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La riflessione

WhatsApp solo per chi ha più di 16 anni: ma mentire è semplice, che fare?

Matteo Copia, comandante della polizia locale di diversi comuni bergamaschi, da sempre molto attento alle problematiche del mondo giovanile, analizza il nuovo aggiornamento di WhatsApp

Matteo Copia, comandante della polizia locale di Treviolo, Spirano, Pognano, Verdello e Stezzano, da sempre molto attento alle problematiche del mondo giovanile, propone una riflessione sul nuovo aggiornamento di WhatsApp che permette l’accesso solo ai maggiori di 16 anni. Ma basta poco per eludere il controllo e così anche i più piccoli possono continuare a usarlo. Come devono comportarsi i genitori? E la Legge italiana cosa potrebbe fare per regolamentare la questione?

“WhatsApp lancia un aggiornamento e si adegua alla privacy. Sembra bello, ma… Non è tutto oro quello che luccica!

Procediamo con ordine. Il GDPR, ovvero il Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati, all’articolo 8 recita: Per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Gli Stati membri possono stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni. Il titolare del trattamento si adopera in ogni modo ragionevole per verificare in tali casi che il consenso sia prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale sul minore, in considerazione delle tecnologie disponibili.

Il primo paragrafo non pregiudica le disposizioni generali del diritto dei contratti degli Stati membri, quali le norme sulla validità, la formazione o l’efficacia di un contratto rispetto a un minore.

In sostanza, ferma la possibilità riconosciuta ad ogni Stato di adeguare il limite minimo a 13 anni, i potenti mezzi della comunicazione digitale dovrebbero #garantire l’utilizzo consapevole degli strumenti dall’età 16 anni, fatta salva la possibilità degli esercenti la potestà genitoriale di autorizzare il trattamento.

“Una svolta epocale” verrebbe da dire, ma, agli effetti, ai giovani “chattoni” è offerta sul piatto d’argento la possibilità di mentire sull’età. Di necessità, virtù: chi non l’ha mai fatto per accedere a un locale, bere una birra o conquistare le attenzioni di una fiamma? Qui dovrebbe entrare in gioco la verifica, imposto per legge, del consenso da parte dell’esercente la potestà genitoriale.

Tranquillizzatevi: non è stato previsto! E poi… Come la mettiamo con i nostri figli? Avvalliamo il fatto che mentano sull’età? Fingiamo di non saperne nulla? Li priviamo di uno strumento che fino al giorno prima abbiamo offerto loro? L’unica via di uscita potrebbe esserci offerta dal Legislatore italiano, il quale ha tempo fino al 25 maggio per adeguare la normativa nazionale a quella europea. Nel frattempo ci impegneremo a spiegare ai nostri figli che ciò che è consentito oggi può diventare vietato domani”.

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