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In russia

Il bergamasco Tomasoni alle Paralimpiadi di Sochi ultimo ma felicissimo

Domenica l'atleta della Polisportiva Disabili Valcamonica ha disputato la sua prima gara alla Paralimpiade, la 15 Km di fondo categoria sitting, riservata ad atleti che gareggiano seduti. E' arrivato ultimo, con un distacco di 16 minuti dall'oro Petushkov: "E' stata una gioia immensa, non ho mai smesso di pensare alla mie figlie".

Arrivare ultimo ma essere straordinariamente felice, al punto da augurarsi di poter vivere ancora a lungo il ricordo di quella emozione. Potenza della Paralimpiade, che sorride a Giordano Tomasoni, bergamasco di Clusone, azzurro della nazionale di sci nordico al suo esordio paralimpico in quel di Sochi. Domenica l’atleta della Polisportiva Disabili Valcamonica ha disputato la sua prima gara alla Paralimpiade, la 15 Km di fondo categoria sitting, riservata ad atleti che gareggiano seduti. E’ arrivato ventunesimo, ma si potrebbe anche dire – giacché la realtà è quella – che è arrivato ultimo.

Una gara che per lui è durata quasi un’ora e nel corso della quale ha accumulato un ritardo di 16 minuti rispetto al primo classificato, il russo Petushkov. "Sono arrivato ultimo – dice all’arrivo – con un distacco incolmabile dai primi, ma la gioia è veramente infinita e spero che questa emozione mi accompagni ancora per molto". Lo spiega lui stesso qual è il punto di vista che lo porta a parlare in questo modo: "Non voglio cadere nella retorica, ma l’ultima edizione della Paralimpiade invernale io l’ho vista da un letto di ospedale; quella cosa l’ho presa come punto di riferimento: essere qua per me rappresenta un successo e aver tagliato il traguardo spero sia un nuovo punto di inizio". E pensa alle due figlie, Vittoria e Alessia, che sono rimaste in Italia e lo seguono a distanza: "Non ho smesso un solo attimo di pensare a loro".

C’e’ una singolarità nella storia di questo possente 43enne bergamasco: "La cosa che mi ha portato a finire in carrozzina – ha raccontato più volte – è stato un incidente un po’ inusuale. Diciamo che la carrozzina è l’eredità di una malattia che si chiama depressione". Quella depressione che ad un certo punto della sua vita lo porta a scavalcare la barriera di un ponte e a gettarsi nel vuoto, con l’intenzione di far finire una sofferenza interiore che si era ormai trasformata in vera e propria disperazione. All’epoca, Tomasoni era già sposato, aveva una bambina, la seconda era in arrivo, ma quando si è alle prese con quella malattia si puo’ arrivare a fare ogni cosa pur di scrollarsi di dosso il dolore che si avverte. "La mia storia potrebbe essere quella di una qualsiasi altra persona che si è trovata in un momento di debolezza e di difficoltà, e non è riuscita a superare la malattia da sola. Come non ho scelto io di venire al mondo, probabilmente per lo stesso motivo sono stato esonerato dal finire al cimitero", ha raccontato Tomasoni, che dopo quel salto nel vuoto si ritrova vivo e in "una condizione che in tutta sincerità non avevo minimamente preventivato". Nella caduta, infatti, esplode una vertebra: dopo gli esami del caso la diagnosi è quella di paraplegia. Si apre un nuovo capitolo, anche perché "dalla depressione, l’ho sperimentato in prima persona, si guarisce, mentre la disabilità è per sempre".

Un anno in un centro di riabilitazione motoria, la famiglia vicino a lui, lo sport che gioca un ruolo nel suo percorso. Le prime gare, le prime soddisfazioni, i primi successi: una progressione che lo porta fino in nazionale, e da lì fino alle Paralimpiadi di Sochi. Ecco perché, alla fine della sua gara d’esordio, sotto il sole russo del Laura Cross-country center, può scandire quelle parole: "C’è il cuore pieno di emozione, davvero, per le sensazioni che si sono succedute in maniera molto veloce. Qua va tutto molto veloce, soprattutto gli avversari: io ho cercato di stare tranquillo, ma dentro avevo una grande emozione che certamente ho avvertito più degli altri".

Racconta della gara: "Sono caduto due volte, la pista in molti punti era rovinata, ma nessuna recriminazione, la neve era uguale per tutti: io conosco i miei limiti, non avevo ambizioni più grandi di quelle che mi ero prefisso, e non posso certo dimenticare che quello che ho appena tagliato è il traguardo di una Paralimpiade, non di una comune gara della domenica. Ci sono stati giorni nel mio passato – conclude – in cui le lacrime erano amare, ma oggi, anche se sono arrivato ultimo, anche se il distacco dai primi è enorme, la gioia è veramente infinita e spero che questa emozione mi accompagni ancora per molto".

(Redattoresociale.it)

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