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L'intervento

Gori: “Maroni vada a Roma a chiedere più autonomia, ora non confonda le carte”

Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori risponde al presidente della Regione Roberto Maroni che ha definito “inevitabile” il referendum per l'autonomia.

Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori risponde al presidente della Regione Roberto Maroni che ha definito “inevitabile” il referendum per l’autonomia. Nei mesi scorsi il primo cittadino di Bergamo, insieme al presidente della Provincia Matteo Rossi, sono riusciti a strappare una promessa a Maroni: niente referendum se il governo aprirà le porte alla Lombardia. Gori si è fatto promotore di un documento sottoscritto da moltissimi esponenti lombardi del centrosinistra. Forte di quel sostegno trasversale Maroni avrebbe dovuto presentare da Renzi o dal ministro Boschi con la richiesta di più autonomia. Finora ha temporeggiato, anzi, lunedì ha addirittura fatto un passo indietro. Ora Gori lo esorta a impegnarsi di nuovo.

L’intervento del sindaco di Bergamo

"Maroni dice che a questo punto il referendum sull’autonomia gli sembra inevitabile? A me pare esattamente il contrario. E’ evitabile e va evitato, risparmiando qualche decina di milioni di euro, visto che lo stesso risultato ricercato con il referendum – una "spinta politica" per avviare col governo centrale una trattativa per la maggiore autonomia della Lombardia – è di fatto già contenuto nel documento sottoscritto da tutti i sindaci dei capoluoghi e da tutti i presidenti delle province della Lombardia. Quelle 23 firme, politicamente trasversali, rappresentano il mandato al Presidente Maroni perché vada Roma, tratti col Governo e porti a casa la maggiore autonomia prevista dall’art.116 della Costituzione, a cui questa regione legittimamente aspira. Maroni ci aveva detto proprio questo: portatemi le firme, e quelle varranno almeno quanto il referendum. Ora le firme ci sono – agli amministratori del PD si sono aggiunti anche quelli della Lega e il sindaco di Milano Pisapia – ma lui non è ancora andato a Roma per aprire seriamente la trattativa. Dice che il “test” era costituito dall’atteggiamento del Governo sui costi standard, ma i costi standard sono altro rispetto a quello di cui parla il referendum, per quanto auspicati da tutti noi amministratori lombardi. Così come “altro” è il residuo fiscale.

Maroni non può confondere le carte. Continueremo insieme la battaglia per i costi standard e per la correzione del residuo fiscale, ma adesso c’è in ballo un’altra cosa: l’utilizzo della previsione costituzionale per consentire alla Lombardia una forma di federalismo “rafforzato”. E’ su questo che si deve concretamente impegnare, chiedendo un apposito incontro al premier Renzi o al ministro Boschi. Se le risposte saranno negative ci avrà a fianco nella campagna referendaria, ma se questo non avviene significa che il referendum è utilizzato solo come arma di propaganda, senza alcun interesse reale a cambiare davvero le cose".

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