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Cinema

Cannes 70

Sulla Croisette sfarzo, vip e la giunonica Bellucci, ma coi film si parte maluccio

Sole e temperature da piena estate per l’apertura della 70esima edizione del Festival di Cannes. Un anniversario significativo e per questo un programma più nutrito del solito, con celebrazioni ad hoc e numerosi ospiti e personalità. E aumentano anche i party attorno alla Croisette.

Sole e temperature da piena estate per l’apertura della 70esima edizione del Festival di Cannes. Un anniversario significativo e per questo un programma più nutrito del solito, con celebrazioni ad hoc e numerosi ospiti e personalità. E aumentano anche i party attorno alla Croisette.

Il clou dei festeggiamenti si raggiungerà il 23 maggio al Grand Theatre Lumière quando, durante una serata speciale dedicata al Settantesimo e presentata da Isabelle Huppert, si celebrerà il grande cinema con proiezioni di spezzoni di film, immagini d’archivio e show di artisti, alla presenza dei protagonisti del cinema che hanno vinto la Palma d’Oro o lasciato il segno a Cannes.

Sono attesi infatti Clint Eastwood –presidente della Giuria nel 1994 – che presenterà una copia restaurata della pellicola “Unforgiven” (“Gli spietati”) e inaugurerà le “Masterclass del 70esimo”; Jane Campion, fino ad oggi l’unica regista donna ad aver vinto al Palma d’Oro con “Lezioni di piano” (1993) che presenterà il suo ultimo lavoro, la serie tv “Top of the lake: China girl”; David Lynch – vincitore della Palma d’Oro nel 1990 con “Wild at heart” (“Cuore selvaggio”), miglior regista nel 2001 con ”Muholland Drive” e presidente della Giuria nel 2002 – che torna al Festival con la terza stagione della serie tv “Twin Peaks”.

Ricordiamo tra l’altro la polemica sui materiali tv presentati al festival che è sfociata nella decisione assai discutibile di non ammetterne più, come se i due canali non fossero da sempre comunicanti e a buon diritto.

E ancora: Alejandro Inarritu , vincitore come miglior regista con “Babel” presenterà il corto “Carne y Arena” con un’incredibile installazione di Realtà Virtuale; Alfonso Cuaròn terrà una masterclass; un tributo al regista André Techiné, tra i maggiori della Nouvelle Vague; la proiezione del film “24Frames” ricorderà il grandissimo Abbas Kiarostami, morto lo scorso anno e Palma d’Oro nel ’97 con “Taste of cherry”. Sia l’attrice Robin Wright che Kristen Stewart presenteranno qui i loro primi cortometraggi da regista.

La cerimonia d’apertura è stata condotta per la seconda volta da Monica Bellucci – sempre più giunonica anche per merito di chi la veste – che sarà la madrina della cerimonia di chiusura.

L’atmosfera fuori dal Grand Theatre Lumière era al solito di grande mondanità con un pizzico di surrealismo, date le lunghe code di invitati in abito da sera e smoking sotto il sole cocente delle quattro del pomeriggio, poi le star che sbucano da auto blu, e la gente a grappoli appollaiata ovunque per riuscire a cogliere un click.

Detto tutto ciò dobbiamo registrare che sul fronte cinematografico la partenza è stata assai fiacca con il film d’apertura di Arnaud Desplechin “Les fantomes d’Isamel”, fuori competizione, davvero ridondante e inconcludente, nonostante un’ottima fotografia e buone interpretazioni degli attori. Accoglienza glaciale da parte del pubblico della stampa, e giustamente, perché anche applicandoci diligentemente per cogliere i molteplici indizi inseriti dal regista – il personaggio Dedalus, il cui nome apre la pellicola introduce a un percorso narrativo labirintico e rimanda alla tecnica joyciana dello stream of consciousness, il quadro di Pollock che propone più immagini sfaldandole in un astratto, i riferimenti alla prospettiva rinascimentale, l’appellativo della prima moglie del protagonista che torna dopo 21 anni (che di nome fa Carlotta come la protagonista di “La donna che visse due volte “ di Hitchcock e di cognome fa Bloom come il protagonista di “Ulysses” di Joyce, aridajje…) – nonostante tutto questo dicevamo, resta un film affastellato, stratificato inutilmente su più livelli e più generi.

Spy story, dramma, commedia, e poi il menage à trois, il “regista interrotto”, il film nel film, la “sindrome di Elsinor” che riempie il sonno di incubi, Desplechin non si fa mancare nulla, neppure – ancora… – un ritorno a Roubaix sua città natale, per dire malamente che il presente non si affranca mai dal passato e viverlo è difficile, ma con un figlio in arrivo è possibile guardare al futuro. Ok, grazie.

Non sono da meglio i primi due film in concorso, brutto “Nelyubov” del russo Andrey Zvyagintsev e assai brutto “Jupiter’s moon” dell’ungherese Kornel Mundruczò. Ma come ha fatto quest’ultimo ad essere ammesso?

Bella prova invece di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza con “Sicilian Ghost Story”, già vincitori nel 2013 di entrambi i premi della Semaine de la Critique -Grand Prix e Prix Révélation-ma questa è un’altra storia che merita un altro articolo.

 

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