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Legambiente

Allarme smog: “Servono misure più dure. Il sogno? Bergamo come una grande Area C”

Nicola Cremaschi, presidente di Legambiente Bergamo, spiega le idee dell'associazione per combattere l'inquinamento: "Le attuali misure non sono più efficaci"

Per settanta volte, una ogni cinque giorni, Bergamo ha sforato il limite massimo di 50 μg/m³ di Pm10 nell’aria arrivando, nel corso del 2017, a una concentrazione media giornaliera di 38 μg/m³: sono dati che fanno impressione, considerando che a livello normativo le soglie sono fissate rispettivamente a 35 giorni di superamento e a 40 μg/m³.

Il 2017, dunque, non è stato un anno buono dal punto di vista dell’inquinamento e, dopo i passi avanti fatti negli anni scorsi grazie ai provvedimenti comunali, provinciali e regionali in materia di riduzione delle emissioni, si è registrato purtroppo un nuovo innalzamento dei valori: “Ciò significa che quanto è stato messo in campo è insufficiente – sottolinea il presidente di Legambiente Bergamo Nicola CremaschiGli interventi oggi non sono più efficaci e le oscillazioni del Pm10 dipendono ormai solo dalle condizioni atmosferiche”

E di chi è la responsabilità?

Non si possono di certo additare i singoli comuni, sono la Regione e il governo a manifestare mancanze. Serve un piano preciso e condiviso.

A livello locale, invece, come ci si sta comportando?

Il Comune di Bergamo ha iniziato a lavorare nella direzione giusta: lo scorso anno in città la centralina di via Meucci ha registrato 69 sforamenti, quella di via Garibaldi 73. Però l’amministrazione ha finalmente messo in campo una comunicazione efficace, ha messo meglio a fuoco il tema e fatto un buon lavoro di coordinamento con gli altri capoluoghi di regione, in particolare con quelli orientali. Bene anche le pressioni sulla Regione Lombardia.

E cosa manca?

I dati ci dicono che il Pm10 secondario arriva sostanzialmente dal traffico: una città che ogni giorno riceve 60-70mila veicoli ed è costeggiata da un tratto autostradale frequentatissimo non può non fare un ragionamento sul tema e intraprendere azioni più forti.

Come Legambiente quale sarebbe la vostra proposta anti-inquinamento?

La nostra idea principale è quella di una grande “Area C” di Bergamo ma sappiamo già che difficilmente sarebbe accettata. Gli ingressi cittadini sono una ventina, e quindi facili da controllare, e gli automobilisti per guadagnarsi l’accesso lascerebbero in cambio importanti risorse per il sostegno e lo sviluppo del trasporto pubblico e della mobilità alternativa. Un intervento di questo tipo comporterebbe, nella migliore delle ipotesi, una riduzione del 40-45% del traffico, nella meno ottimista del 25%. Sinceramente anche una riduzione del 20% ci soddisferebbe. Si possono fare anche ragionamenti meno drastici, seguendo ad esempio il caso di Bologna che permette a ogni veicolo di entrare un massimo di tre volte al mese in città, con il Comune che poi ha previsto tutta una serie di autorizzazioni mirate. Sarebbe la proposta più impattante.

Dal punto di vista del trasporto pubblico Bergamo si prepara alla novità della Linea C.

Progetto interessante ma ci riserviamo di valutarlo una volta che entrerà a regime: è innegabile che l’elettrico è il futuro e che la mobilità pubblica debba essere molto smart, forse anche di più di quanto è stato previsto per questo intervento. Parallelamente ci piacerebbe veder realizzati il prolungamento del tram fino a Vertova e la seconda linea della Teb in Val Brembana, con una spinta maggiore sulla cosiddetta “cura del ferro”.

Cura del ferro di cui Bergamo si è fatta promotrice e apripista?

Direi di sì perchè la linea 1 Teb, pur con le sue difficoltà, si sta dimostrando un’ottima soluzione. A fronte di questo però abbiamo anche altre realtà come la Bergamo-Treviglio che è priva di un pensiero: un nostro studio ha dimostrato come si debba cambiare strategia su quella tratta, passando da un servizio da “trenino” a uno tramviario. Lo stesso discorso va fatto anche a livello regionale: le linee di trasporto pubblico si devono integrare di più tra loro, puntando su un’intermodalità immediata e funzionale che non costringa l’utente a impazzire per passare da un mezzo all’altro.

Ha detto che oltre al trasporto pubblico le entrate di una eventuale “Area C” le utilizzereste per la mobilità alternativa: dal suo arrivo Mobike ha fatto faville, segno che i bergamaschi sono disposti a rinunciare alle auto?

Gli interventi sulla mobilità alternativa sono stati positivi e Mobike, pur essendo molto modaiola, sta funzionando: è stata invece abbandonata l’idea del car sharing di auto elettriche che potrebbe essere compensata da un ragionamento sul car pooling. Tornando a Mobike: ha grandi possibilità ma è un servizio che va inserito in un sistema.

È possibile un cambio di rotta in tempi brevi?

I cittadini hanno dimostrato una grande attenzione e sensibilità al tema ambientale: sono disposti anche a rinunciare alla macchina e a fare sacrifici se gli si dà un’alternativa. È giusto che le limitazioni colpiscano il traffico veicolare ma vanno create anche le condizioni per cui le persone inizino a valutare altri mezzi: non va limitata la mobilità, anzi, bisogna aumentarne le possibilità che oggi sono poche.

Cosa può fare il singolo cittadino per contribuire a ridurre l’inquinamento?

Voglio rispondere provocatoriamente: usare il cervello. Mi spiego: dobbiamo mettere in discussione tutte le nostre abitudini, pensando a cosa potrebbe innalzare la nostra qualità della vita. Se ognuno di noi, nel suo piccolo, proverà a farlo ne deriverà un beneficio per tutti.

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