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Nichi Vendola: “Mi batto per una coppia di fatto tra politica e speranza” fotogallery

Oltre 500 persone hanno partecipato all'incontro con Nichi Vendola, leader di Sel, che ha aperto la campagna elettorale in Lombardia proprio da Bergamo.

Se Mario Monti sale in politica, Nichi Vendola è già nell’attico. Per la precisione: al quarto piano dell’Una Hotel di Bergamo dove, venerdì 25 gennaio, ha dato il via al tour lombardo per la campagna elettorale di Sel. Una sala gremita. Oltre cinquecento persone attente ad ascoltare il presidente della Regione Puglia.

Vendola arriva alla spicciolata, stringe mani e sorride ai flash. Poi ascolta il benvenuto delle bergamasche Marcella Messina e Clementina Gabanelli, in corsa rispettivamente per la Regione e per la Camera.

Alle 21.41 Vendola prende la parola ed evoca il discorso di insediamento di Barak Obama alla Casa Bianca. Il leader di Sel parla a braccio per oltre un’ora e mezza. Un discorso lungo, appassionato, intenso.

Attacca le mafie che si sono insediate al Nord grazie alla complicità della Lega, definisce “il leggendario Ministro dell’Interno” Roberto Maroni che “ogni giorno sul pallottoliere segnava quanti latitanti venivano arrestati, confondendo ruoli e impegni: non è un governo che arresta, ma la polizia. Ma forse Maroni non aveva ben chiara la sua posizione”.

Non manca un attacco frontale a casa Bossi, dove si sono “verificate tutte le accuse della Lega rivolte al Sud: “il clientelismo familiare, le spese private saldate con i soldi pubblici e il non dover lavorare perché mantenuti dallo Stato”.

Quindi l’affondo: “La Lega in questi vent’anni di potere è stata un’offesa al Nord, cavalcando con mistificazione i bisogni della Lombardia”.

Vendola non risparmia Mario Monti: “La sua agenda è banale: non ha nemmeno un riferimento sulle politiche ambientali”. E ancora: “La politica di Monti è l’arroganza delle elité con la vocazione a comandare il mondo”. Infine: “Monti? Un Grillo con il Loden”. “Se Monti è la condizione liberista, Berlusconi è la condizione populista di una visione della società che esclude chi ha bisogno” aggiunge. La fase degli attacchi, seppure feroci, è minima. Vendola traccia ricette per rilanciare il lavoro con proposte di investimenti per i giovani e le imprese, con il desiderio di creare distretti. Difende e spinge ad investire nel manifatturiero, fino a lanciarsi nella tutela dell’Ilva e delle acciaierie che devono restare in Italia. Insomma è una sinistra che incuriosisce.

Non c’è un attacco all’industria, se fatta con “criterio e passione per dare lavoro ai giovani. Ma dobbiamo puntare ad un’industria di qualità, dobbiamo tornare a produrre”. Lancia slogan che fanno sognare: “La politica è mettere una comunità davanti allo specchio”, “La politica è organizzazione della speranza, perché i giovani non abbiano paura del futuro”.

Punta alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale dell’Italia perché possano essere fonte di reddito: “Qualcuno ha detto che con la cultura non si mangia, ma si è dimenticato di sottolineare che senza cultura è più facile dominare una società”.

Se stupisce per la sua idea di mercato e di lavoro, Vendola spiazza quando in piena campagna elettorale non cavalca temi di facile presa come l’abolizione dell’Imu ma affronta con serietà argomenti tabù come il testamento biologico, la fecondità assistita, il carcere, la politica internazionale, il ruolo del Mediterraneo nella primavera araba. Insomma: argomenti scottanti. Eppure Vendola riesce ad essere preciso, puntuale, determinato nel rivendicare “il diritto di avere diritti”. E alla fine, una sorpresa: mentre la sala è pronta ad acclamarlo: “Mi batto perché la politica e la speranza si possano trovare, da qualche parte, come una coppia di fatto”.

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