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Quarant’anni fa

La grafologa bergamasca chiamata per analizzare le lettere di Aldo Moro: “I segreti, la paura e le critiche alla Dc” video

Edvige Crotti fu chiamata da Cossiga per analizzare gli scritti del presidente della DC durante la prigionia: "Parlava di un personaggio politico, ancora oggi segreto"

Il 16 marzo 1978 è una data cruciale per l’Italia, a livello politico e non solo. A Roma le Brigate Rosse rapiscono Aldo Moro. Sono le 9.02 quando in via Fani le auto con a bordo Moro e gli uomini della sua scorta vengono presi d’assalto da un gruppo di brigatisti. Partono una raffica di colpi di arma da fuoco. Muoiono in cinque tra poliziotti e carabinieri, e il presidente della Democrazia Cristiana viene portato via.

Quelli che seguono sono giorni di indagini e ricerche, concluse il 9 maggio quando il politico viene ucciso. All’inchiesta prende parte anche una grafologa bergamasca, la dottoressa Edvige Crotti, contattata attraverso un giornalista dal Ministro dell’Interno Francesco Cossiga. Le vengono inviate due lettere scritte dallo statista dal suo luogo di prigionia per analizzare la grafia e capire se siano autentiche.

Edvige Crotti, originaria di Bonate Sotto ma residente a Milano, scrittrice, giornalista, psicopedagogista, analista e terapeuta dell’età evolutiva e fondatrice di una scuola di grafologia, ora ha 85 anni. A distanza di quarant’anni non dimentica quel periodo, il più importante della sua vita:

Ho un ricordo tragico di quei giorni. Di un uomo, per noi profani di politica, sequestrato senza motivo – racconta ancora emozionata la dottoressa Crotti nella sua casa del centro milanese – . Fui chiamata da un giornalista per conto di Cossiga per analizzare due lettere, per capire se potevano essere autentiche. Le visionai per un po’ di tempo e trovai dei segni tipici di Moro. Quindi sì, erano scritte di suo pugno. Mi chiesero poi se prendeva dei farmaci durante la prigionia, ma risposi che non potevo saperlo con certezza da quegli scritti”.

Che tipo di scrittura aveva Moro?

“Moro con il passare del tempo aveva sempre più bisogno di comunicare, per cui la grafia era sempre più chiara. Le lettere contenevano richieste di aiuto al suo partito, ma anche critiche. Il sangue versato cadrà su di voi, scriveva. Moro mi ha stupito perché non ha mai cessato di credere in Dio”.

Cosa provò il 9 maggio, quando venne ucciso?

“Una grande delusione nei confronti dei politici e un gran dolore per lui. Ancora oggi ho malinconia per l’abuso subìto da un uomo che ha servito lo Stato per tanti anni e poi è stato abbandonato da tutti, nonostante i suoi disperati appelli”.

A distanza di 40 anni cosa le rimane?

“Ho una gran sete di giustizia. Ho pensato anche di pubblicare tutte le lettere, comprese quelle ritrovate undici anni dopo. In quelle c’era un personaggio oscuro. Mancavano due pagine, senza dubbio riferite a un politico. Ma per il mio libro mi hanno detto che è ancora presto. Evidentemente c’è qualcosa di segreto. Omertà. E mi dà tanta amarezza perchè una persona uccisa in quel modo meriterebbe più correttezza e rispetto”.

GUARDA L’INTERVISTA COMPLETA:

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