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L'intervista

I Diaframma a Bergamo: “Da Siberia a Labbra blu, la nostra storia al Druso”

La band fiorentina guidata da Fiumani venerdì 9 ottobre torna sotto le Mura venete, precisamente al nuovo Druso di Ranica: "Ci presenteremo, come al solito, senza una vera e propria scaletta. L'unica certezza è che ci saranno i nostri più grandi successi e un mix del nostro repertorio. Bergamo è la culla dei Verdena: quei ragazzi mi piacciono molto".

Era il lontano 1984 quando "Siberia" – primo e storico album dei Diaframma – fece la sua comparsa sugli scaffali dei negozi di dischi. Da allora, il gruppo fiorentino ha vissuto molteplici metamorfosi: dalle cupe ed introverse atmosfere dark-wave degli esordi, al cantautorato maturo ed impegnato dei giorni nostri, passando per i continui cambi di line-up.

Cio’ che è passato, presente e futuro, invece, continua ad echeggiare nelle liriche di Federico Fiumani: artista transgenerazionale, nonché figura imprescendibile del rock indipendente italiano degli ultimi quarant’anni. Lo abbiamo intervistato in occasione dell’esibizione che venerdì 9 ottobre lo vedrà protagonista al nuovo Druso di Ranica, il tempio della musica live bergamasca.

Federico Fiumani e i Diaframma; i Diaframma e Federico Fiumani. Oggi si può dire siano la stessa cosa?

"Credo proprio di sì. Si può parlare di un progetto solista chiamato ‘Diaframma’. Del resto, ho fondato il gruppo e scritto sempre tutte le canzoni. Questo non significa voler sminuire i ragazzi dell’attuale formazione, con i quali mi trovo benissimo. Sono degli ottimi musicisti, specialmente quando suonano dal vivo".

Ecco, a proposito di esibizioni dal vivo… Cosa dovrà aspettarsi il pubblico del Druso? Quali Diaframma li attenderà sul palco?

"Di solito non seguiamo un percorso predefinito, non abbiamo una ‘scaletta’. Proponiamo un mix del nostro repertorio. Un mix che rivive le decadi attraversate dalla band: dai pezzi anni’80, agli anni ’90 e 2000. Molto dipende dagli umori del momento. ‘Siberia’, ‘Labbra Blu’ e ‘Diamante Grezzo’ le suoniamo quasi sempre".

"Decadi", come recitava il titolo di una canzone dei Joy Division, una delle sue band di riferimento. Ripercorrendole si può osservare il percorso stilistico che ha attraversato la carriera dei Diaframma: dalla dark-wave di matrice anglosassone dei primi anni ’80 al vivace cantautorato rock degli ultimi album. Un bel cambiamento…

"Certamente. Molto può essere dipeso dai continui cambi di formazione, ma anche dai miei personali orientamenti musicali. Tutto è cambiato quando mi sono messo a cantare, nel 1989. Da quel giorno ho cambiato modo di suonare la chitarra: con un approccio più ritmico, da accompagnamento. Poco o nulla a che vedere con il suono tipico della new-wave".

Già, la new-wave: movimento tra i più floridi della storia del pop e del rock. Lei ha catalizzato quel suono, quel modo di fare musica e lo ha trapiantato in Italia. Una sfida difficile che lei ha senz’altro vinto. Rimpiange molto quegli anni?

"Firenze e i primi anni ’80? Quello fu un periodo che ricordo con grande entusiasmo. A quell’epoca i Diaframma erano una band d’avanguardia, se non altro qui in Italia. Firenze era una città vivissima, con una gran concentrazione di artisti. Questo grazie anche ai negozi di dischi, che facevano arrivare dall’estero molte delle novità musicali. Erano dei veri e propri luoghi di culto. C’erano etichette indipendenti che poco o nulla avevano da invidiare alle label inglesi e che supportavano il nostro modo di fare musica. Decidemmo di incidere il nostro primo disco con la I.R.A. Records. Il disco in questione era ‘Siberia’, che vendette oltre 50.000 copie e ci fece conoscere in tutt’Italia. E poi c’erano tantissimi locali dove poter suonare dal vivo. L’Indipendent Music Meeting, del resto, nacque proprio a Firenze nel 1984. La scena underground dell’epoca vantava gruppi come Diaframma, Neon, Pankov e Litfiba. Niente male, no?".

Si, direi di si. Litfiba e dunque Piero Pelù… Lei e Piero eravate grandi amici. Cosa ne pensa delle critiche che spesso gli riservano gli addetti ai lavori? C’è chi lo reputa uno dei grandi ‘traditori’ del rock… So, tra l’altro, che lei gli ha dedicato una canzone.

"Io e Piero abbiamo vissuto a stretto contatto per molto tempo. Suonavamo per la stessa etichetta e condiviso numerose tournèe. Poi abbiamo preso strade diverse. Io sono rimasto ancorato al mondo dell’underground, lui ha spiccato il volo verso quello del mainstream. Il mio approccio è più intimista e introverso: amo suonare in piccoli club, a pochi passi dalla gente. Lui riempie gli stadi… Ma ai suoi detrattori dico una cosa: è un ottimo artista e il successo che ha avuto, e che ha tutt’ora, è pienamente meritato. La canzone che gli ho dedicato è intitolata ‘Ottovolante’ e fa parte del mio ultimo album, ‘Preso Nel Vortice’".

Se Firenze è il feudo di Diaframma e Litfiba, Bergamo è la culla dei Verdena…

"Mi piacciono molto quei ragazzi. Hanno talento e un’assoluta dedizione per la loro musica. E Bergamo li ama… Sono una delle realtà rock che più apprezzo in Italia".

Cosa manca a Bergamo rispetto ad altre città in termini di proposta musicale? Pochi giorni fa Città Alta ha ospitato il concerto di Giorgio Canali e un’esibizione degli stessi Verdena. E al Teatro Creberg, il prossimo marzo, suonerà Paolo Conte…

"A Bergamo, semplicemente, ci sono pochi locali pensati per ospitare concerti di musica rock. E il Druso è uno di questi. Ne farei una questione logistica, più che culturale. A Milano, Bologna, Firenze o Torino ce ne sono molti di più, perché sono città molto più grandi. Tutto qua".

Restando in orbita wave… Sicuramente avrà notato l’enorme ondata revival che dall’inizio degli anni 2000 ha invaso il mercato discografico. Mi riferisco, ad esempio, al successo planetario di band come Interpol ed Editors. Un semplice copia-incolla aggiornato ai nostri tempi o c’è di più?

"La musica evolve in modo lento e graduale. Certi dischi degli anni ’70 e ’80 suonano ancor oggi attuali e sono tutto fuorché obsoleti. Non mi sorpende che molte band abbiano ripreso e aggiornato quel tipo di sonorità. Si può parlare di ‘riciclo’ e non ci vedo nulla di male".

Musica senza tempo, dunque. Un po’ come quella contenuta in "Siberia": a detta di molti, il vostro miglior album. Probabilmente, il migliore della new wave italiana tutta. Sono quelli i Diaframma ai quali si sente emotivamente più legato?

"Si, direi di sì. Anche se, ci tengo a ribadirlo, i ragazzi con i quali lavoro oggi mi stanno dando grandi soddisfazioni. Sono davvero formidabili".

Lei, oltre che musicista, è anche scrittore. Esistono un album e un libro della sua vita?

"Scrittore? Non proprio, ma va bene lo stesso. Per quanto riguarda l’album, non ho dubbi: ‘Marquee Moon’ dei Television".

E il libro?

"Amo i racconti di Alberto Moravia, quelli dal ’29 al ’52".

"Marque Moon", Tom Verlaine e i Television. Ottima scelta. A questo punto le chiedo… cosa ascolta oggi uno come Federico Fiumani?

"Oggi come oggi ho in camera un disco dei T. Rex (un gruppo glam-rock degli anni ’70, ndr) e uno degli stessi Television. Ma anche Abba e Negrita".

Fuori dal tempo e fuori dalle mode. Federico Fiumani è un artista che riesce a vivere di sola musica?

"Si, e ne sono felice".

Progetti per il futuro?

"Al momento nessuno. Abbiamo in programma un buon numero di concerti e questo ci basta. L’ispirazione è qualcosa che va e viene, indipendentemente dalla nostra volontà. Quando busserà alla porta, ci metteremo al lavoro".

E allora, speriamo bussi presto…

Fabio Viganò

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