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Soldi Lega, pm in Lussemburgo: l’inchiesta de L’Espresso partì da Bergamo

I pm di Genova, che indagano sui 49 milioni di euro "spariti" dalle casse del partito, sono in Lussemburgo per analizzare le carte del fondo Pharus Management, su cui sarebbe transitata una parte dei soldi del Carroccio

L’inchiesta sui fondi della Lega era partita proprio da via Maj, a pochi passi dalla stazione di Bergamo, dove c’è un piccolo studio contabile di proprietà di Andrea Manzoni e Alberto di Rubba. Due professionisti come tanti, se non fosse per la loro ascesa, a partire dal 2014, all’interno del partito di Salvini.

Da Bergamo al Lussemburgo, la pista era stata scoperchiata tre mesi fa da L’Espresso, in un’inchiesta giornalistica dal titolo “L’Europa offshore che piace a Salvini”. In quell’articolo, basato su documenti e bilanci societari, erano stati raccontati i presunti rapporti tra la Lega e il paradiso fiscale europeo.

Ora, L’Espresso, dedica una nuova puntata alla questione. Vi proponiamo qui di seguito l’anticipazione a firma di Giovanni Tizian e Stefano Vergine.

I magistrati di Genova in Lussemburgo. Alla ricerca dei soldi della Lega. I pm della procura ligure si sono recati nel Granducato in seguito a una rogatoria per cercare di tracciare i flussi di denaro riconducibili al partito guidato da Matteo Salvini. Il blitz, condotto dalla Guardia di finanza, nasce in seguito all’inchiesta per riciclaggio al momento a carico di ignoti. L’ipotesi della procura è che una parte dei quasi 50 milioni frutto della truffa ai danni dello Stato sia stata portata nella piazza offshore e poi fatta rientrare in Italia attraverso società di comodo. Tutto questo, sostengono gli inquirenti, per evitare il sequestro disposto dalla sentenza di primo grado oltre un anno fa e confermata pochi giorni fa dal tribunale del riesame

La pista del Lussemburgo era stata scoperta tre mesi fa dall’Espresso, in un’inchiesta giornalistica dal titolo “L’Europa offshore che piace a Salvini”. In quell’articolo basato su documenti e bilanci societari avevamo raccontato i rapporti tra la Lega e il paradiso fiscale europeo .

Eravamo partiti da via Angelo Maj 24, a Bergamo, dove c’è un piccolo studio contabile di proprietà di Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba. Due professionisti come tanti, se non fosse per la loro ascesa, a partire dal 2014, all’interno dell’amministrazione del partito di Salvini. Alla coppia, poco nota alle cronache, si aggiunge un terzo uomo, più conosciuto: Giulio Centemero, il tesoriere ufficiale del partito, voluto dal leader che ha portato la Lega al governo. Centemero, eletto alla Camera alle ultime elezioni, è l’uomo incaricato di gestire i conti dopo gli scandali della truffa sui rimborsi elettorali durante la gestione di Umberto Bossi e Francesco Belsito. Di Rubba, Manzoni e Centemero: i cassieri di Matteo, insomma.

Tutti nati nel 1979, tutti laureati in economia e commercio all’università di Bergamo, dove si sono conosciuti nei primi anni 2000. Un trio al cui vertice c’è proprio il neodeputato e tesoriere. Gestiscono decine di società con base in via Angelo Maj, nuovo quartier generale delle finanze leghiste, sette delle quali controllate – attraverso delle fiduciarie italiane tra i cui soci c’è anche un’anonima impresa svizzera – da una holding lussemburghese che fa capo a un’altra fiduciaria. Impossibile dunque, vista la sofisticata schermatura finanziaria, sapere chi sono i reali proprietari delle società registrate presso lo studio di Di Rubba e Manzoni. E impossibile è anche conoscere l’origine dei capitali attraverso cui sono state costituite. L’unica certezza è che seguendo il flusso di denaro si arriva nel Granducato, uno dei principali paradisi fiscali europei. Ed è in questa catena di anonime società che si inserisce un manager della Pharus Management, una delle società lussemburghesi che gli inquirenti ritengono al centro del riciclaggio leghista.

Ma non c’è solo la pista del Granducato.

Domenica 16 settembre, in edicola, l’Espresso promette di rivelare nuove dettagli sulle indagini e di ricostruire la presunta ragnatela di associazioni, onlus e fondazioni attraverso cui il partito avrebbe continuato a incassare soldi dopo l’inizio dell’inchiesta giudiziaria per truffa.

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