C’erano esponenti delle istituzioni e delle associazioni al toccante momento di silenzio per ricordare le vittime delle stragi di martedì a Bruxelles in piazza Vittorio Veneto a Bergamo. Dal sindaco al prefetto, dal questore ai parlamentari ai consiglieri regionali, ai politici di destra e sinistra ai primi cittadini di diversi Comuni della Bergamasca. Persino la Guardia di Finanza.
E i rappresentanti del Centro culturale islamico di Bergamo e alcune donne musulmane. Insomma un ventaglio di quello che fa comunità, che rappresenta la comunità bergamasca.
Ma nell’elenco abbiamo notato un’assenza: quella della Chiesa di Bergamo. Possibile che nessun sacerdote, nessuna suora abbia voluto scendere in piazza per sostenere le vittime della strage proprio nell’anno del Giubileo della Misericordia?
Qualcuno potrebbe rispondere che la religione cattolica non vuole e non può prestarsi a eventi “divisivi”, eppure qualche giorno prima gli spazi a due passi da Palafrizzoni, quelli del teatro della chiesa delle Grazie erano stati utilizzati per un incontro pubblico con la Lega e Magdi Allan, campioni – oseremmo dire – della strategia della divisione.
Ma nella giornata dell’attacco al cuore dell’Europa abbiamo osservato un’altra incongruenza, questa volta della comunità islamica di Bergamo che ha diramato un comunicato di sdegno e dolore per i tragici fatti del Belgio. Una ventina di righe in cui si citava persino il presidente Obama a Cuba, ma mancava una parola importante: “condanna”.
Può sembrare una svista, un dettaglio. Ma non lo è.
Non può bastare lo sdegno. Ai musulmani che vivono a Bergamo si chiede una forte e chiara presa di distanza da chi lancia bombe e uccide nel nome di Allah.
Sembra retorica ma, per dirne una, quando avviene un evento violento in un campo di calcio, succede anche a Bergamo con l’Atalanta, si esige la condanna netta da parte della società e della squadra. Oppure, all’indomani della strage mafiosa di Capaci, la città di Palermo scendeva in piazza a dire “quelli son assassini, non c’entrano con noi”.
Questo dovrebbe fare la comunità musulmana che sappiamo essere sana e non violenta: lo gridi, lo ribadisca. Lo scriva.
È necessario, quanto mai doveroso, per proseguire a vivere e a costruire una società in cui ognuno venga rispettato e tutelato per i propri valori.
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