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Accoglienza

Mostra all’ex carcere di Città Alta: i profughi fanno le guardie

Ventidue migranti della Cooperativa Ruah, a turno, hanno offerto il loro contributo come guardie museali, dando una mano ad allestire e tenere puliti gli spaz della mostra

Non solo pitture, fotografie e installazioni artistiche nel cuore di Città Alta. Dietro al successo della mostra “Super Potere! L’immaginazione ha il potere, mostra dell’arte ri-generata” allestita dall’1 al 10 aprile negli spazi dell’Ex Carcere di Sant’Agata, c’è anche il lavoro della tante persone che hanno lavorato dietro le quinte.

Tra le tante, figurano anche 22 migranti della Cooperativa Ruah che alloggiano a Casa Castagneta, nell’ex scuola materna di Città Alta. Compresi tra i 20 e i 30 anni d’età e provenienti da Gambia, Ghana, Mali, Nigeria e Senegal, i ragazzi hanno offerto il loro contributo improvvisandosi guardie museali, monitorando le sale dove si svolgeva l’esposizione e dando una mano ad allestire e tenere puliti gli spazi: prima, durante e dopo la mostra. E, ovviamente, dispensando informazioni utili ai turisti. Del resto, loro, l’inglese e il francese lo parlano a meraviglia.

“Siamo molto soddisfatti di questa collaborazione”, commenta Stefano ‘Kino’ Ferri, Presidente dell’Associazione di Promozione Sociale Maite di Città Alta, nonché gestore provvisorio dello spazio Sant’Agata. “Tant’è che pensiamo di proseguire anche nella prossima mostra, che si terrà dal 21 aprile al 5 maggio”.

I migranti hanno trovato negli spazi dell’ex carcere una sorta di seconda casa. E’ proprio lì, infatti, che dal lunedì al giovedì frequentano le lezioni di italiano con i docenti del Patronato San Vincenzo di Bergamo (4 ore di studio al giorno, dalle 14,30 alle 18,30) ed è proprio lì che una volta alla settimana vengono organizzate cene solidali dove ognuno di loro porta a tavola le specialità culinarie del proprio paese d’origine.

Loro imparano da noi e noi impariamo da loro“, spiega Kino. “Attività di volontariato come questa sono utili: permettono di conoscere queste persone per quello che sono, e abbattere il muro di sospetto e pregiudizio che ci separa da loro”.

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