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Politica estera

Malta: un viaggio nell’isola dove si è estinto il dolore

Nuova puntata della rubrica di politica estera curata da Marco Cangelli classe '97: il caso dell'isola Malta, la nuova Ibiza del Mediterraneo centrale

Fino a qualche anno fa Malta non era altro che la capitale La Valletta e qualche villaggio di pescatori sparso fra le isole di Malta e Gozo, oltre ad esser ricordato uno dei paesi più piccoli del mondo, conteso per secoli fra inglesi, francesi e spagnoli. Un’ isoletta che faceva gola a tutti quando il Mediterraneo contava negli schemi geopolitici mondiali ed ora che è diventato la terra di nessuno, o meglio il mare di nessuno, Malta è diventata quello che Carlo Collodi avrebbe definito “il paese dei balocchi”.

Feste, discoteche, musica e balli si espandono per l’isola e quella che un tempo era una fortezza inespugnabile è divenuta la nuova Ibiza del Mediterraneo Centrale, con un incremento annuo del turismo pari al 6%, la disoccupazione scesa al 4,2 % ed un surplus economico di 8,9 milioni nell’ultimo anno. Un miracolo inspiegabile per un paese dell’UE se non si tenesse conto della posizione geografica del piccolo arcipelago: Malta è posta all’interno del Mar Mediterraneo a metà strada tra le coste della Sicilia e quelle della Libia, per capirsi meglio, nel bel mezzo della “tratta della disperazione”, quella che i migranti percorrono per raggiungere l’Europa.

Pare impossibile a quel punto che richiedenti asilo e non, in fuga dalla Libia, non facciano sosta a Malta, visto che Malta è il primo paese UE sulla loro strada eppure, sorpresa delle sorprese, nel 2017, a fronte degli 83.000 migranti sbarcati sulle coste italiane, a Malta non se n’è visto nemmeno uno. Non è tutto: anche nel 2016 a Malta non si sono visti barconi transitare nelle acque territoriali, gli unici migranti che si sono visti sono stati 1200 richiedenti asilo giunti dritti dritti in aereo. A questo punto la domanda sorge spontanea: come è possibile che Lampedusa (peraltro più lontana dall’ex possedimento inglese rispetto all’Africa) pulluli di migranti, mentre a Malta non giunga nessuno?

La risposta è semplice: quando i barconi si affacciano nelle acque maltesi, la capitaneria di porto considera essi non in pericolo, quindi non necessitanti aiuto e l’unica cosa di cui i maltesi si preoccupano è che i barconi non si avvicinino alle coste. Una volta usciti dalle acque libere sarà poi compito della capitaneria di porto italiana e delle navi delle ONG a salvarli, navi anch’esse spesso e volentieri partite da Malta.
Si deve ammettere che buona parte dei libici con possibilità economiche ed alcuni personaggi discutibili riconducibili alle stesse ONG risiedono sull’isola mediterranea e, osservando le abitazioni in cui risiedono, pare facciano affari nel piccolo paese mediterraneo. Con ciò non si vuol definire Malta come il covo degli scafisti o di chi li coordina, ma il dubbio che lo sia esiste, oltre alla certezza di essersi trasformata in una nuova Libia, vista la presenza degli uffici della Banca centrale libica, della Compagnia Petrolifera nazionale, del fondo di investimento Lia.

Mentre voi state leggendo questo articolo, a Malta di certo qualche giovane spensierato sta festeggiando, mentre sulle coste del Sud Italia qualche migrante stremato sta sbarcando aiutato dagli operatori della Guardia Costiera e della Croce Rossa. Tutto ciò pare paradossale, ma purtroppo per noi è tristemente reale. La ricetta per creare un paese dove non ci sia dolore: basta creare un clima festante, far finta di non vedere chi sta peggio di noi come fanno a Malta ed il paese dei balocchi è fatto.

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