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I dati

Bracconaggio in aumento: Bergamo terza in Italia per la caccia illegale

I reati riportati si concentrano nelle province di Brescia (da sempre maglia nera dell’illegalità venatoria) con l’8% dei casi, Salerno con il 7%, Bergamo, Caserta e Reggio Calabria, tutte con il 5%

Nel 2013-2014 sono aumentati i crimini commessi dai cacciatori ai danni della fauna selvatica. Come spiega il sito Greenreport.it per far luce sulla realtà della caccia e del bracconaggio e l’impatto che queste pratiche hanno sugli animali selvatici per il terzo anno consecutivo il CABS (Committee Against Bird Slaughter) e la Lega per l’Abolizione della Caccia hanno raccolto accuratamente ogni segnalazione comprovabile di reati commessi ai danni degli animali selvatici e hanno così stilato un calendario che permette di far luce su quanto il mondo della caccia non vuole necessariamente far sapere: e cioè che il bracconaggio in Italia è praticato principalmente da cacciatori con licenza di caccia (81%) e che l’attività di caccia illegale è sistematicamente diffusa sul territorio ed  è una reale minaccia per gli uccelli e i mammiferi, protetti e non.

I dati mettono sotto accusa la caccia, che non puó sottrarsi dalle sue responsabilità: l’81% dei colpevoli di reati  contro la fauna sono cacciatori in possesso di licenza di caccia, mentre solo il 15,5% vanno imputati a bracconieri puri, senza licenza. Gli uccelli pagano i costi più alti del bracconaggio: verso di loro si orienta il 70% dei crimini, contro il 30% sui mammiferi.

Fra questi nel 2013-2014 sono stati uccisi 2 orsi (uno in Trentino a colpi di fucile e uno in Abruzzo col veleno) e almeno 21 lupi (11 uccisi a fucilate, 6 con i lacci e 4 col veleno). I rapaci sono vittime comuni dei cacciatori: nell’anno appena trascorso é rimasta notizia di 121 rapaci abbattuti a schioppettate, fra cui aquile reali, aquile del Bonelli, lanari, falchi pellegrini, gheppi, sparvieri e numerose poiane.

I reati più diffusi sono l’uso dei richiami sonori elettromagnetici (22% dei reati), ormai ubiquitari, che servono ad attrarre gli uccelli a portata di fucile e permettono di fare grossi bottini in poche ore, l’abbattimento di specie superprotette (20%) e la caccia in zone di divieto, come i parchi naturali (12%).

I reati riportati si concentrano nelle province di Brescia (da sempre maglia nera dell’illegalità venatoria) con l’8% dei casi, Salerno con il 7%, Bergamo, Caserta e Reggio Calabria, tutte con il 5%, Foggia con il 4% e Cosenza, Cagliari, Lecce e Napoli con il 3%.

La regione con la maglia nera è di conseguenza la Campania che detiene il 17% dei bracconieri nazionali, segue la Lombardia con il 15%, la Puglia con l’11% e la Calabria con il 10%. La regione più virtuosa – o almeno quella dalla quale è pervenuta una sola notizia di bracconieri sorpresi in flagranza – è la Val d’Aosta.

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