della rigenerazione per avvicinarli a quelli del nuovo. Significa che servono, per esempio, provvedimenti relativi agli extra oneri, semplificazioni e contributi per le bonifiche, premialità, agevolazioni fiscali. Il tavolo di lavoro costituitosi in Regione lo scorso anno ha già esaminato l’individuazione di procedure agevolate e semplificate e l’integrazione delle diverse politiche regionali che concorrono alla rigenerazione urbana (incentivi sulle aree dismesse e localizzazione di funzioni amministrative su queste aree), oltre alla elaborazione di studi di fattibilità di nuovi strumenti di finanziamento. Sono proposte concrete da cui partire a cui vanno aggiunte soluzioni per risolvere il nodo della parcellizzazione proprietaria che risulta essere uno dei principali ostacoli al recupero degli ambiti di molte città”.

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