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Anche a bergamo

Maxi truffa da 220 milioni di euro: 7 arresti

L'operazione della Guardia di Finanza di Como ha portato a ordinanze di custodia cautelare nei confronti di sette persone, unitamente a numerose altre attività delegate dall'autorità giudiziaria tra cui sequestri di beni mobili ed immobili

Ha toccato anche la provincia di Bergamo l’operazione degli uomini della Guardia di Finanza di Como che stanno dando esecuzione, dalle prime ore di giovedì mattina, a ordinanze di custodia cautelare nei confronti di sette persone, unitamente a numerose altre attività delegate dall’autorità giudiziaria tra cui sequestri di beni mobili ed immobili per un ammontare complessivo pari a 63 milioni di euro.

Oltre a quella di Bergamo, interessate anche le province di Como, Milano, Monza Brianza, Vicenza, Lecco, Padova, Piacenza, Brescia, Modena, Verona, Bolzano e Trento.

Secondo le indagini e la ricostruzione dell’autorità giudiziaria, le persone raggiunte da misura cautelare sono i promotori e organizzatori di un’associazione a delinquere di tipo transnazionale dedita alla commissione di numerosi reati di natura fiscale, mediante il noto fenomeno della “frode carosello”, basato sull’interposizione fittizia di prestanome in operazioni commerciali e sull’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

In particolare, i prestanome, definiti “cartiere”, si interponevano fittiziamente nelle cessioni e negli acquisti di materiale ferroso tra un’impresa, fornitrice in nero, ed un’altra impresa operante nel territorio comasco, destinataria finale della merce illecitamente commercializzata.

Le “cartiere” emettevano fatture per operazioni inesistenti, caricando su di sé il debito fiscale relativo all’iva sulle operazioni, salvo poi scomparire o comunque non ottemperare ai versamenti dell’imposta e agli altri obblighi fiscali, così consentendo alla società cliente finale di giustificare contabilmente acquisti di merce di rilevante entità, a prezzi concorrenziali, grazie all’annotazione di costi fittizi, documentati dalle fatture per operazioni inesistenti, con il conseguente indebito abbattimento del reddito.

Gli amministratori delle principali cartiere coinvolte prelevavano poi in prima persona ingenti somme di denaro dai conti correnti intestati alle società amministrate, denaro che in parte tornava al destinatario delle fatture, ed in parte serviva per pagare la merce venduta in nero.

Le indagini hanno permesso di accertare l’emissione e l’annotazione di fatture operazioni inesistenti per un totale di quasi 220 milioni di euro, l’evasione di Ires per circa 50 milioni di euro, e di Iva per 1 milione e 200mila euro, nonché la sottrazione a tassazione di 22.588.299 di euro di ricavi.

 

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