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L'approfondimento

Tazza, cuscino, simbolo Cos’è il cappello per un vero alpino

Per un alpino il suo cappello è il simbolo stesso della sua alpinità: è scomodo, tiene caldo d’estate e con la pioggia tende ad assomigliare ad un sombrero fradicio, però è il suo cappello, e nessun alpino ne vorrebbe mai uno diverso.

di Marco Cimmino

In tutte le caserme alpine, appeso al muro, insieme al calendario e al crocefisso, c’era uno di quei promemoria incorniciati, abbastanza comuni, in altri tempi, per magnificare le qualità della mamma o per ricordare le buone qualità dei figli esemplari. S’intitolava "Il nostro cappello" e, non senza qualche ingenua concessione ad una retorica che, oggi, farebbe sorridere, descriveva cos’è, per un alpino, il suo cappello: tazza per bere, cuscino per dormire, eccetera eccetera. Si trattava di concetti semplici e, forse, un tantino sentimentali: però c’era del vero in quelle frasi, eccome.

Per un alpino, il suo cappello è il simbolo stesso della sua alpinità: è scomodo, tiene caldo d’estate e con la pioggia tende ad assomigliare ad un sombrero fradicio, però è il nostro cappello, e non ne vorremmo mai uno diverso. Oggi, i cappelli alpini vengono dalla Romania o dall’America Meridionale: una volta, li fabbricavano in val Cervo, nel Biellese, terra di alpini, i Bantam e gli Aquilotti degli ufficiali, come i cappellacci dello sconcio qualsiasi.

Vediamo di conoscerlo meglio, questo cappello, che di un alpino non è solo il compagno, ma anche, per così dire, la carta d’identità: per cominciare, la forma tipica del cappello alpino è nata solo nel primo decennio del ‘900. Fino ad allora, i nostri progenitori indossavano una specie di buffa bombetta con la penna, che si chiamava "cappello alla calabrese": l’introduzione della divisa grigioverde, portò all’adozione del modello attuale, rimasto pressochè identico per un secolo.

Il cappello si compone del fregio, del copricapo e della nappina con penna. Il fregio, nero per la truppa e dorato per sottufficiali ed ufficiali, indica la specialità cui appartiene l’alpino: fanteria alpina, artiglieria da montagna, genio alpino, sanità, comunicazioni, trasporti eccetera.

Sul fregio campeggia un numero dorato su sfondo verde: è il numero di reggimento. Un tempo, i reggimenti erano nove, più il decimo, che erano gli alpini in congedo dell’Ana: oggi, il reclutamento professionale ha rivoluzionato tutto e non ha molto senso parlare di reggimenti alpini, ma di due brigate di livello interforze europeo.

Il battaglione di fanteria alpina, all’interno dei singoli reggimenti, è indicato, invece, dal colore della “balla”, ossia della nappina: bianco, rosso e verde. Nel 5°, che era il mio reggimento, Morbegno, Tirano ed Edolo. I gruppi artiglieria da montagna hanno la "balla" verde, col numero di batteria sopra. I servizi ce l’hanno violetto, i comandi blu, la "controcarri" un specie di fucsia. Insomma, un occhio allenato può capire da dove viene un alpino solo guardandogli il cappello.

Quanto agli ufficiali, al posto della nappina hanno un portapenna in metallo dorato e, sul cappello, delle losanghe ad indicare il grado: una losanga sottotenente, due tenente e così via, fino al generale, che ha il fregio bianco e rosso e un rombo con una, due o tre stelle al posto delle losanghe. Dal maggiore in su, invece, la penna è bianca: se vedevi qualcosa biancheggiare all’orizzonte, ti schiaffavi sull’attenti subito! Per gli altri è nera, di umile corvo, visto che le aquile sono rare e protette. Ma per noi alpini è come se fosse d’oro…

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