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Le indagini

Caso Yara, Bossetti in carcere da un mese: è colpevole? 5 dubbi

A quattro settimane dall'arresto del carpentiere di Mapello sono ancora diversi i punti da chiarire: prova del Dna, celle telefoniche, filmati delle telecamere, movente e arma del delitto

Ci sono voluti tre anni, tre mesi e venti giorni di complesse indagini per arrivare a una svolta sull'intricato caso di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate Sopra scomparsa la sera del 26 novembre 2010 e ritrovata morta esattamente tre mesi dopo.

Era il 26 febbraio 2011 quando, grazie alla segnalazione di un appassionato di elicotteri giocattolo che si trovava nella zona, il cadavere della ragazzina venne ritrovato in un campo di Chignolo d'Isola. Da quel pomeriggio gli inquirenti hanno iniziato a lavorare per cercare di dare un nome e un volto all'autore (o agli autori) del delitto.

Un percorso che è arrivato a una svolta alle 18 di lunedì 16 giugno scorso, quando il Ministro dell'Interno Angelino Alfano, con un tweet annunciava: “Individuato l’assassino di Yara Gambirasio”. L'assassino in questione, in realtà tuttora presunto assassino, sarebbe Massimo Giuseppe Bossetti, un carpentiere 44enne di Mapello, con tre figli, una moglie, nessun precedente alle spalle e una vita apparentemente normale.

Da quel pomeriggio, 1205 giorni dopo quello del ritrovamento del cadavere di Yara, le indagini sono ripartite con un obiettivo: trovare elementi che confermino l'accusa nei confronti di Bossetti. Il quale nel frattempo continua a dichiarsi innocente. Un caso difficile da risolvere e con diversi dubbi ancora da chiarire: 

LA PROVA REGINA DEL DNA E' SICURA? Massimo Giuseppe Bossetti è stato arrestato perchè il suo Dna corrisponde al 99,99999987% con quello rinventuto nelle macchie di sangue trovate sui leggins e sugli slip della ragazzina. Un indizio che a distanza di un mese non ha ancora trovato riscontri, e ha iniziato anche a essere messo in dubbio. Tra gli esperti c'è chi la giudica come una prova più che sufficiente per stabilire la colpevolezza del carpentiere, come Giorgio Portera, ex ufficiale dei Ris di Parma e ora genetista della famiglia Gambirasio (Leggi QUI). Altri, come il giudice scrittore Giancarlo De Cataldo, non considera il Dna come prova schicciante e soprattuttom lo considenre facilmente manipolabile (Leggi QUI). Massimo Bossetti, poi, nel corso dell'interrogatorio davanti al pubblico ministero Letizia Ruggeri avrebbe fornito la sua spiegazione: una perdita di sangue, probabilmente a causa di un infortunio sul lavoro o della epistassi (emorragia delle fosse nasali) della quale soffre, finito poi sugli attrezzi di lavoro che gli sarebbero stati rubati prima della morte di Yara e magari utilizzati per ucciderla.  

LA CELLA TELEFONICA. Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini il cellulare di Bossetti agganciò la cella telefonica di Brembate Sopra un'ora prima della scomparsa di Yara. Un particolare che potrebbe far pensare che il carpentiere si trovava in paese quella sera. Ma il dato non è certo, perchè il suo telefono avrebbe potuto agganciare quella cella solo per l'intenso traffico a quell'ora su quella di Mapello, l'altra nella zona. E in ogni caso il carpentiere frequentava spesso Brembate: ci aveva abitato, ci andava per fare le lampade abbronzanti o comprare il giornale in un'edicola.   

I FILMATI DELLE TELECAMERE. Ci sarebbero almeno un paio di filmati registrati dalle telecamere di sicurezza di una banca e di un distributore di benzina che avrebbero ripreso un furgone Iveco Daily verde chiaro molto simile a quello di Bossetti la sera della scomparsa di Yara nella zona della palestra che frequentava. Resta da stabilire se quel camioncino sia effettivamente quello del 44enne. E in ogni caso sarebbe da tenere in considerazione quanto scritto prima: il carpentiere frequentava spesso la zona.  

MOVENTE OSCURO. Non è ancora chiaro il movente dell'omicidio della piccola Yara. Qual è il motivo che ha portato a quell'atroce delitto? Se la prima ipotesi è stata quella di una tragedia a sfondo sessuale e legata alla pedofilia, negli ultimi giorni si sta facendo largo un'altra possibilità: quella di una terribile vendetta nei confronti della famiglia Gambirasio e del padre della 13enne. Problemi di lavoro, motivi economici o magari altro. Come ha dichiarato Bossetti sempre nel corso dell'interrogatorio: “In cantiere dicevano tutti che Yara era stata uccisa per una vendetta contro il padre". 

L'ARMA DEL DELITTO. Yara Gambirasio fu uccisa con tre colpi al capo e nove coltellate su diverse parti del corpo. Ancora agonizzante, morì a causa del freddo dopo diverse ore, probabilmente nello stesso campo di Chignolo in cui fu rinvenuta. Nessuna arma, però, è mai stata ritrovata. Fu uccisa davvero con uno degli attrezzi, tra cui uno scalpello appuntito, che sarebbero stati sottratti dall'Iveco Daily di Bossetti? E' uno dei tanti punti oscuri di questo intricatissimo caso. 

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