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L'opinione

Testi banali, musica loffia: il pubblico da tv sta impoverendo la musica indie

Il punto sulla situazione musicale in Italia: l'effetto X Factor porta alle stelle alcuni artisti che poi si adagiano e non cercando di migliorare, anzi...

Con l’arrivo l’autunno prendono il via le programmazioni musicali dei locali in cui si suona dal vivo e viene naturale guardare i cartelloni e cercare di capire da che parte sta andando la musica in Italia. La prima cosa che balza all’occhio è che i nomi sono più o meno gli stessi, ma questo è sempre stato così. Ci sono le varie correnti: quella indie new generation che propone Giorgiennes, Gazelle, Ex Otago, Giorgio Poi, Selton, Motta, Calcutta, Canova; c’è la corrente indie vecchia guardia con Benvegnù, Marlene Kuntz, Afterhours, Perturbazione, Bugo ecc… e ci sono poi i gruppi cover/pop.

La prima differenza che rilevo è legata alla credibilità e alla qualità tra le varie correnti. Mi sembra che il pubblico di oggi si accontenti troppo, che abbia azzerato completamente la propria capacità critica e sia poco esigente. Questo comporta un impoverimento cultural/musicale che fa male all’artista che non deve più sforzarsi e impegnarsi per essere applaudito ed apprezzato.

Mi spiego meglio e lo faccio analizzando il mondo della canzone d’autore di cui conosco meglio le dinamiche frequentandolo da molti anni tra le fila del Club Tenco.

Se negli anni passati un cantautore (penso a De Gregori, De Andrè, Gaber, Vecchioni) si fosse permesso di scendere sotto alcuni standard implicitamente presenti nelle aspettative del pubblico non avrebbe avuto vita facile (e alcune volte è successo). Da un artista si pretendeva coerenza, serietà, impegno sociale e civile, qualità e, cosa importante, si stava molto attenti ai salotti che frequentava per la vecchia legge “dimmi con chi vai e dirò chi sei”. Era lo stesso artista e non permettersi scivoloni perché sapeva che li avrebbe pagati cari (magari pure troppo in alcuni casi).

Manuel Agnelli foto Stefanino Benni

 

Oggi il culto del personaggio (che esiste prevalentemente per esposizione televisiva) porta la gente ad elevare al rango di idolo il proprio beniamino e a concedergli qualsiasi porcata. L’effetto XFactor ne è la prova: il buon Morgan, musicista di straordinario talento già con i Bluvertigo, è improvvisamente diventato l’idolo delle sedicenni per quel fascino da dandy maledetto che il format televisivo gli ha cucito addosso. Risultato: ti senti dio, smetti di pretendere da te stesso perché sai che ci sono migliaia di persone che ti adorano non per quello che fai ma per quello che incarni. Poi pubblichi dischi imbarazzanti.

Ora Morgan non è più funzionale e si punta su Manuel Agnelli (che miracolosamente resiste alle dinamiche del tubo catodico). Questa maniera di fruire la musica ha permeato tantissimi ambienti, compreso quello indie che a certe dinamiche era tendenzialmente refrattario. Mi capita spesso, quando sono in giuria in alcuni concorsi, di leggere testi di una banalità sconcertante, poco pensati, scritti male e molte volte cantati peggio.

Allora dobbiamo chiarirci le idee e capire di cosa stiamo parlando. Se quando parliamo di nuovo indie presupponiamo che basti fingersi depressi, angosciati dalla vita e maledetti per essere credibili vi dico che a me questa cosa non basta e questo tipo di arte non interessa. Per fortuna molti di questi personaggi vengono dimenticati in poco tempo e dopo un anno spariscono: la selezione naturale di Darwin perpetua magnificamente il suo compito!

Se per indie intendiamo un ambiente estraneo ad alcune logiche commerciali e con un’attenzione ad alcune tematiche (penso appunto ad Afterhours, Marlene Kuntz, Baustelle, Cristina Donà, Paolo Benvegnù, ecc…) allora mi interessa ed è pure un prodotto di alta qualità. Cristiano Godano pone una grandissima attenzione ai testi, c’è una ricerca estetica di altissimo livello senza mai perdere di vista il contenuto, così come Francesco Bianconi, o Manuel Agnelli.

Non entro nell’universo pop o neo melodico dove la qualità non è proprio criterio di giudizio. Parlo di qualità e non di gusti, mi raccomando non fraintendetemi.

Insomma… vorrei un pubblico più stronzo e intransigente, che non perdoni troppo e che pretenda di non essere preso in giro! Nostalgico? Forse. Esigente? Sicuramente (o più semplicemente il solito snob rompic… direbbe qualcuno), ma credo fortemente nel valore e nel ruolo sociale e culturale dell’artista. L’arte è quella cosa che anche e sopratutto nei momenti di crisi ci può salvare ma dobbiamo avere guide valide. Ora vi saluto e ascolto Gaber (per precisione Polli d’allevamento).

Buona musica a tutti

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