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L'operazione della gdf

Botte e minacce agli imprenditori: il metodo mafioso della banda di estorsori video

Per oltre un anno il clan composto da 13 uomini, campani e albanesi, ha terrorizzato la zona dell'hinterland di Bergamo

Una banda violenta e senza scrupoli, pronta a minacciare di morte e nel caso anche ad aggredire le vittime per estorcere loro ingenti somme di denaro in cambio di protezione. Non usano mezzi termini gli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bergamo per descrivere i componenti del clan smantellato nel corso dell’operazione conclusa nella mattinata di martedì undici settembre con sei arresti.

Rocco di Lorenzo, 61 anni (nella foto mentre viene arrestato), ritenuto il capo, Giovanni Luordo, 47 anni, Giovanni Cerrone, 46 anni, Marcello Sipione, 46 anni, Roberto Iannello, 49 anni, tutti campani e Gazmend Prenga, detto Gas, 38 anni, albanese, avrebbero costituito un’associazione a delinquere specializzata soprattutto nell’estorsione con minacce e lesioni, ma anche nelle rapine, nello spaccio di sostanze stupefacenti, nella ricettazione e nella detenzione illegale di armi clandestine. Un altro uomo, Gentian Ndou, detto Andrea, albanese di 32 anni, colpito da medesimo decreto di carcerazione firmato dal giudice Massimiliano Magliacani, su richiesta del sostituto procuratore Fabio Pelosi, è latitante. Altre quindici persone sono state denunciate.

Il provvedimento rappresenta l’epilogo di una delicata indagine condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Bergamo nell’ambito della quale, in diversi interventi, erano già stati tratti in arresto altri sei componenti del sodalizio criminale. Sono tutti pluripregiudicati, alcuni dei quali per associazione per delinquere di stampo mafioso e omicidio.

Per oltre un anno, dal gennaio 2016, la banda ha terrorizzato diversi imprenditori bergamaschi dell’hinterland. Minacce non troppo velate “Ti ammazzo”, “Attento alla tua famiglia”, e in diversi casi anche percosse. Fino a un tentato omicidio. Il tutto per ottenere denaro e beni di vario genere, in cambio di una presunta “protezione”.

Numerosi gli episodi di estorsione e di violenze fisiche accertati ai danni di imprenditori della zona, costretti a corrispondere somme di denaro, arrivando anche a cedere le loro attività ai membri del sodalizio. Diverse di queste scene sono state immortalate dai filmati ripresi durante le indagini.

Le stesse vittime, però, hanno avuto il coraggio di ribellarsi e di denunciarli. Quando hanno presentato querela nei confronti dei soggetti che li avevano minacciati o picchiati, gli uomini delle Fiamme Gialle stavano già indagando su di loro. Gli accertamenti erano partiti dallo spaccio di sostanze stupefacenti, e in particolare da un traffico gestito da marocchini e albanesi, alcuni dei quali interni al clan.

L’indagine è stata lunga e delicata, come quando i finanzieri si sono imbattuti “in diretta” nel tentativo di omicidio, non andato a buon fine solo per l’inceppamento dell’arma dell’autore, in seguito individuato e arrestato. Su questo episodio sta indagando il magistrato Ilda Boccassini della direzione distrettuale antimafia di Milano.

In un’occasione, gli uomini delle Fiamme Gialle sono intervenuti e hanno tratto in arresto due appartenenti all’associazione per delinquere, nell’atto di incassare da un imprenditore all’interno di un bar di Colognola cinquemila euro a titolo di estorsione. Altri tre soggetti di nazionalità albanese sono stati arrestati per spaccio di sostanze stupefacenti, insieme a un quarto soggetto per reati inerenti la legge sull’immigrazione.

A conferma dello sconcertante scenario criminale, alla banda sono state anche sequestrate quattro armi clandestine con matricola abrasa, due delle quali occultate all’interno di una poltrona di un ufficio di Verdello, oltre a numerosi proiettili, un silenziatore e contanti.

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