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L'esperienza

Un Cammino per due: Daniele e il suo cane Pistacchio insieme a Santiago fotogallery

Un'avventura spirituale che il 33enne dalminese ha deciso di vivere insieme al suo fedele amico a quattro zampe: "Il nostro legame oggi è ancora più speciale, felice che altri pellegrini si siano svagati anche solo per qualche minuti giocando con lui".

Si dice che per vivere a pieno il cammino di Santiago lo si debba affrontare da soli, per concentrarsi esclusivamente su se stessi e sulla propria mente.

Ma c’è anche chi quegli 800 chilometri che separano Saint-Jean Pied de Port da Santiago de Compostela ha deciso di farli in compagnia di un amico speciale: Daniele Bassi, 33enne di Sabbio di Dalmine, nella sua avventura ha coinvolto anche Pistacchio, fedele pitbull di 3 anni e mezzo che per tre settimane è diventato il “perrito peregrino” (cane pellegrino ndr) più amato del percorso.

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Una decisione, quella di intraprendere il cammino, maturata per motivi personali ma che non poteva prescindere dalla presenza del suo cane: “Da un lato non me la sentivo di lasciarlo un mese da solo a qualcuno altro – confida Daniele – ma dall’altro volevo anche averlo al mio fianco in questa esperienza. Cinque mesi prima di partire abbiamo iniziato ad allenarci insieme, abituandoci non tanto a percorrere molti chilometri tutti insieme ma a farne regolarmente ogni giorno: poi venerdì 3 agosto è iniziato il nostro viaggio, con la partenza in macchina da Dalmine e l’arrivo il giorno seguente a Saint-Jean”.

Sulle spalle uno zaino da 16 chili, tra abbigliamento essenziale, attrezzatura per eventuali campeggi e cibo per Pistacchio; di fronte una partenza non esattamente delle più facili: “La nostra prima tappa è stata di 11 chilometri perchè la stanchezza del viaggio in auto si è fatta sentire – continua – Ma alla fine ho abbracciato la mia prima persona da pellegrino, una signora anziana che quando stavo perdendo le speranze di trovare un alloggio per la notte mi ha accompagnato in un ostello”.

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I primi passi sulla strada per Santiago sono stati i più difficili perchè le difficoltà fisiche non sono mancate, dalle gambe pesanti alle vesciche ai piedi: “All’inizio tutto ti sembra impossibile, a tratti ho anche pensato di mollare, dicendomi che avrei potuto sfruttare le mie ferie andandomene tranquillamente al mare – scherza Daniele – Poi durante il percorso dimentichi tutto, anche gli acciacchi e le ferite: il cammino ti logora a tal punto che non riesci nemmeno più a pensare e quando lo fai pensi solamente a cose che contano per davvero. È stato questo l’aspetto più importante del mio viaggio, che mi ha permesso di capire a quante cose futili avevo dato peso nella mia vita e quante davvero importanti invece avevo trascurato. In quella condizione mentale la minima cosa riesce ad aprirti il cuore, anche nelle giornate peggiori: quando pensi che i tuoi problemi siano insormontabili e durante il cammino incontri una persona che lo sta affrontando in stampelle, dopo che i medici gli avevano detto che non si sarebbe mai più alzato da una sedia a rotelle, beh, all’improvviso rivaluti un attimo i tuoi parametri”.

Nel suo viaggio, spirituale e fisico, il 33enne dalminese ha sempre potuto contare sulla presenza rassicurante del suo amico a quattro zampe che, pur non rimanendo indifferente a caldo e fatica, non ha mai lasciato il suo fianco: “Quando ho preso questa decisione ero più preoccupato per la sua tenuta che per la mia – spiega – Ha avuto anche lui qualche problema alle zampe, a volte ho dovuto spronarlo, altre ho assecondato la sua voglia di trovarsi un riparo all’ombra. È diventato subito il beniamino degli altri pellegrini che si fermavano a giocare e farsi una foto con lui: a mente fredda mi è dispiaciuto non aver immortalato tutte le persone che si sono fatti un selfie col mio Pistacchio perchè oggi avrei un album infinito da poter sfoggiare. Uno dei momenti per me più toccanti è stato il nostro arrivo alla Cruz de Hierro: usanza vuole che lì i pellegrini lascino un sasso che si sono portati addosso per 500 chilometri, come simbolo di tutto ciò che ci si vuole lasciare alle spalle. Io ne avevo due, uno per me e uno per lui: durante il percorso mi ero quasi affezionato a quelle due pietre, depositarle ai piedi della croce mi ha emozionato ed ero contento che accanto a me ci fosse il mio cane”.

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Giovedì 23 agosto il tanto desiderato arrivo a Santiago, dopo 19 giorni, ma il traguardo a quel punto non aveva più così tanta importanza: “All’inizio parti col chiodo fisso di arrivarci – commenta – Poi il cammino ti dà talmente tanto che non ti interessa più fin dove riuscirai ad arrivare. Tutti ti dicono che è un’esperienza che ti cambia ma è davvero molto di più di ciò che si possa spiegare a parole: quando entrano in gioco i tuoi sentimenti tutto viene accentuato, ti abitui all’essenziale e rivaluti tante cose della tua vita. Io il mio obiettivo l’ho stra raggiunto e consiglierei senza dubbio questa esperienza, da soli o anche con il proprio cane: mi sono unito molto di più anche con lui, il nostro legame oggi è ancora più speciale e mi è piaciuto vedere tanta gente sofferente potersi svagare anche solo per qualche minuto giocando con Pistacchio. L’unico consiglio che posso dare è quello di organizzare bene il viaggio di ritorno al punto di partenza perchè tanti mezzi non accettano a bordo cani di grossa taglia”.

La gioia di rivivere quei momenti a tratti lascia trasparire già un po’ di malinconia: “È così, anche se era la mia prima volta da pellegrino mi manca già quella sensazione. Nella mia testa c’è già la prossima avventura, col cammino portoghese”.

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