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L'intervento

“Facebook fa a pezzi la società”: l’altra faccia dei social

Parla Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente di Facebook

«Mi sento tremendamente in colpa. I cicli di feedback a breve termine che abbiamo creato, guidati dalla dopamina, stanno distruggendo il modo in cui la società funziona». Non usa mezzi termini il 41enne Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente di Facebook nell’ambito della crescita degli utenti, per dire ciò che pensa riguardo al social network ideato da Zuckerberg.

Palihapitiya, entrato in Facebook nel 2007, dopo solo un paio di anni ha deciso di abbandonarlo; nel 2011 ha poi fondato una propria società, la Social+Capital Partnership, che investe soldi sulle startup. Nel corso del suo discorso, pronunciato di fronte agli studenti della GSB – Stanford Graduate School of Business – l’ormai ex dipendente di Zuckerberg ha addirittura ammesso di proibire l’uso dei social ai propri figli.

Secondo Palihapitiya, infatti, chiunque fruisca dei social media subisce inconsapevolmente una vera e propria programmazione, e può esserci il rischio che degli abili manipolatori guidati da cattive intenzioni riescano a manipolare le menti di una discreta fetta della popolazione.
Facebook e tutti i social network «disintegrano il tessuto sociale» e non sono in grado di costruire «nessun discorso civile e nessuna cooperazione», in quanto si basano su «disinformazione e menzogna».

«Dedichiamo le nostre vite – spiega Palihapitiya a tutti i presenti – a questo percepito senso di perfezione perché veniamo ricompensati con questi segnali a breve termine (cuori, mi piace, pollici all’insù) dando loro valore e importanza e confondendoli con la verità. Invece la loro realtà è falsa, fragile popolarità a breve termine che ci lascia ancor più vuoti di prima perché ci inserisce in questo circolo vizioso».

Le parole di Palihapitiya s’inseriscono all’interno di un più ampio discorso già fatto emergere da altre due figure legate alla nascita Facebook: Sean Parker, cofondatore di Napster e Plaxo nonché parte del team di sviluppo di Facebook, e Roger McNamee, uno dei primi investitori. Il primo aveva dichiarato che «i social network approfittano delle vulnerabilità della psicologia» e che «modificano la relazione di un individuo con la società e con gli altri», mentre il secondo aveva posto l’accento sul fatto che «alterano la mente a colpi di disinformazione».

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