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Libri

Testimoni del vangelo

Colpito da una pallottola, il vescovo Joe porta una cicatrice d’amore

"Joe" è il nuovo volume, edito da Velar e Marna, distribuito dalla Fondazione Santina Onlus che raccoglie la splendida testimonianza di monsignor Joseph Alessandro, conosciuto da tutti come Joe e vescovo di Garissa, ferito in Kenya da una pallottola.

Una testimonianza incredibile quella raccolta nel libro “Joe” edito da Velar e Marna e distribuito dalla Fondazione Santina Onlus (Clicca qui)  che ripercorre i drammatici momenti quando monsignor Joseph Alessandro, conosciuto da tutti come Joe e vescovo di Garissa, è stato ferito in Kenya da una pallottola. Joe è stato la guida al campo profughi di Dadaab Refugee Camp per la Fondazione Santina di monsignor Luigi Ginami che ha avviato in diverse parti del mondo progetti di carità per essere accanto ai più poveri, ai più soli, a più dimenticati.

Era il 18 ottobre, guidavo la macchina, con me c’erano anche tre volontari maltesi che si trovavano in Kenya da un po’ di tempo. Ad alcuni chilometri di distanza dalla parrocchia, quattro uomini armati, puntando le armi alla nostra auto, fecero segno di fermarci. Facevano parte del gruppo terroristico Shifta”.

Comincia così la drammatica testimonianza di monsignor Joseph Alessandro, attuale vescovo di Garissa, in Kenya, che in un volume dal titolo “Joe” (Clicca qui)  racconta la sua storia, da quando era un semplice frate cappuccino alla strage terroristica che 2 anni fa causò la morte di 150 persone all’università della città. Lo stesso vescovo ha un passato fatto di sofferenza, con un episodio, risalente al 1993, che ha segnato la sua vita per sempre.

Ecco qui il libro in formato elettronico gratuito: http://www.fondazionesantina.org/wp-content/libri/JOE/index.html

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Il volume, già splendido per questa testimonianza di fede, è preceduto dalla preziosa e profonda riflessione di monsignor Dario Edoardo Viganò, Prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, di cui proponiamo uno stralcio.

“Faccio fatica a continuare a scrivere dopo aver letto l’ultima parte del testo. Vorrei lasciare spazio al silenzio e alle lacrime, all’ascolto e alla tenerezza, al perdono e alla misericordia per meditare e accogliere la testimonianza preziosa di questi martiri. Affiorano alla memoria le affermazioni di Papa Francesco nell’omelia a Santa Marta del 30 gennaio 2017: «I martiri sono quelli che portano avanti la Chiesa; sono quelli che sostengono la Chiesa, che l’hanno sostenuta e la sostengono oggi. E oggi ce ne sono più dei primi secoli. I media non lo dicono perché non fa notizia: tanti cristiani nel mondo oggi sono beati perché perseguitati, insultati, carcerati. Ce ne sono tanti in carcere, soltanto per portare una croce o per confessare Gesù Cristo: questa è la gloria della Chiesa e il nostro sostegno e anche la nostra umiliazione, noi che abbiamo tutto, tutto sembra facile per noi e se ci manca qualcosa ci lamentiamo. Pensiamo a questi fratelli e sorelle che oggi, in numero più grande dei primi secoli, soffrono il martirio».
Provo un senso di gratitudine verso questi fratelli nella fede che pagano con la sofferenza, con le torture, con ogni genere di violenza, perfino con la vita, la loro fedeltà a Cristo e al Vangelo. I loro nomi sono da ricordare come persone care, familiari, che pagano per la nostra libertà, anche se noi non ci pensiamo e, forse con un po’ di superficialità, diamo per acquisito ciò che scontato non è. In questo momento scorrono davanti ai miei occhi i volti degli studenti cristiani massacrati nel campus universitario di Garissa, in Kenya. A questi si aggiungono il volto di Asia Bibi, imprigionata in un carcere pakistano da 2.160 giorni con l’accusa di blasfemia. I volti delle migliaia di cristiani fuggiti da Mosul dopo che le loro case erano state marchiate come abitazioni dei seguaci di Gesù. «A Mosul abbiamo lasciato tutto, ma non abbiamo perso ciò che di più prezioso ci era rimasto: la nostra fede», aveva detto il vescovo Abel Nona, profugo con altri 100mila dalla Piana di Ninive. Così, i fotogrammi di una persecuzione sempre più globalizzata, come sostiene Papa Francesco, si susseguono, mentre ci inchiniamo davanti al sacrificio di tanti fratelli, per i quali anche una pallottola si trasforma in dono, per Amore”.

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