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L'inchiesta

“Tempi lunghi e famiglie meno ricche”: il difficile momento delle adozioni a Bergamo

La nostra inchiesta sul mondo delle adozioni in Italia e a Bergamo, tra burocrazia infinite e famiglie economicamente meno disponibili rispetto a qualche anno fa: "Tanti non riesco ad arrivare alla fine del percorso e rinunciano al minore"

La legge del 4 maggio 1983, n. 184, art. 27 recita che “l’adozione fa assumere, al minore adottato, lo stato di figlio nato nel matrimonio degli adottanti, dei quali porta anche il cognome”.
Detto così crediamo non si capisca l’enormità di un gesto del genere; parole fredde che non fanno capire quanto amore e sacrificio vi siano dietro un’adozione.

Abbiamo pensato, allora, che potesse essere interessante entrare nel merito ed indagare: sappiamo che nella provincia di Bergamo ci sono moltissimi ragazzi e ragazze adottati, piccoli e grandi, e ognuno di loro ha la sua storia da raccontare.

Per cominciare col piede giusto abbiamo allargato un po’ il tiro e grazie alla chiacchierata con la dottoressa Ornella Arena siamo riusciti ad avere un breve quadro generale di com’è la situazione oggi.

“Alla nostra sede di Segrate si rivolgono moltissime famiglie di Bergamo”. Parte così: lei lavora come volontaria per l’AIAU Onlus ed è la responsabile della sede di Segrate (quella centrale si trova a Firenze). “Posso dire che il mondo dell’adozione attualmente sta vivendo un periodo di crisi a causa di motivi differenti. Parlo principalmente di ragioni economiche per le famiglie e di tempistiche. I tempi di attesa prima di concludere l’iter sono diventati davvero lunghi in molti paesi, a volte fino a cinque anni. Diverse famiglie non riescono ad arrivare alla fine del percorso adottivo e si trovano a rinunciare al loro progetto perché le loro condizioni psicologiche, economiche e familiari nel frattempo sono cambiate”.

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La sua associazione ha rapporti più che altro con l’Etiopia, l’Ungheria e l’Ucraina. Ci ha raccontato di una situazione assolutamente positiva fino a tre anni fa circa, per quanto riguarda l’Etiopia. Successivamente, a causa di nuove disposizioni dettate dal governo etiope e le difficoltà di uniformare le procedure nelle varie regioni dell’Etiopia, gli iter adottivi hanno subito notevoli rallentamenti, periodi di fermo, quindi i problemi per le famiglie in attesa sono aumentati: “Non conosco tutte le profonde motivazioni che continuano a rendere questa situazione problematica, ma queste difficoltà riguardano tutti gli enti e tutti i paesi esteri che effettuano adozioni in Etiopia. Indubbiamente gli enti continuano a cooperare perché la sussidiarietà e la cooperazione nei paesi di origine dei bambini è il punto di partenza per sostenere le famiglie locali e ridurre gli abbandoni. L’adozione internazionale arriva solo come ultima opportunità per il minore, se non si è riusciti a scongiurare – appunto – l’abbandono”.

Va meglio per quel che riguarda i paesi dell’est Europa: “Ungheria e Ucraina vanno molto bene. Le famiglie sanno che per una scelta del genere si devono mettere in gioco tante cose. È una scelta che ti cambia. Noi siamo attentissimi a tutte le dinamiche possibili, per esempio al trauma che può subire un bambino. Mi spiego meglio… Stiamo parlando principalmente di bimbi già grandicelli, tra i 6-7-8 anni. In Ungheria c’è molta attenzione alla cura del bambino e alla sua preparazione all’adozione. I minori vivono in affidamento familiare, seguiti da psicologi, medici e assistenti sociali. I bambini ‘conoscono’ la coppia che li adotterà prima di incontrarli grazie, ad esempio, a fotografie. Dall’altra parte in Italia, le nostre coppie in partenza vengono preparate con percorsi di formazione condotti da psicologi, mirati all’accoglienza di ‘quel bambino’, proveniente da ‘quel Paese’, partendo dalle relazioni psicosociali stilate dai servizi sociali esteri. In Ungheria ed Ucraina i tempi di attesa sono abbastanza brevi: in circa un anno si può concludere l’iter e la permanenza nel paese straniero è intorno ai 45 giorni per conoscere il bambino ed espletare le pratiche burocratiche. Siamo felici di collaborare con paesi così, perché hanno un ottimo sistema, molto attento, e stiamo parlando di paesi seri e affidabili dove le adozioni avvengono in maniera abbastanza fluida”.

I feedback che ricevono sono buonissimi: si parla di ragazzi sereni, con le loro normali domande e crisi adolescenziali. Ma qualora ci fossero problemi c’è sempre chi va a supportare le famiglie con tutta la sua professionalità.

D’accordo con lei è la dottoressa Gabriella Babini, psicologa e psicoterapeuta dei consultori dell’Ambito territoriale di Dalmine, ASST BGOVEST. Ci ha parlato delle varie modifiche nello scenario, in termini numerici e di complessità. Indubbiamente si va registrando un calo; “tra le tante cause elencate io penso anche alle tecniche mediche oggi più avanzate di inseminazione artificiale. Oppure l’età più avanzata dei possibili genitori o la diminuzione dei matrimoni”. Sappiamo infatti che uno dei requisiti per l’adozione è il matrimonio, che deve avere una durata pregressa di almeno tre anni, i quali si possono conteggiare anche con la convivenza stabile e documentata, a cui deve comunque seguire il matrimonio.

C’è una grande variazione dal punto di vista numerico: parlando di adozioni internazionali e nazionali (di cui in genere si parla poco) le ultime statistiche ci dicono che l’età dei bimbi è in crescita. Siamo fra i 5 e 6 anni, con una diminuzione dei neonati dall’estero. Il panorama è vasto: dai bimbi dei quali non si conoscono i genitori , a quelli non riconosciuti, arrivando a quelli allontanati dalla propria famiglia di origine per diversi problemi. Noi ci dobbiamo assolutamente preoccupare di far capire ai genitori l’importanza dell’età del bambino. Stiamo parlando di imparare a ‘maneggiare’ la storia pregressa”.

E’ stato bello poi capire insieme alla dottoressa Babini quanta incidenza può avere nei rapporti il fatto che uno dei due genitori sia a sua volta stato adottato: “Questo è un ottimo spunto di riflessione. Ho avuto alcuni casi e quello che posso dirle è che si vede la differenza. Cambia l’approccio: attenzione, con ciò non sto togliendo importanza agli ‘altri’ genitori! Semplicemente sto dicendo che ho notato una maniera diversa di affrontare la storia del bambino. Tempo fa ho avuto a che fare con una coppia in cui uno dei due genitori era appunto stato adottato. Prima però le disposizioni che si davano erano differenti, per cui questa persona non era a conoscenza del suo passato. Così consigliai di affrontare il discorso coi genitori: è stato bellissimo sapere come loro, persone di circa 80 anni, non vedessero l’ora di raccontare come era avvenuta l’adozione e quale fosse il passato di questa persona. Ho visto la trasformazione che avvenne nel futuro genitore: egli ricostruì pezzo per pezzo la su storia, grazie ai ricordi dei suoi genitori. Capii subito il tipo di impegno che avrebbe messo nel confrontarsi col bimbo che avrebbe adottato e con il suo passato”.

Oggi sappiamo di famiglie che a distanza di 5/6 o 10 anni vogliono provare a ri-approfondire il loro rapporto come coppia e col bambino che anni prima avevano adottato: “È importantissimo e noi siamo pronti a seguirne l’iter, ad accompagnarli in ogni passo: primo fra tutti far capire e ricordare che al di là di ogni cosa il bimbo che arriva è un dono incredibile”.

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