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Consumi in calo

Vera crisi anche a Bergamo In tavola più pasta e meno carne e pesce

Anche a Bergamo si confermano in calo i consumi di carne e pesce, seppure con alcune differenze rispetto alle tendenze nazionali: sulle nostre tavole, però, c'è sempre più pasta e si bada alla convenienza, a volte a discapito della qualità.

Carne e pesce stanno lentamente scomparendo dalle tavole degli italiani: è quanto emerge dalle indagini di Coldiretti e di Impresa Pesca che mettono in evidenza come la crisi sia arrivata a cambiare persino le nostre abitudini alimentari, portandoci a consumare sempre più pasta e meno pasti completi. Secondo la Coldiretti si comporterebbe così quasi un italiano su tre.

Seppur con sfumature diverse i dati vengono confermati anche in provincia di Bergamo dal presidente del Gruppo Macellai di Ascom Ettore Coffetti e dal direttore generale di Orobica Pesca Fabrizio Bonifaccio.

I dati di Impresa Pesca parlano di un 3,4% in meno di pesce fresco nei menu degli italiani e di spese spesso orientate al consumo di prodotti ittici di origine estera: numeri che a Bergamo, secondo Orobica Pesca, non appaiono così tragici.

“Dal 2012 abbiamo riscontrato anche noi una riduzione del valore dello scontrino medio – ha commentato Fabrizio Bonifaccio, direttore generale di Orobica Pesca – ma non in termini così pesanti. Certamente c’è la tendenza a spendere meno e a consumare con meno frequenza prodotti ittici. Questo vale sia per il commercio all’ingrosso che per quello al dettaglio”.

“C’è grande attenzione alla qualità – ha continuato Bonifaccio – sia da parte nostra che da parte del cliente. I nostri clienti sono molto attenti e si informano sulla provenienza perché vogliono portare sulla propria tavola prodotti affidabili. Consumare con meno frequenza non significa rinunciare alla qualità. Chiaramente privilegiano il prodotto italiano perché la qualità del pesce del Mediterraneo è medio-alta e si sentono più sicuri. Altrettanto chiaramente, però, per determinati prodotti dobbiamo fare necessariamente affidamento su altri tipi di provenienza: in quel caso la differenza in termini di qualità la fa l’indicazione geografica”.

Per quanto riguarda invece la carne, nei primi mesi del 2013 il consumo è in caduta libera e rispetto allo scorso anno registra una flessione del 7%: un calo che nell’ultimo mese si è ulteriormente accentuato, soprattutto per quanto riguarda le carni rosse, a causa dello scandalo sulla carne di cavallo. A cambiare non è solo l’abitudine alimentare ma anche la modalità di spesa degli italiani che, oltre al taglio di budget (lo fanno quasi due su tre), vanno alla caccia del prezzo più basso e sono più orientati verso la convenienza piuttosto che sulla qualità.

“A grandi linee siamo in linea con il dato nazionale – afferma Ettore Coffetti – Il calo di consumi a mio avviso è dovuto a due fattori: in prima battuta c’è un evidente cambiamento delle abitudini alimentari perché non ci sono più le famiglie numerose di un paio di decenni fa e spesso si mangia fuori e in frette; poi c’è la crisi che continua a incidere in maniera decisiva e le macellerie non sono di certo l’isola felice. La gente sta più attenta ai consumi e compra giorno per giorno ciò di cui ha bisogno. Vale per il commercio al dettaglio ma di riflesso anche per i grossisti. Anche a Bergamo la sensazione è che il cliente faccia più attenzione al prezzo e questo a volte può andare a discapito della qualità”.

Sullo scandalo legato alla carne di cavallo Coffetti non usa mezze misure: “Personalmente non vendo questo tipo di carne ma faccio veramente fatica a capacitarmi della discriminazione di cui è vittima. Credo che vada sottolineata una differenza fondamentale: è giusto parlare di frode alimentare perché non viene segnalata sulle etichette ma non si possono creare allarmismi di questo tipo nel caso di carni che non sono né avariate né malate. Si sta facendo terrorismo”.

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