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Il dibattito

Caso Aquarius, porti aperti o chiusi? Due posizioni a confronto

Luca De Gasperi e Sara Fiori sono due 17enni che stanno svolgendo l'alternanza scuola-lavoro a Bergamonews. Due giovani con due posizioni diverse sulla decisione del Ministro dell'Interno Matteo Salvini.

Luca De Gasperi e Sara Fiori sono due 17enni che stanno svolgendo l’alternanza scuola-lavoro a Bergamonews. Due giovani con due posizioni diverse sulla decisione del Ministro dell’Interno Matteo Salvini.

PORTI CHIUSI
Domenica 10 maggio il Ministro dell’Interno, l’onorevole Matteo Salvini, ha annunciato che l’Italia avrebbe chiusi i porti per non accogliere la nave di Medici Senza Frontiere Aquarius con a bordo oltre seicento migranti naufragati in mare.

Molte persone hanno deciso di esprimere la loro opinione attraverso post in twitter o in facebook, con lo scopo di schierarsi a favore o meno con la decisione presa da Salvini.

Le critiche non hanno avuto però il riscontro che desideravano e perciò nelle ultime ore, in varie zone dell’Italia – a Roma per esempio -, la gente è scesa in strada occupando le piazze e le strade in segno di protesta. Forse però dovremmo pensare meglio a quello che una decisione come questa può comportare e valutare con attenzione i pro e i contro.

Innanzitutto dobbiamo pensare che l’Italia non è l’unico Paese che ha l’attrezzatura necessaria ad ospitare centinaia di profughi, e che pertanto non può farsi carico lei sola di accoglierli tutti, e tanto meno non può farsi una colpa se adesso molte persone si ritrovano a vagare senza meta nei mari.

In secondo luogo, prima di aiutare gli altri, dovremmo aiutare noi stessi. L’Italia è un Paese che purtroppo ha molti problemi che, se affrontati con il piede giusto, potrebbero essere risolti. Solamente allora, quando l’Italia con i suoi cittadini sarà una nazione “di base perfetta”, potrà permettersi di dare una mano alle altre persone; fino a quel momento dovrebbe invece preoccuparsi di quello che all’interno del Paese avviene abitualmente.

Infine, ma non è sicuramente l’ultimo motivo, il dovere di accogliere il prossimo al fine di evitare atti di razzismo o una crisi umanitaria è stato usato ultimamente come accusa contro Salvini e i suoi sostenitori, offendendoli nel tentativo di far cambiar loro idea.
Però questo gesto che viene definito “razzista”, viene in realtà frainteso: ciò che il cittadino dovrebbe fare, e soprattutto chi governa la nazione, è di garantire la sicurezza ad ogni persona che vive nel paese, e, dati anche gli sgradevoli eventi successi nelle vicinanze che hanno provocato la morte di centinaia di persone innocenti, in molti si allarmano e preferisco essere restii all’idea di mantenere i porti aperti, schierandosi pertanto dalla parte di quelli che decidono di mettere il proprio bene prima di quello degli altri.

PORTI APERTI
Dall’altro lato abbiamo ovviamente chi è invece favorevole all’accoglienza delle migliaia di richiedenti asilo che da anni cercano di varcare le frontiere non solo via mare, ma anche a piedi, percorrendo centinaia di chilometri alla disperata ricerca di aiuto.

Per una volta cerchiamo di restare fuori dalla politica: non ci sono né destra né sinistra in questo caso.
Ci sono invece 629 migranti che tra sabato e domenica notte, a bordo della Aquarius, sono stati lasciati in mare per decisione di Salvini, che ha dato l’ordine di chiudere i porti.

Questo atteggiamento non può che essere condannato: come già detto, qui non si tratta di affari politici, ma di vite umane, vite che hanno il diritto di essere vissute e che abbiamo il dovere etico e morale di salvare.

Sempre più spesso sentiamo la frase “aiutiamoli a casa loro” senza però pensare veramente a cosa significhino quelle quattro parole, quasi buttate lì come sinonimo di “affari loro”.
Aiutare i migranti “a casa loro” vorrebbe dire investire capitali per costruire infrastrutture, opere pubbliche, rovesciare regimi totalitari e dittature, inviare medici, architetti, insegnanti e mille altri tipi di sostegno per far sì che le condizioni di vita nel paese d’origine migliorino, senza che gli abitanti di quella nazione siano costretti a lasciare la propria casa e dirigersi verso una destinazione che nella maggior parte dei casi è sconosciuta.

Sì, perché è proprio così.
Nessuno vorrebbe abbandonare la propria terra natale, le quattro mura domestiche, la famiglia.
Ricordiamo che l’odissea dei migranti non è uno sfizio, ma è una necessità.
Scappano da faide, carestie e guerre per il semplice attaccamento alla vita che istintivamente subentra in ogni essere vivente quando si trova in pericolo.
Non parliamo più di vivere, ma di sopravvivere.

Accogliere i migranti dell’Aquarius? Sì.
Senza alcun dubbio.
Proviamo a metterci nei panni di un qualsiasi migrante che arriva sulle coste italiane di Lampedusa o della Sicilia, dopo giorni, settimane o addirittura mesi di viaggio attraverso svariati paesi.
Come ci sentiremmo? E se invece quel profugo non fosse mai arrivato in Italia? Se, una volta trovato su un barcone con a bordo altre cinquecento persone in cerca di salvezza, fosse lasciato al suo infelice destino, senza dargli il minimo aiuto perché ormai vige l’hashtag #chiudiamoiporti?

Invito a riflettere, a conoscere tutto ciò che sta attorno alle vicende che riguardano l’immigrazione prima di sparare parole che assomigliano a proiettili contro qualcuno che ha soltanto un disperato bisogno di aiuto.

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