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Giornata contro l'omofobia

Francesco, 19 anni e omosessuale: “La mia lotta quotidiana per poter essere me stesso”

In occasione della giornata mondiale contro l'omofobia, Francesco, 19enne bergamasco, ha voluto raccontare la sua storia fatta di scoperte, discriminazioni e lotte per poter essere sé stesso

In occasione della giornata mondiale contro l’omofobia, Francesco, 19enne bergamasco, ha voluto raccontare la sua storia fatta di scoperte, discriminazioni e lotte per poter essere sé stesso.

Mi chiamo Francesco, ho 19 anni, studio Graphic Design a Milano e anche se non amo specificarlo quando mi presento, sono omosessuale. L’essere gay, per quanto riguarda il lato strettamente sessuale della cosa, non si può definire proprio una scoperta: esattamente come tutti gli altri (etero, bisessuali o etero), credo, la mia attrazione era focalizzata sopratutto sui maschi, e non mi curavo di quello che potesse piacere agli altri bambini. Ovviamente inconsciamente sapevo che non era una cosa comune, e che sarebbe stato meglio non esprimerla. Dal punto di vista sociale, ricordo invece perfettamente il momento in cui a letto, in una notte della terza elementare, mi sono reso conto di appartenere ad un “gruppo” di persone viste in un certo modo dalla società, di essere gay: avevo tanto sentito quella parola a scuola, usata con un tono di scherno che non mi piaceva, e nella mia testa ho cominciato a farmi dei piani di vita per poter avere una famiglia segreta, perché nessuno mi aveva mai parlato di nulla di simile fino a quel momento.

Col passare degli anni, le persone LGBT le vedevo solo in TV, dove venivano rappresentate con ironia, prese in giro ed estremizzate nei comportamenti; mia mamma ha smesso di comprarmi i giocattoli “da bambina”, e io ho percepito sempre di meno la differenza tra quelli da femminuccia e da maschio, forse perché allontanandomi dagli stessi, si allontanava anche la sensazione di disagio che sentivo nello stare nel reparto tempestato di pacchetti rosa e bambole. Ma la vera svolta è arrivata quando ho stretto amicizia con una mia compagna di classe, in terza media, che era circondata da persone non eterosessuali e adorava qualsiasi cosa fosse rosa e glitterata: e finalmente, nell’estate dopo gli esami di terza media, col batticuore e la testa annebbiata dall’ansia gliel’ho detto. La sua reazione, inizialmente fu quella di farmi sedere perché ero più scioccato io di lei, a tal punto che mi sentivo svenire: ovviamente lei lo aveva sempre sospettato, e ne voleva semplicemente una conferma. La discriminazione, anche se in maniera abbastanza lieve, c’è sempre stata: il culmine è arrivato alle medie, quando un gruppo di bulletti che frequentava l’oratorio (e che oggi si trova disgregato in diversi carceri Lombardi) ha cominciato, quando mi vedeva in giro a prendermi in giro. E nonostante questa violenza psicologica non si sia mai tramutata in qualcosa di fisico, ricevere sputo in faccia, insulti e spintoni un po’ mi ha ferito, sopratutto perché non avevo nessuno con cui parlarne, nessuno a cui sembrasse importare. Le superiori, invece, mi hanno regalato una classe fantastica: in prima ho tenuto nascosto un fidanzato per ben sette mesi, mentre in seconda, sono riuscito a prendere coraggio e a presentare il mio secondo fidanzatino, non senza un certo terrore, a tutti i miei compagni di classe. Il secondo anno è stato anche quello del coming out coi miei genitori, che mi hanno detto sollevati che stavano aspettando quel momento da tanto.

Ai giovani lettori LGBTQIA posso solo dare un consiglio: quando vi dichiarerete, probabilmente sarà difficile, ma come ogni cosa passerà, e guarderete indietro consapevoli del fatto che avete fatto la cosa giusta, perché alla fine tutta la diversità di cui si parla tanto alla fine non c’è. La giornata contro l’omofobia ed il Gay Pride, per me significano rispettivamente il ricordare a tutti che queste differenze, ci possono si essere, ma non devono separarci: e può sembrare una frase scontata e trita ma è davvero importante, secondo me, essere uniti (etero, gay, biondi, castani e così via) nella diversità.

Da quando io ho fatto coming out, ho affrontato un percorso di auto-accettazione che mi ha portato a stare bene con me stesso, ed è questo l’importante, nonostante le altre persone possano non accettare chi siamo: vogliamo davvero compromettere la nostra integrità per quello che pensano delle persone che neanche conosciamo? Probabilmente queste persone non cambieranno il loro modo di vedere le cose da un giorno all’altro, ma è sicuro che nascondendoci, non faremo la differenza: piuttosto, bisogna educare alle differenze, e abituarci a pensare che al mondo non ci siamo soltanto noi.

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