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Di treviglio

È morto il partigiano Elia Somenzi: nascondeva gli ebrei nei camion per salvarli

Classe 1928, all'età di 16 anni aveva iniziato a portare in Svizzera uomini, donne e soprattutto bambini ebrei, accovacciati tra i sacchi colmi di fiocchi di seta.

Nascondeva gli ebrei nei camion. È questa la cifra dell’intensa vita del bergamasco Elia Somenzi, morto domenica 22 ottobre. Nato a Treviglio nel 1928, ha trascorso in Lombardia la maggior parte della sua vita lavorando come soffiatore di vetro, per trasferirsi sette anni fa ad Alba (provincia di Cuneo) per stare accanto ai suoi due figli, trasferitisi in Langa per lavoro.

Partigiano, uomo giusto, Eli – come amava farsi chiamare – aveva solo 16 anni quando, lavorando con il padre, aveva cominciato a portare in Svizzera uomini, donne e bambini ebrei, sfruttando i sentieri e l’aiuto dei contrabbandieri, che facevano squillare i campanelli sul confine a vari chilometri di distanza dai passaggi nascosti attraverso i quali lui faceva scivolare verso la salvezza tante e tante persone.

Suo padre Ermanno Somenzi, di Treviglio, era un convinto antifascista. Ispettore delle filande della famiglia Bonazzi di Arzignano (Vicenza), tra i suoi incarichi c’era anche quello di far arrivare puntuale la materia prima: camion pieni di fiocchi di seta pronti per la filatura che partivano dalla bergamasca.

“Dopo l’8 settembre ’43 – aveva raccontato Elia Somenzi qualche anno fa al Corriere della Sera, in occasione della Giornata della Memoria – in quei camion cominciammo a nascondere degli ebrei. Soprattutto bambini, accovacciati tra i sacchi colmi di fiocchi di seta. Qualche volta intere famiglie”.

La destinazione era la frontiera svizzera, raggiungibile grazie a tappe collaudate e a persone coraggiose tra cui don Eugenio Bussa, prete milanese del quartiere Isola, oggi riconosciuto Giusto tra le Nazioni, che i Somenzi avevano conosciuto durante un periodo vissuto a Milano.

“Gli ebrei – nel racconto di Elia – venivano nascosti da una suora nella casa di riposo Trotti-Brambilla di Treviglio. Da lì salivano in camion e li portavamo a Milano, dove alloggiavano per qualche giorno presso famiglie dell’Isola, segnalate da don Bussa. Al momento propizio, da Milano partivamo per Cadegliano, in provincia di Varese”.

In incognito, poi, i viaggiatori da Conegliano venivano trasferiti nella cascina di un ex dipendente della filanda. “A quel punto dovevo andare avanti da solo. Al confine mancavano solo due chilometri. A piedi facevo da guida attraverso vecchi sentieri fino a ponte Tresa e Cremenaga. Il confine era segnato da un reticolato di oltre quattro metri. Appena lo si toccava, c’erano campanelli che suonavano. Potevo contare sulla complicità di alcuni contrabbandieri che, al momento giusto, scuotevano la rete in un punto concordato in modo da distrarre l’attenzione dei soldati. In questo modo era più facile passare sotto la rete in un sottopasso nascosto da un cespuglio”.

Elia Somenzi non ha mai incontrato i bambini che ha accompagnato alla salvezza. A lui è stato dedicato anche il cortometraggio “Passeur”, realizzato dagli studenti della scuola Media Vida (Alba), che l’hanno intervistato per raccontare la sua esperienza.

(Nel video il racconto dei suoi salvataggi)

(foto centrostoricoalba.gov.it)

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