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L'analisi

Allarme terrorismo, no alle crociate contro l’Islam: ecco le soluzioni fotogallery video

Dopo la strage di Nizza, l'ennesimo attentato degli ultimi anni, il nostro Marco Cimmino, esperto di storia e politica internazionale, analizza la situazione e propone possibili soluzioni

Quando ci si trova di fronte a un fenomeno terribilmente complesso e, al tempo stesso, assolutamente stringente, come quello del terrorismo o, se si preferisce, della guerra asimmetrica, bisognerebbe aver ben chiari alcuni concetti che, nella circostanza, possono aiutare a capire meglio come affrontare il problema e come cercare di gestirlo: l’ultima cosa di cui si necessita in questi casi è un approccio emotivo o superficiale, come gridare alla crociata contro l’Islam o, per contro, disegnare coi gessetti colorati, piagnucolando per le vittime dell’umana crudeltà.

Il primo concetto fondamentale è che queste morti, queste azioni efferate, non sono frutto della follia: esattamente come quella che animava i carnefici nazisti o quelli staliniani, questa aberrante violenza è figlia di una Weltanschauung diversa dalla nostra, ma perfettamente coerente e logica. Ritenerla follia è, certamente, rassicurante ed autoassolutorio, ma è fuorviante: siamo di fronte a dei fanatici, non a dei pazzi.

Gli esecutori saranno pure pedine psicologicamente labili, emarginati delle banlieues o ragazzotti viziati a caccia di brividi, ma chi li usa come armi umane non è né pazzo né, tantomeno, stupido: ha precise strategie ed altrettanto precisi obiettivi. E non si risponde alla strategia con le chiacchiere da bar o con i belati, ma con strategie migliori.

Perciò, mai come oggi bisognerebbe lasciare da parte gli isterismi e cercare di capire. Per cominciare, capire a chi veramente muovano guerra questi terroristi: se sia un Jihad contro l’Occidente infedele oppure una guerra interna all’Islam, di cui noi siamo, per così dire, uno dei campi di battaglia.

Inoltre, sarebbe opportuno domandarsi per quale motivo si continui ad avere proficue relazioni commerciali con Paesi che proteggono e finanziano il terrorismo islamico, invece che boicottarli e isolarli politicamente: la pecunia potrà anche non puzzare, ma, in certi casi, scotta.

Un’altra cosa su cui bisognerebbe riflettere è la nostra capacità di contrasto: tendiamo a delegare la nostra difesa ad entità vagamente astratte, come l’intelligence o le forze speciali, ma la prima difesa dovremmo organizzarcela da soli. Imparare a fronteggiare certe emergenze, come si impara a evacuare le scuole in caso d’incendio non risolverebbe il problema, ma ne attenuerebbe gli effetti: se, anziché farsi sparare come pecore, si sapesse reagire (penso a Israele, che convive da decenni con questo problema), ci sarebbero meno perdite. Ed anche un morto in meno è una vittoria.

Infine, dovremmo imparare a ragionare geostoricamente: a contestualizzare, a collocare nel corretto scenario, a vedere responsabilità ed errori di chi ci ha condotto fin qui e gestisce la crisi. Ma capisco che, forse, questo è chiedere troppo.

Per concludere, l’Europa si è sempre salvata grazie all’intelligenza adattativa: io credo che, un’altra volta, solo l’intelligenza adattativa ci potrà salvare.

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