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L’intervista

Montanari omaggia Faletti: “Un extraterrestre dotato di rara semplicità”

Intervistato da Bergamonews, lo scrittore bergamasco Raul Montanari ricorda l’artista e l’uomo Giorgio Faletti, scomparso venerdì mattina dopo una lunga malattia: “Era un extraterrestre, un alieno dotato di una rara semplicità. L’originalità e la capacità di comunicare con il pubblico sono state le chiavi del suo successo”.

“Era un extraterrestre, un alieno dotato di una rara semplicità. L’originalità e la capacità di comunicare con il pubblico sono state le chiavi del suo successo”. Con queste parole lo scrittore bergamasco Raul Montanari - direttore artistico di "PresenteProssimo", il festival dei narratori che a Treviglio ha ospitato proprio l'autrore di "Io uccido"- omaggia la memoria dell’artista e, prima ancora dell’uomo, Giorgio Faletti, scomparso venerdì mattina dopo una lunga malattia.

Lo abbiamo intervistato chiedendogli un suo ricordo di questo autore, tanto versatile e poliedrico quanto popolare, divenuto uno dei maggiori protagonisti dell’arte e del panorama letterario contemporaneo.

Qual è il suo ricordo di Giorgio Faletti?

“Purtroppo non ho conosciuto personalmente Giorgio Faletti: ci siamo scritti molte volte ma, per una serie di scherzi del destino, non siamo mai riusciti a incontrarci di persona. Più di dieci anni fa, nel 2002, l’editore che io e Giorgio avevamo in comune, Baldini Castoldi Dalai, mi propose di tenere la prima presentazione in pubblico del suo libro d’esordio, “Io uccido”, che riscosse un notevole successo e riuscì a vendere milioni di copie. Ma non riuscimmo a vederci perché in quei giorni Giorgio ebbe un malore e l’evento venne annullato. Fu il famoso 'colpo' che lui stesso, più tardi, avrebbe attribuito all’emozione per l’esordio in ambito letterario. E non riuscimmo a incontrarci nemmeno lo scorso anno, quando a Treviglio fu ospite di 'PresenteProssimo', il festival dei narratori di cui sono direttore artistico, in quanto, in quell’occasione, stetti poco bene. Nelle settimane successive, così, scherzammo a lungo sui nostri mancati appuntamenti”.

E che cosa l’aveva colpita maggiormente di Faletti?

“Il suo carattere, la simpatia, la disponibilità e la semplicità. Era una persona molto simpatica e generosa, che aveva vissuto il successo letterario, il suo successo editoriale, in maniera molto semplice, con grande umiltà. Ero molto stupito, in quanto sono qualità rare da riscontrare nel panorama letterario. Pur essendo un personaggio televisivo apprezzato dal pubblico, che aveva già guadagnato notorietà nel mondo dello spettacolo, aveva mantenuto una buona dose di ingenuità di fronte alla popolarità. Una qualità che fa capire come fosse la sua persona e il grande rispetto che aveva nei confronti della scrittura, considerandola quasi un’idea sacrale. Ricordo ancora con tanto affetto, per esempio, quando presentò per la prima volta all’editore la bozza del suo primo libro: era un manoscritto molto grosso e, dopo i tipici minimi interventi al testo e l’inserimento della copertina, il libro venne pubblicato: Giorgio era molto emozionato e lo era ancor di più dopo essere riuscito ad avere una risposta tanto positiva dal pubblico. Questa agitazione, questo subbuglio, ha sempre accompagnato la sua attività letteraria, fino alla fine”.

Si tratta di qualità rare tra gli scrittori?

"Si, in questo mondo (nel mondo letterario, ndr), spesso, quando incontri un autore capita di essere delusi perché non vengono confermate le attese trasmesse dal contenuto del libro: a volte è possibile imbattere in persone che si rivelano aride o invidiose. Invece, con Giorgio, non fu mai così: anche se riuscì a vendere milioni di copie e avesse avuto tutto il diritto di montarsi la testa per aver ottenuto successo non solo da comico ma anche da scrittore, non mostrò mai la minima arroganza o presunzione. Era un alieno, un extraterrestre, che aveva mantenuto la capacità di stupirsi, distinto da benefica insicurezza e ironia. Era una persona affettuosa e non nascondeva il suo lato giocoso, un aspetto presente in tutti gli individui, specialmente negli artisti, ma che spesso si tenta di celare: non posso dimenticare, ad esempio, che mi chiamava affettuosamente 'ragazzo' e le gare di frasi in rima via chat su Facebook. Ed era gentile, una gentilezza che distingue chi ha cominciato la propria carriera “dal basso” e ha sofferto, ha fatto la gavetta e non si è risparmiato la fatica. Una caratteristica delle persone che non hanno avuto privilegi e che non ricoprono la loro posizione per merito degli altri. Ma soprattutto, lo animava la volontà di migliorarsi sempre”.

Cioè?

“Ispirato da una certa insoddifsfazione, Faletti non ha mai smesso di cercare di migliorare la sua scrittura: era una persona sempre in ricerca e sapeva essere molto autocritico. Lo si può notare osservando lo stile dei libri che ha redatto dopo 'Io uccido', in cui si scorge un modo più curato di comporre i testi. Si tratta di opere che hanno venduto meno rispetto al suo primo libro, che si può definire una vera e propria 'bomba atomica', ma che sono stilisticamente migliori. Più che un grande scrittore, però, penso che sia stato un grande narratore: non brillava tanto per il suo stile, infatti ci sarebbero tanti altri grandi autori, ma lo distingueva la sua abilità nel raccontare le storie con originalità. Seppe, così, inaugurare una nuova fase della scrittura thriller, proponendo racconti che non erano più legati alla realtà locale di appartenenza dello scrittore, puntando sull'ambientazione in altri Paesi, muovendosi in un ambito allora sgombro in Italia. Fu un successo meritato, frutto della capacità di innovare arrivando al pubblico, riuscendo a comunicare con facilità con le persone, come in occasione della sua partecipazione al Festival di Sanremo con una canzone rap, uno stile inconsueto per l’Ariston, classificandosi secondo a sorpresa. Era come se avesse un tocco magico: riusciva a ottenere ottimi risultati con tutto quello che faceva”.

Secondo lei, per concludere, il successo che Faletti ha ottenuto da scrittore è legato alla sua popolarità in tv?

"Penso che questo sia uno dei miti da sfatare, un attacco fastidioso che spesso viene mosso da altri scrittori o anche da parte del pubblico, ma che è infondato. Lo dimostra il fatto che non sempre personaggi televisivi riscuotono successo quando pubblicano un libro: se è vero che la popolarità, inizialmente, può aiutare, è altrettanto vero che la differenza nel realizzare i grandi numeri la fa il passaparola tra i lettori, una catena che nasce senza dubbio dal gradimento del libro. Inoltre, non bisogna dimenticare che, quando ha cominciato a scrivere, la popolarità televisiva di Faletti era già lontana dai livelli raggiunti con le sue apparizioni in tv. Ritengo, quindi, che le chiavi del suo successo siano i suoi personaggi e la capacità di comunicare in maniera estremamente efficace, riuscendo a toccare temi che incontravano la fantasia delle persone”.

Paolo Ghisleni

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